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Un ritratto fin troppo onesto della famiglia Martini

Vi è mai capitato di sentire un profumo e di essere pervasi da un sentimento di benessere misto a nostalgia senza capirne il motivo? È la cosiddetta sindrome di Proust. Il termine prende il nome dal celebre scrittore francese Marcel Proust che nell’opera Alla Ricerca del Tempo Perduto descrive per la prima volta il potere posseduto da un odore o un sapore nell’evocare ricordi passati: in alcune aree del nostro cervello si sedimentano le nostre emozioni più intime che possono essere stimolate grazie ai nostri sensi. Ebbene si, quando pensiamo a Un Medico in Famiglia siamo affetti da questa sindrome e ci tuffiamo nel passato. Riaffiorano i ricordi della nostra infanzia, del piacere dell’attesa per una nuova puntata, dell’atmosfera in famiglia attorno al televisore. Era l’appuntamento fisso della domenica sera: l’ultimo momento piacevole del weekend.

La sigla partiva e quello era il segnale che i Martini stavano entrando nella nostra casa. O forse eravamo noi a entrare a casa Martini?

Andata in onda per la prima volta su Rai Uno la domenica del 6 dicembre 1998, Un Medico in Famiglia prende spunto dalla serie televisiva spagnola Médico de Familia. Formata da dieci stagioni per un totale di 286 episodi, la fiction rappresenta una delle serie televisive italiane più longeve e più amate dagli italiani. La capacità di intrattenere e coinvolgere un pubblico molto ampio grazie ai temi trattati e ai numerosi e variegati personaggi, le permette di sopravvivere fino al 24 novembre 2016, data in cui è stato trasmesso l’ultimo episodio. Nel corso delle stagioni il prodotto Rai vede l’alternarsi di attori del calibro di Lino Banfi, Giulio Scarpati, Claudia Pandolfi, Pietro Sermonti, Milena Vukotic, Lunetta Savino ed Enrico Brignano, capaci di dar a vita a personaggi verso i quali ancora oggi nutriamo grande affezione. 

Un Medico in Famiglia racconta le vicende della famiglia Martini, composta dal medico Lele e dai suoi tre figli Maria, Ciccio e Annuncia. Ne fa parte anche Libero, ex ferroviere in pensione e nonno a tempo pieno. Rimasto vedovo della moglie Elena, Lele decide di lasciare la sua abitazione nel centro di Roma per trasferirsi a Poggio Fiorito, quartiere immaginario della periferia romana. Sarà all’interno delle nuove mura domestiche e della ASL sperimentale che si svilupperanno le trame principali della serie. Nonostante gli sceneggiatori si siano trovati negli anni a far fronte alla scelta di alcuni attori di abbandonare il cast, causando buchi di trama ed escamotage narrativi alquanto discutibili, la famiglia Martini segue sempre un’impostazione ben delineata. I Martini sono, infatti, la famiglia dell’accoglienza e della convivialità dove parenti, amici e amici di amici ricevono ospitalità e conforto. Qui troviamo sempre la figura di un medico che fa da ponte tra le mura domestiche e le cliniche ospedaliere – due su tutti, Lele e Guido – e una figura maschile che ha il ruolo di mantenere gli equilibri familiari – di solito Lele e nonno Libero. C’è anche la ragazza alla pari che diventa membro aggiunto della famiglia – Cettina prima e Melina poi – e che insieme al loro fidanzato – Giacinto nelle primissime stagioni e Torello nelle successive – creano sviluppi narrativi anche all’esterno dell’ambiente familiare. Importantissima, inoltre, è la presenza della figura femminile che ricopre il ruolo della mamma amica e che funge da abile mediatrice fra gli screzi familiari- ricordiamo zia Alice e Bianca. Non mancano poi gli amici di lunga data, che frequentano stabilmente le mura domestiche e ai quali è richiesto di portare brio e allegria – Giulio, il più caro amico di Lele. 

Va detto, però, che le prime stagioni sono le più coerenti con il senso del titolo e con l’idea originale di rappresentare una famiglia sì tendente alla perfezione, ma le cui vicende sono reali, tangibili, comuni. Dove a spiccare è anche una certa cura dei dialoghi e un’attenzione ai valori proposti. Le difficoltà professionali e sentimentali hanno un ruolo centrale e la loro risoluzione non sempre è scontata, anzi a volte è meditata, sofferta e condivisa. Pensiamo all’elaborazione del lutto da parte di Ciccio per la morte della mamma Elena oppure alla “rincorsa d’amore” tra Lele e Alice. Invece, dalla quarta stagione in poi, il ritratto della famiglia Martini assume via via connotati sempre più patinati e i temi trattati peccano spesso di superficialità. I conflitti vengono risolti in maniera sbrigativa, si predilige una scrittura ultralight e il registro linguistico è piatto. Persino gli intrecci amorosi risultano noiosi. 

Un medico in famiglia
Nonno Libero, Annuccia, Ciccio

Un Medico in famiglia non è solo il ritratto di una famiglia, ma rappresenta anche uno spaccato della nostra società.

Le prime due stagioni assorbono molto l’influenza sociopolitica di fine anni Novanta. Ci si riferisce a una certa caratterizzazione dei personaggi, all’attenzione ai valori della famiglia e dell’etica professionale, agli aspetti umani. D’altronde il progetto educativo e pedagogico sostenuto dalla Rai è ben noto. In uno dei primi episodi, infatti, Lele rinuncia a uno stipendio d’oro in una clinica privata di chirurgia estetica per continuare a lavorare nella sanità pubblica e per avere rapporti umani più genuini. Dall’altro lato, la giovane zia Alice rappresenta la donna indipendente e affascinante, lontana anni luce dai dettami classici della donna casalinga. Eppure l’amore che dona ai nipoti è puro e sincero. È un momento storico il momento in cui Mediaset punta forte su un certo tipo di format e linguaggio televisivo mentre la RAI, dal canto suo, propone sceneggiature dai tratti “dem”. Non a caso il personaggio di nonno Libero, soprattutto nelle prime due stagioni, è fortemente orientato politicamente: ex sindacalista, legge l’Unità, porta con sé libri di Gramsci. In questi anni, difatti, è voluta la scelta di trattare in maniera progressista temi come il passaggio dalla Lira all’Euro, l’omosessualità, l’aborto, l’Aids o l’uso delle droghe leggere. Argomenti che, però, vengono rivisti già nelle stagioni successive da più punti di vista, attraverso scelte mirate a evitare probabili polemiche di vario tipo. A dimostrazione, appunto, di quanto la serie rappresenti anche un ritratto dell’opinione pubblica italiana degli ultimi vent’anni.

Per chi volesse bussare alla porta dei Martini a distanza di anni o chi per la prima volta desiderasse farlo, Prime, Netflix e Raiplay ne offrono oggi la possibilità. Una scelta che rende felici milioni di utenti. Dalla Gen Z che ha seguito solo le ultime stagioni ed è curiosa di scoprire le origini della famiglia, fino ai più anziani che, con i Martini, sono cresciuti. E se anche la scrittura si alleggerisce nel corso delle stagioni, i dialoghi e le ambientazioni sono piatti e monotoni e i buchi di trama sono profondi, Un Medico in famiglia rimane un rifugio per vivere momenti di spensieratezza e allegria. E’ la Madeleine che si immerge nel thé di tiglio e che permette di riassaporare con ingenuità i ricordi del passato.