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Il ritorno di Un medico in famiglia ha un briciolo di senso o è solo la solita operazione nostalgia?

Era il 1998 quando il pubblico di Rai 1 ha ascoltato per la prima volta una delle sigle più iconiche della serialità italiana. Quell’Ahi ahi ahi ahi, un giorno ti innamorerai rimbomba ancora nelle nostre orecchie a distanza di 25 anni e, pur essendo stata utilizzata solo per cinque delle dieci stagioni di Un medico in famiglia, questa canzone continua a esserne il ricordo più vivido ed emotivo. E si sa, quando si tratta di serie tv che ci hanno accompagnato per un lungo pezzo di storia – per non parlare poi di chi come me ci è praticamente cresciuto – l’emotività è un fattore di grande importanza. Sono passati ormai sette anni da quando è stato messo un punto (o forse sarebbe meglio dire un punto e virgola) alle vicende della famiglia Martini ma ciò non significa che queste siano ormai uscite dai nostri cuori. Questo la Rai lo sa benissimo, lo sa talmente bene da prendere in considerazione l’idea di realizzare una nuova – l’undicesima – stagione di una serie della quale tutti abbiamo visto almeno una puntata. Insomma, nonno Libero, Lele, Annuccia e il resto della ciurma potrebbero tornare sui nostri piccoli schermi. E quindi la domanda sorge spontanea: un eventuale revival di Un medico in famiglia sarebbe davvero un’idea sensata o si tratta solo dell’ennesima operazione nostalgia?

La vicenda

Il tema dei revival è uno di quelli capaci di mettere davvero in crisi gli appassionati di serie tv. I fattori da prendere in considerazione quando si parla dell’eventuale ritorno sullo schermo di un prodotto che si pensava ormai concluso sono numerosi, e ogni caso è diverso dall’altro per trama, tempo passato dall’ultima stagione, disponibilità degli attori a riprendere i propri ruoli, finale in questione e chi più ne ha più ne metta. Nel caso specifico, sono tanti i fan di Un medico in famiglia che da anni premono perché le vicende dei Martini abbiano un finale più definitivo di quello presentato con la conclusione della decima stagione. Dopo una serie di puntate molto focalizzate sul rapporto tra Annuccia ormai Anna e Lele, che si è scoperto non essere il suo padre biologico (questa è pura follia), l’episodio 286 della serie si conclude con un cenone di Capodanno durante il quale casa Martini diviene come al solito il pieno centro della festa. A partecipare sono personaggi vecchi e nuovi, con Bianca che torna da Parigi, Anna che si ricongiunge a Lele ma include nella sua vita anche Valerio, e tutti che sembrano appianare le proprie divergenze. Ma niente di più. Insomma, il finale è stato un classico e vissero felici e contenti, ma niente che non potesse essere ulteriormente sviluppato e coltivato per dare una più netta conclusione alle storie dei personaggi.

Un medico in famiglia (640×360)

Ed è proprio qui che entra in gioco l’idea di un revival. Dopo diversi anni durante i quali tutte le aspettative dei fan sono sempre state rimesse al loro posto, recentemente pare che qualcosa sia cambiato. Tutto è cominciato da una nota Ansa nella quale la produttrice Verdiana Bixio confermava l’esistenza di un’idea per dare seguito – o comunque un nuovo finale – a Un medico in famiglia, qualcosa che non fosse una semplice rimpatriata come ultimamente se ne sono viste tante ma un vero e proprio prosieguo della storia. E oltretutto Lino Banfi ha aggiunto il carico da undici, perché gli spettatori possono dire quando gli pare e piace che vorrebbero una continuazione per la propria serie del cuore, ma quando sono gli attori a farlo tutto ha un significato diverso. L’iconico interprete di Libero Martini ha infatti non soltanto affermato di essere entusiasta all’idea di tornare a vestire i panni del nonno più famoso della tv italiana, ma anche di aver lui stesso proposto un’idea per la nuova stagione alla direttrice di Rai Fiction.

Questo sequel si farà o non si farà? Per adesso ancora non ci sono certezze, anche se dopo le ultime dichiarazioni di Lino Banfi le voci si sono rincorse alla velocità della luce. Ma, fermo restando il fatto che io sia una di quelle persone che a un certo punto hanno smesso di seguire la serie e non ci hanno più capito niente a causa del ricambio dei personaggi, è naturale chiedersi se sia davvero sensato che mamma Rai faccia questo salto nel passato invece di concentrarsi su un presente e un futuro diversi.

