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Unorthodox ci spiega l’emancipazione femminile

Unorthodox è stata rilasciata su Netflix solo a fine marzo, eppure ha già appassionato moltissimi telespettatori. La miniserie si ispira all’autobiografia di Deborah Feldman “Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche” pubblicata nel 2012. La serie narra le vicende di Esther “Esty” Shapiro, una ragazza ebraica ortodossa di diciannove anni. La giovane vive a Williamsburg, un quartiere di Brooklyn ed è costretta a seguire le ferree regole della comunità. Dopo un anno di matrimonio infelice e dopo aver scoperto di essere incinta, decide di scappare a Berlino, alla ricerca della libertà. In seguito alla decisione del rabbino, il marito Yanky e il cugino Moishe voleranno in Germania con l’ordine di riportarla a casa. Gli elementi innovativi all’interno di Unorthodox sono tanti. Innanzitutto è la prima serie recitata in gran parte in yiddish, una lingua parlata in molte comunità ebraiche.

I costumi e i dettagli all’interno delle abitazioni ebraiche sono molto fedeli alla tradizione della comunità. Fin da subito, il telespettatore si ritroverà immerso nelle usanze a dir poco estreme di Williamsburg, vivendo insieme a Esty la privazione di ogni libertà. Perché è proprio questo il tema centrale della serie: la ricerca dell’emancipazione. Infatti all’interno della comunità nessuno è davvero libero, soprattutto le donne. Ai vertici comandano gli uomini i quali esigono che le donne adempiano al loro unico dovere: mettere al mondo dei figli. All’interno di Unorthodox ci sono diverse sfaccettature della deumanizzazione sulle donne, le quali sono viste come meri strumenti. Uno spiraglio di luce è il matrimonio, spesso sinonimo di libertà. La domanda sorge spontanea: perché nessuno si ribella a questo stile di vita.

In realtà, la risposta la darà Moishe. Il giovane aveva deciso di fuggire ma, purtroppo, scopre ben presto di non avere gli strumenti necessari per fronteggiare una realtà diversa. Nessuno dei membri è abituato allo stile di vita del ventunesimo secolo. È come se fossero rimasti all’interno di un tempo sospeso, distante da quello corrente. Moishe quindi, si troverà costretto a ritornare a Williamsburg e dovrà subire parecchie umiliazioni prima di essere pienamente accettato. Esty invece, si rivelerà all’altezza. La sua determinazione e il desiderio di conoscere se stessa la porteranno fino in Germania. Ovviamente ci saranno dei momenti di difficoltà, la ragazza però deciderà ugualmente di andare avanti. Ma quali sono state le reali motivazioni della fuga di Esty?

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Innanzitutto, Esty vive l’umiliazione di essere stata abbandonata dalla madre Leah. La famiglia adottiva le farà sempre pesare l’accaduto come se la colpa fosse sua. In realtà, temono che la giovane abbia lo stesso carattere ribelle della madre. Quest’ultima infatti è riuscita a fuggire da Williamsburg definitivamente. Possiamo notare fin da subito che Esty non è come tutti gli altri membri della comunità. Ha sempre uno sguardo smarrito, quasi spaventato. È estremamente comunicativa: il suo linguaggio del corpo tradisce la rabbia verso una comunità tanto oppressiva. Nonostante tutto, la protagonista cerca in tutti i modi di adeguarsi a questo stile di vita e desidera sposarsi. Come per tante altre donne di Williamsburg, il matrimonio può rappresentare maggiore libertà. La madre adottiva un giorno le comunicherà di aver trovato un possibile promesso sposo, Yanky Shapiro. Ma prima dovrà sottoporsi all’analisi delle donne della famiglia. Proprio in questa scena, verrà presentata una forma di deumanizzazione. Infatti, Esty dovrà andare al supermercato della famiglia Shapiro per poi aggirarsi tra i corridoi. Nel frattempo, le donne della famiglia dovranno osservarla.

Un rituale davvero artificioso ma che lascia scoprire come le donne vengano viste all’interno della comunità. Nel momento in cui Esty si aggira tra i corridoi, comprendiamo che non è più una donna: è diventata un prodotto in vendita. Infatti farà avanti e indietro più volte, consapevole di essere guardata, studiata e giudicata. Esattamente come le persone valutano un prodotto prima di comprarlo, Esty è in una vetrina. Alla fine, il verdetto sarà positivo e il matrimonio si farà. La ragazza avrà la possibilità di conoscere Yanky e scambiare qualche parola con lui. Nonostante tutto, la giovane deciderà ugualmente di sposarlo; la convinzione di essere libera durerà però molto poco. La giovane infatti sarà costretta ad adempiere i suoi doveri fin dalla prima notte di nozze. Da questo momento, la vita di Esty si rivelerà per quello che è: un’altra gabbia.

La ragazza non riuscirà ad avere un rapporto intimo a causa dei forti dolori. Insieme a Yanky deciderà di riprovarci in un secondo momento ma purtroppo la situazione si rivelerà sempre più difficile. A quanto pare, Esty soffre di vaginismo, una patologia che non le permette di consumare il matrimonio. La situazione peggiorerà nel momento in cui Miriam, la madre di Yanky, inizierà a insediarsi sempre di più nelle loro vite, svelando l’immaturità del giovane e la sua dipendenza dal nucleo familiare. Yanky infatti, a causa dell’oppressione della madre, è condannato quasi a un’infanzia prolungata. Nel momento in cui Esty dirà al marito di sentirsi controllata da Miriam, Yanky non le darà supporto. Alla fine, Esty si costringerà a consumare il matrimonio. La madre di Yanky, però, controlla la vita del figlio e lo spingerà a divorziare dalla moglie. È proprio in quel momento che la giovane capirà di volersene andare.

Ha rinunciato alla passione del canto e della musica pur di omologarsi ai dettami della comunità. Ha letteralmente rinnegato se stessa ma capisce di non poter più andare avanti. Con pochi soldi in tasca e il documento di rimpatrio per la Germania, Esty deciderà di fuggire per cercare la propria anima. Non sarà facile: non è istruita e non può nemmeno cercare lavoro. Per sua fortuna però incontra Robert, un musicista. Facendo la conoscenza del ragazzo e dei suoi amici, Esty riscoprirà le sua più grande passione: la musica. Nel frattempo, la madre scoprirà che la figlia è a Berlino ed Esty verrà a sapere che Leah non l’ha mai voluta abbandonare.

Purtroppo il messaggio è chiaro: ogni singola persona in Unorthodox appartiene alla comunità.

Fortunatamente madre e figlia avranno modo di riavvicinarsi e sarà proprio Leah a salvarla. Questo è un altro elemento innovativo della serie. A partire dalla letteratura per l’infanzia e dai media, nell’immaginario collettivo siamo stati abituati a vedere l’uomo come salvatore nei confronti della donna. Nel momento in cui Moishe fa irruzione al conservatorio durante l’audizione di Esty, sua madre la difende, minacciandolo con una pistola. Il potere dell’arma nelle mani di una donna è abbastanza inusuale.

Unorthodox cambia tutte le regole, mostrando la forza e il desiderio di emancipazione delle donne.

La miniserie si conclude con un finale in sospeso: non sappiamo l’esito dell’audizione di Esty (anche se l’espressione di meraviglia dei professori fa presagire un risultato positivo) né di come il rapporto con Robert potrà evolversi. Eppure la ragazza ci rassicura con un ultimo sguardo: finalmente vediamo una giovane donna che sa quello che vuole. Ha raggiunto l’emancipazione ed ora è libera. E questa certezza dovrebbe bastare a tutti noi.

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