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La quarta stagione di Westworld riuscirà a rendere giustizia al capolavoro che forse non è più?

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Westworld.

Westworld è una serie intrigante, cervellotica, innovativa. Nel vasto oceano di show televisivi che network e piattaforme streaming offrono agli ingordi telespettatori, Westworld si è ritagliato un posto importante, non solo nel cuore del pubblico, ma anche della critica. Lisa Joy e Jonathan Nolan hanno partorito una serie complessa, ricca di sfumature filosofiche e carica di annose questioni esistenziali.

Westworld, finora, si è articolata in tre stagioni che, però, ci risulta difficile definirle una più bella dell’altra. Infatti, se la prima stagione di Westworld raggiunge dei livelli altissimi su molteplici fronti (cast, linee narrative, scenografie, ecc.), non siamo in grado di dire altrettanto in merito alla seconda (a tratti un po’ troppo incartata su se stessa, seppure straordinaria per molti versi) e alla terza, un mezzo buco nell’acqua complessivo.

Viene, dunque, da domandarsi, come sarà, a questo punto, l’imminente quarta stagione che andrà in onda su Sky a partire dal 26 giugno (il trailer di Westworld 4 è stato rilasciato pochi giorni fa)

Le aspettative, non possiamo nasconderlo, sono altissime (Westworld: la classifica dei 5 colpi di scena più destabilizzanti). Nonostante i ritmi appesantiti della seconda e terza stagione, Westworld ha un particolare merito che la distingue dal resto delle serie tv in circolazione. Ci riferiamo alla straordinaria capacità di cambiare le carte in tavola, di mutare, evolversi. Lo fa, inoltre, attraverso gli occhi di personaggi diversi, non esaurendosi all’esclusivo punto di vista della protagonista Dolores, interpretata magistralmente da Evan Rachel Wood.

Nuovi personaggi determinanti, coscienze custodite in corpi diversi, robot che sembrano uomini, ma soprattutto uomini che sono, in realtà, dei robot, rocamboleschi salti mortali, linee narrative intersecate. A volte seguire Westworld risulta più sfiancante di preparare un duro esame universitario.

Sarebbe persino comprensibile se qualche spettatore poco paziente ed esausto decidesse di non proseguire il cammino della quarta stagione assieme a Caleb, Maeve, Bernard e agli altri memorabili protagonisti della serie.

Tuttavia, è ampiamente giustificato chi, invece, deciderà di continuare la visione dello show, incuriosito dall’evento clamoroso che conclude la terza stagione, vale a dire l’apparente, e questa volta definitiva, morte di Dolores.

In Westworld 4 diremo ufficialmente addio al suo personaggio? O meglio, al suo corpo, visto che la sua coscienza può essere installata in qualsiasi nuovo automa che voglia proseguirne gli intenti?

E quali sono esattamente i suoi obiettivi? Bella domanda.

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Capopopolo degli androidi che, acquisito il libero arbitrio e interiorizzato gran parte delle malefatte di cui si erano macchiati gli esseri umani nel parco, danno inizio a una sanguinosissima ribellione, ma anche moderno profeta, non solo dei robot, anche degli umani stessi le quali vite, lo scopriremo nella terza stagione, non sono poi così libere e autonome come si potrebbe credere.

L’enorme sistema di intelligenza artificiale di nome Rehoboam, infatti, è la macchina pensante dell’intero pianeta, il burattinaio che decide l’evolversi della vita di ciascuno di noi.

La tanto cara tematica del libero arbitrio, ampiamente sviscerata nel corso della prima stagione, viene qui ripristinata, ma allargata all’intera razza umana.

Con la terza stagione scopriamo, infatti, che il perverso e cruento mondo del parco di Westworld in realtà è un piccolo specchio dell’intera società tecnocratica che impariamo a conoscere nell’arco delle otto puntate.

Tutto è predestinato, tutto è stato già deciso, tutto è segretamente sotto controllo.

La libera scelta, quindi, è una mera illusione, forgiata dal personaggio di Serac (un magnetico Vincent Cassel) in sinergia col fratello (potrebbe interessarti anche Westworld e la delusione Serac: il nuovo Ford che non ce l’ha fatta).

Da una parte il magnate francese spalleggiato da una Maeve sempre più potente, a tratti supereroistica, dall’altra Caleb con Dolores, il cui scopo, dopo aver reso liberi i robot giurando eterna vendetta verso l’umanità, è quello di rendere liberi anche gli esseri umani, stracciando quel maledetto velo di Maya che nasconde loro l’amara e sorprendente verità.

Insomma, il mondo è tutta una colossale menzogna. Una visione a dir poso distopica che, a dire la verità, in ambito sci-fi abbiamo già avuto modo di conoscere in più di un’occasione, basti pensare all’esempio probabilmente più ficcante e lampante di tutti, vale a dire la saga di Matrix.

