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See non è una Serie Tv, è un’esperienza dissociante

“La cecità stava dilagando, non come una marea repentina che tutto inondasse e spingesse avanti, ma come un’infiltrazione insidiosa di mille e uno rigagnoli inquietanti che, dopo aver inzuppato lentamente la terra, all’improvviso la sommergono completamente”.

Cecità – José Saramago

See, Vedere, in un mondo ormai abitato da non vedenti, è una minaccia. Il maligno della Luce. Da 600 anni la vista è scomparsa e l’umanità è stata decimata da un’epidemia. Rimangono solo due milioni di persone e la cecità è il presente del pianeta. Sono passati così tanti anni da quando le persone potevano vedere che della vista è svanito anche il concetto.

See, Vedere, è qualcosa di inatteso, spaventoso se avvenisse, una stregoneria per le società tribali che abitano la Terra in un futuro post-apocalittico e distopico. La civiltà è stata spazzata via e rifondata sulla base di nuovi archetipi, ma non siamo indietro nel tempo, siamo nel futuro. 

Immaginate narrativamente e visivamente una fusione tra The Handmaid’s Tale e Hunger Games, Vikings e Game of Thrones, Il Pianeta delle Scimmie e Cecità e avrete, in una versione potente, innovativa e sensoriale, l’universo di See.

Distribuita da AppleTv+, è scritta da Steven Knight – creatore di Peaky Blinders – e diretta da Francis Lawrence, regista della saga Hunger Games. See non è una semplice Serie Tv né un banale mash up dei riferimenti di cui sopra.

È un’esperienza dissociante. Crea uno scarto tra il flusso della visione, dove i personaggi sono non vedenti, e la realtà che abitiamo.

Fate un test: guardate alcune puntate di See, state a contatto con la Tribù degli Alkenny, lasciatevi trasportare dal linguaggio sensoriale dove il tatto, l’ascolto di ogni onda sonora e il corpo sono gli strumenti del comunicare. Lasciatevi invadere dal mondo e dai suoni così come dai silenzi di See, e poi spegnete la TV e uscite. Adesso guardatevi intorno, provate a sentire cosa sentite e sperimentate se non vi resta in mente, per alcuni stranianti minuti, la percezione che intorno a voi nessuno veda, che siate gli unici esseri speciali in un mondo stravolto e alienato; che gli errori dell’umanità aggressiva potrebbero, un giorno, toglierci la vista. 

Buio e potenza del sentire. See fa esplodere le altre facoltà della mente e del corpo. Volumi, spazi, coraggio, il pensiero di un nuovo universo.

Come spiega Lawrence “nella fantascienza la parte più difficile è sviluppare una prospettiva unica del mondo che stai creando”.  Soprattutto nella prima stagione, trascorriamo la maggior parte del tempo con la Tribù degli Alkenny e “vediamo” attraverso la mente di Baba Voss, interpretato da un portentoso Jason Momoa, il Khal Drogo di Game of Thrones.

Non ci sono riprese in soggettiva, restiamo spettatori, anzi la suggestione delle immagini per noi abilitati alla vista è fortissima. Paesaggi incontaminati mozzafiato della British Columbia. Gli autori volevano un’ambientazione nord-americana e hanno trascorso lunghi periodi nell’esplorare la Regione per offrirci uno spettacolo di montagne, fiumi, freddo, neve, distese e colori che si imprimono sulla retina. Non per Baba Voss e le 75 persone della Tribù degli Alkenny, che vivono cieche e isolate tra le montagne.

See
Baba Voss e Maghra

Nello spirito di Game of Thrones, See non crea un singolo universo ma un mondo complesso dove le Tribù hanno conoscenze, usi e rituali diversi: c’è la Tribù della corda, quella della plastica, quella del metallo. E ci sono i cacciatori di streghe, dove per streghe si intendono coloro che vedono. Possessori di un’abilità minacciosa e ritenuti responsabili del crollo del mondo. I microuniversi fanno parte di una nazione più vasta, Payan, governata dalla Regina Kane che muove l’azione della prima stagione.

La trama infatti ruota non solo intorno alla cecità ma anche alla nascita di due bambini che hanno il dono della vista. Sono gli unici vedenti in un mondo di ciechi, allevati e amati da genitori ciechi.

