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The Curse 1×03 – La Recensione: quel maledetto pollo scomparso

Tik Tok è un posto sconfinato e pieno di pericoli, come ci tiene a precisare questo episodio di The Curse in cui la natura della maledizione viene finalmente rivelata. Abbiamo lasciato i nostri sposini alle prese con tanti grattacapi nella seconda puntata e con l’incapacità emotiva per poterli affrontare. Nel quadro sempre più imbarazzante, pietoso e meschino che ritrae Asher e Whitney, la maledizione aleggia sulle loro teste come una spada di Damocle. Allora il destino – o forse un caso con il grandissimo senso dell’umorismo – fa incrociare il loro cammino di nuovo con quello della bambina senegalese, riportando la maledizione in primo piano. Si tratta di un semplice trend, come ci tiene a precisare la ragazzina, in cui gli utenti si rivolgono alla telecamera e pronunciano un’unica frase: “io ti maledico”. Sciocchezze da social, come direbbe qualcuno, eppure due uomini adulti non sono della stessa opinione. Il primo è Abshir, padre della ragazzina e personaggio che viene introdotto proprio in questa puntata come prossima potenziale vittima delle truffe maldestre dei Siegel.

Il secondo è Asher, uno Zeno Cosini contemporaneo che vorrebbe rivoltarsi contro il padre-Whitney ma non riesce a proferire parola in The Curse.

Il protagonista maschile di The Curse incarna lo stereotipo dell’inetto in tutto e per tutto. A nulla valgono i suoi tentativi disperati di farsi notare, di alzare la voce o dire la propria. Gli estranei non ricordano neppure il suo nome, non lo trovano né simpatico né odioso, semplicemente dimenticabile. Il che è forse la critica peggiora di tutte. Durante la scena di apertura fa davvero male guardare il focus group demolire la figura di Asher, alla quale stiamo inspiegabilmente finendo per affezionarci anche solo un pochino. Seppur rimanga una persona odiosa e insopportabile, riusciamo a provare un senso di pietà nei suoi confronti, il desiderio irrefrenabile di prenderlo a sberle in faccia per urlargli contro in pieno stile sergente maggiore Hartman.

La maledizione è stata finalmente messa nero su bianco ma l’unico che sembra volergli dare il peso che meriterebbe rimane Asher mentre Whitney gira un altro video per Instagram.

The Curse
The Curse (640×427)

Ciò che inquieta lo spettatore, così come il nostro miserabile protagonista, è la precisione con la quale la maledizione di Nala colpisce: gli spaghetti con il pollo. Ed effettivamente, c’è una cena alla quale anche noi spettatori assistiamo, in cui degli spaghetti senza pollo sono protagonisti di un sconsolato monologo di Asher. Di fronte a questa inspiegabile coincidenza, la mente di Asher inizia a viaggiare libera dalle catene del raziocinio e la superstizione trova la strada per fare la sua comparsa nel mondo moderno. Come ha fatto Nala? Perché non si è limitata a una generale maledizione come un qualunque trend su Tik Tok che si rispetti? Domande alle quali Asher non riesce a dare una risposta rimuginandoci sopra, tormentandosi e tormentando Whitney, tornata di colpo dalla parte della logica senza remore.

L’unica spiegazione alla quale l’uomo riesce a pensare, per non precipitare nella trappola del mondo pre-rivoluzione industriale, è che la ragazzina o la sua amica abbiano frugato nella sua spazzatura. Insomma, una spiegazione logica deve esserci per forza no? Non è possibile che un fantasma mi stia davvero fissando dall’altra parte del corridoio o che i libri siano inspiegabilmente caduti giù dallo scaffale con la finestra chiusa. Non esiste spazio per altro che non sia ciò che possiamo percepire con i nostri cinque sensi, nel mondo materialista in cui viviamo. Il folklore è solo roba per bambini, il sovrannaturale per gente facilmente impressionabile. Siamo uomini e donne di scienza no? Dobbiamo esserlo, altrimenti il nostro ruolo nell’universo risulterebbe ancora più insignificante di quanto già non sia.

Così, quello che rimane delle antiche tradizioni sono catene di Sant’Antonio infinite e trend sui social che durano come soffioni al vento.

The Curse
The Curse (640×428)

Eppure la maledizione sembra essere l’unica cosa ad avere davvero concretezza in uno show in cui ogni cosa manca di sostanza. Tutto, in The Curse, ha l’aspetto di uno specchietto per le allodole imbastito dai due protagonisti in maniera neanche troppo convincente. Asher e Whitney stanno davvero agendo con le migliori intenzioni? Se è così, i risultati sono davvero imbarazzanti. Se non è così, si tratta dei peggiori truffatori della storia delle truffe. All’inettitudine di Asher si affianca la superficialità di Whitney che vive della validazione e dell’approvazione degli altri. Questo complesso del salvatore, di cui Whitney è totalmente impregnata, la porta in realtà a distruggere la comunità in cui si è insediata insieme al marito. Come cavallette in Egitto, entrambi sono una piaga per la comunità ma non se ne rendono conto.

La cosa più sconcertante dei protagonisti di The Curse è, infatti, la genuina convinzione di essere invece i Mosé della storia.

Quanto poi stiano calcando la mano su questa convinzione è ancora da chiarire ma di certo non si tratta di personaggi negativi o malvagi nel senso stretto del termine. Non c’è alcun imbarazzo nelle dichiarazioni razziste e classiste che escono costantemente dalla loro bocca. La scena degli hot dog di questo terzo episodio supera quanto visto finora e siamo sempre più consci del fatto che The Curse sarà un crescendo di situazioni grottesche come questa. Alla fine però sono sempre soli con loro stessi, anche quando si trovano nella stessa stanza, del tutto incapaci di comunicare davvero. Fugaci momenti di tenerezza e complicità vengono stravolti e trasformati in possibili video acchiappa like. Sotto lo sguardo attonito dello spettatore che non può non portare le mani al volto in due o tre scene, nel più infantile gesto di protezione che esista fin dall’alba dei tempi.