E tutto diventa dannatamente più interessante se pensiamo che proprio Dolores Abernathy tenterà di ergersi ad artefice dell’ennesima rivoluzione. Corpo estraneo in questo mondo freddo e calcolato, Dolores è in grado di muoversi al suo interno indisturbata, inosservata.

Il raffinato sistema Rehoboam non può intercettarla. Non è umana, non è nemmeno mai nata, non si possono fare previsioni su qualcuno/qualcosa che non è mai ufficialmente esistito.

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Risulta davvero ironico, quindi, che l’unica “persona” al mondo custode della verità sia proprio un ex host del parco di Westworld.

Da schiava a rivoluzionaria; afferrato il concetto di libero arbitrio, catapultata nella società reale, lontana da cavalli, saloon, revolver e diligenze, Dolores è l’unico essere sul pianeta ad avere scoperto gli altarini.

E se prima aveva lottato per i suoi simili, ora lo farà per la sua storica nemesi: l’essere umano, anch’esso, in realtà, schiavo in una illusoria prigione chiamata società.

E come viene proposta questa società nella terza stagione di Westworld? Il salto nel futuro è notevole. Al di là delle mere elucubrazioni filosofiche che attanagliano lo spettatore che, più volte, deve fare i conti con la complessità della serie, Westworld è una pura gioia per gli occhi.

Dalle impeccabili atmosfere western o quelle oniriche orientali, la serie si sposta verso una formidabile e avveniristica società fatta di droghe di ultima generazione, ologrammi, armi sofisticate e chi più ne ha più ne metta.

Una società che, a quanto pare, continueremo a esplorare anche nella quarta stagione, avvolta più che mai nel mistero (Westworld 4: quando esce, trama, tutto quello che c’è da sapere).

Lo scorso anno Lisa Joy, imbeccata su Westworld 4, sibillina aveva risposto: “vedrete nuovi mondi che penso siano davvero divertenti; se dovessi descrivere la stagione con una parola, userei inversion”. Che poi significa tutto, come non significa niente. Inversione, rovesciamento, ribaltamento.

Tutto è possibile, visto che in questa odissea labirintica di nome Westworld, abbiamo assistito a tantissimi colpi di scena, alcuni dei quali davvero inquietanti e adrenalinici.

Ciò che sembrerebbe essere certo è il ritorno di Evan Rachel Wood anche nella quarta stagione il cui trailer ce la mostra elegantissima, affascinante e coi capelli castano scuro. Non sappiamo, tuttavia, di quale Dolores si tratti, o meglio, di quale epoca si stia specificatamente parlando.

Giunti al giro di boa, Westworld deve capire cosa diventare da grande, se tornare a coinvolgerci e a sorprenderci come la prima stagione, vero e proprio autentico capolavoro, o se continuare la letargica, bizantina e tortuosa scia della seconda e terza stagione.

Se gli autori abbandonassero l’estrema artificiosità su cui si sono fossilizzati con gli ultimi episodi, probabilmente renderebbero più coinvolto e partecipe il pubblico.

Questo non cancella assolutamente i meriti di una prima e perfetta stagione; gli istinti primordiali dell’essere umano, attività cognitive risvegliatesi negli automi, linee temporali parallele (e non dichiarate), profonde riflessioni sulle eterne dicotomie come bene e male, giusto e sbagliato, natura contro cultura.

Nata con l’obiettivo (o il sogno) di ereditare il valore assoluto del Trono Di Spade, in termini di fandom e successo, lo show di casa Hbo, dopo la meraviglia intoccabile e imperdibile della prima stagione, si è purtroppo arenata aggrappandosi ad argomenti forse più grandi della serie stessa.

Il mistero che circonda da sempre la serie, però, aleggia anche sulla prossima stagione. La numero quattro dello show, infatti, ha trama top secret e lo stesso trailer, dominato dalla sontuosa Perfect day di Lou Reed, oltre a fornirci scene disturbanti, estrema violenza e un gradito ritorno nel parco, non offre moltissimi spunti di discussione senza, scientemente, far trasparire nulla sugli eventi che si avvicenderanno nel corso degli episodi previsti.

Quali saranno i piani di Charlotte/Dolores intenta a costruirsi un esercito tutto suo? Che ne sarà dell’Uomo in nero, interpretato da un cinico Ed Harris, desideroso di rivalsa nei confronti degli host? Che fine farà Bernard che, nelle scene post credits della terza stagione, lo vediamo ricoperto di sabbia e polvere dopo verosimilmente essere tornato a Delos dove l’aldilà per gli host è finalmente stato realizzato?

Westworld

Contenti per questo nuovo inizio, siamo anche preoccupati che le cose possano non prendere la giusta direzione. Non si parla di agevolare la comprensione della serie, ma sarebbe opportuno incantarsi nuovamente dinanzi a una trama più snella, non necessariamente più semplice e accessibile (si andrebbe a snaturare l’intero prodotto), ma preferibilmente meno articolata e, soprattutto, potente e originale come la prima stagione, cercando, dunque, di ristabilire le gerarchie degli inizi.

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