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Cosa ha funzionato davvero nella prima stagione di The Punisher

Spesso ci chiediamo: ma in un universo in cui esistono gli Avengers, i Guardiani della Galassia, gli X-men e compagnia, come può avere senso un personaggio come The Punisher? Appare strano che la New York dove sono ambientate le sue avventure sia la stessa che è stata quasi rasa al suolo da Loki qualche film giocattolo Marvel fa. Eppure salta fuori questa serie di una potenza e di una profondità sconvolgenti. Riesce a essere intima e spudorata allo stesso tempo e, soprattutto, non eccede mai. Non si cade mai nel ridicolo. Tutto appare come incredibilmente realistico, vero, onesto. I personaggi hanno tutti dei conflitti talmente umani che sembra esistano davvero.

Purtroppo ci sono dei difetti, come una certa mancanza di ritmo nella prima metà della storia, ma dopo si riprende e raggiunge delle vette che onestamente, a quel punto, non mi aspettavo. Mi capita ben di rado di emozionarmi con una Serie Tv, più ne vedi meno effetto ti fanno, proprio come le droghe. Eppure, con The Punisher, ho sofferto. Insieme a lui, mentre era legato a quella sedia, torturato, e desiderava cedere alla morte perché voleva ricongiungersi a sua moglie. The Punisher, nonostante i suoi difetti, è un’ottima Serie Tv. Ma cosa ha funzionato davvero?

1) John Bernthal come Punisher

The Punisher

Me lo ricordo ancora come l’odioso Shane Walsh di The Walking Dead. Un bel villain, in quel caso. Aveva già mostrato cosa sapeva fare. Ma in The Punisher supera se stesso. Prima di lui altri attori avevano interpretato bene Frank Castle, ossia Dolph Lundgren, Thomas Jane e Ray Stevenson. Il terzo, in particolare, è esteticamente identico al Frank Castle dei fumetti. Ma John Bernthal è Frank Castle. In quegli occhi sgranati e pieni di dolore vedi veramente la furia di un uomo che ha perso tutto. Non so cosa l’attore abbia messo della sua storia personale in questa interpretazione, ma il risultato è struggente, potente, drammatico. Tutto questo unito a una presenza scenica veramente ingombrante: quando c’è lui, nella scena, non c’è spazio davvero per nessun altro. Tranne uno, ossia la sua nemesi…

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