Un medico in famiglia non sarebbe più come una volta

Un po’ mi piange il cuore mentre scrivo questo mio verdetto, ma in tutta onestà non credo che la realizzazione di Un medico in famiglia 11 abbia poi così tanto senso narrativo, andando più a intercettare l’attualmente comune nostalgia per ciò che è stato e che – sotto sotto lo sappiamo – non può tornare. O almeno non come una volta.

Un medico in famiglia
Un medico in famiglia (640×360)

Partiamo da un presupposto molto semplice: i personaggi. Tra i principali di Un medico in famiglia solo Annuccia e nonna Enrica hanno preso parte stabilmente a tutte le stagioni, con l’originario protagonista Giulio Scarpati che ne ha saltata qualcuna qua e là e lo stesso Lino Banfi che dopo la sesta aveva deciso di darci un taglio, per poi però tornare sui suoi passi. La serie delle origini non è certo quella che abbiamo visto nel 2016, con infiniti personaggi in più e in meno, e non sarebbe certo quella che ipoteticamente ci ritroveremmo davanti in futuro. Anna, all’inizio una bambina piccolissima, sarebbe una donna di quasi trent’anni; Maria avrebbe praticamente l’età di suo padre all’inizio della serie e tutti i bambini nati nel corso delle stagioni sarebbero ormai adolescenti o addirittura giovani adulti fatti e formati. Il tempo di riprendere le storie di tutti i personaggi entrati in scena negli anni non ci sarebbe nemmeno con una stagione di 24 puntate, ma probabilmente sarebbe prima di tutto l’interesse a venire meno, dato che il pubblico non si è davvero affezionato a tutti. E allora che si fa? Ci si concentra solo sui personaggi originari? Magari sì, ma ancora una volta con qualche dubbio a riguardo, perché le fasi di vita e le tematiche che volevano rappresentare anni fa non sono le stesse che potrebbero raccontare oggi.

A tanti personaggi corrispondono poi altrettante vicende. In una serie che conta ben dieci stagioni all’attivo ne sono già successe di tutti i colori, forse anche troppi. Lele si è innamorato della sorella della sua defunta moglie, che ha a sua volta sposato e con la quale ha fatto due figli; nonno Libero ha fatto più o meno lo stesso (esclusa la parte dei figli) con la sua ex consuocera. L’ASL di Roma sembra pullulare di luminari della medicina. Anna – come abbiamo già detto, ma vale la pena ripeterlo – addirittura si scopre non essere figlia di suo padre. E potrei continuare così all’infinito. Un medico in famiglia, per quanto si tratti di una serie iconica e davvero parecchio amata, è anche una di quelle fiction dalla storia in sé poco forte che hanno bisogno di colpi di scena infiniti e non sempre credibili per poter andare avanti mantenendo alta l’attenzione degli spettatori. Ma se fino a qualche anno fa, complice il fatto di non essere così tanto bombardati di contenuti, li guardavamo con qualche dubbio ma comunque di buon occhio, oggi siamo ancora disposti ad accettare questo tipo di storie che vogliono sembrare reali ma proprio non riescono a essere realistiche? Io non ne sono poi così sicura.

La nostalgia c’è

Un medico in famiglia
Un medico in famiglia (640×360)

Se dunque i personaggi e le loro vicende, per quanto concluse senza grande scalpore, non sembrano avere davvero bisogno di chissà quali nuovi sviluppi, l’unica risposta sensata alla domanda sulle motivazioni che potrebbero riportare in vita Un medico in famiglia restano quelle legate alla nostalgia. Perché sì, quella c’è ed è anche molta. Viviamo in un’epoca nella quale guardiamo al futuro con timore (quando riusciamo a immaginarne uno) e al passato con tenerezza, e tutto ciò che vuole riportarci lì è generalmente accolto con gioia. E se ai giovani di oggi l’idea di sapere che fine hanno fatto Maria, Ciccio e Annuccia interessa poco o niente, per noi giovani di ieri ritrovare dei vecchi amici con cui siamo praticamente cresciuti (per intenderci, io ed Eleonora Cadeddu abbiamo la stessa età) è un’emozione non da poco. Cosa che si traduce in un guadagno altrettanto non da poco per la cara vecchia Rai.

Personalmente sono dell’idea che la nostalgia non basti a mettere in piedi il ritorno di una serie, ma mi rendo anche conto del fatto che si tratti invece di un fattore determinante a livello produttivo, soprattutto negli ultimi tempi. Questo perché, per quanto vogliamo stare a parlare della storia, dei personaggi e delle narrazioni, i prodotti cinematografici e seriali hanno bisogno di spettatori, e la nostalgia li attrae come una calamita. E mentre scrivo questo pezzo così critico, io per prima sono già con il telecomando in mano canticchiando Ahi, ahi, ahi, ahi, vedrai saranno guai-ai-ai.