Anche l’esperienza della relazione familiare crea effetti dissocianti perché è un amore che si trova a parlare con altri codici, che lega combattendo il senso di estraneità: le corde tra le mani sono l’alfabeto, chat chat” e altre onomatopee sono il richiamo, la scarificazione attraverso segni e cicatrici in viso e sul corpo sono l’elemento di riconoscibilità della persona. Nonché la sua appartenenza e posizione nelle gerarchie sociali.

Scoperta l’esistenza dei due bambini, prende avvio la caccia e Baba Voss, leader giusto e responsabile del suo villaggio e della sua famiglia, inizia la lotta per difenderli. Da qui in avanti entrano in gioco una crudezza e violenza di immagini che ricordano Vikings.

See Baba Voss e il fratello
Baba Voss e il fratello Edo

Tuttavia See se ne distingue per inventiva e una messa in scena straniante, rivoluzionaria. Immaginate scontri cruenti tra ciechi. Battaglie spietate, corse a cavallo, fughe nei boschi e sui fiumi, duelli nel buio. Con quali armi? Come combattono se non si vedono? Come fanno l’amore per dare alla luce figli che non vedranno? È un’esperienza sensoriale e, nonostante il nostro sguardo sia onnisciente ed esterno, l’immedesimazione con la struttura delle Serie è totale.

Già la sigla di See è un’immersione sonora, visivamente buia, con pochi colpi di luce sullo sfondo nero, un viaggio nel suono: si sentono movimenti percussivi, cinguettii e nitriti, drin drin di metalli e anelli, urla di battaglia e poi pause, silenzi.

See è un’esperienza ad alta intensità ma anche una Serie del silenzio.

Combattiva, ricca di evoluzioni, manipolazioni mentali, sfiducia nel prossimo, morte, è anche spirituale, silenziosa e immaginifica.  I paesaggi si trasformano da campo di lotte e paura a Regni di Quiete. Le insidie e i nemici si contrappongono alla forza di valori come famiglia, generazioni, fede, amore, speranza. Baba Voss, con accanto la moglie Maghra e la sacerdotessa Paris, è un guerriero ma soprattutto un padre. Un padre vero, pur non essendo il padre biologico, rappresentato da una figura a tratti mitologica, Jerlamarel, l’unico uomo sopravvissuto che riesce a generare figli vedenti.

Kofun e Haniwa sono due dei suoi molti figli, che Jerlamarel semina lungo la sua corsa, diretto e impegnato nella ricostruzione di un mondo con la vista ma non per questo più giusto. Un mondo di cui si ritiene il fautore onnipotente, né più né meno del fanatismo religioso che pervade le Tribù di Payan. Kofun e Haniwa sono i gemelli adottati da Baba Voss che aprono la storia con le urla dolorose del parto di Maghra.

Intanto la minaccia dei cacciatori di streghe, alla ricerca dei due bambini, si avvicina e, accanto all’amore troviamo subito la guerra, nella logica della difesa e della protezione. Baba Voss ha una sola missione, proteggere i figli che hanno l’abilità della vista, non tanto per riportare la luce dopo secoli di oscurità, ma puramente per amore. Qui avviene un’altra esperienza dissociante: sembriamo parteggiare per la nuova civiltà dove ritorni la vista, con le sue derivanti, elettricità, luci, tecnologia, scrittura, libri e democrazia. Un ritorno al futuro. Ma See fa sperimentare un’altra idea di legami e società dove amore e giustizia sono sentimenti ancestrali, distaccati dal concetto di modernità, e rappresentati dalla figura apparentemente barbarica di Baba Voss. 

Il buio delle scene, che domina molte puntate, si alterna alla bellezza della Natura che riaccende la nostra vista. See ci fa attaccare agli altri sensi e la cecità diventa il punto di osservazione della storia. 

Non vediamo See, viviamo See. Sentiamo le corde che tagliano l’aria e i bastoni che battono sul suolo per indicare la via.

Davanti a noi ci sono occhi trasparenti che guardano verso direzioni sospese. E noi siamo lì, insieme a loro, cercando di capire. See descrive e inscena movimenti del corpo sinuosi dove, più che il tragitto, conta la posizione che i personaggi assumono nello spazio. Le distanze, la prossemica. Tamburi e cori alimentano le gesta, scrosci d’acqua, anelli con i sonagli, schiocchi di dita e passi potenziano la nostra visione.

Baba Voss con la sacerdotessa Paris

I dialoghi generano dissociazioni di senso

Diventa normale, guardando See, ascoltare enunciati come “Chi sei? Parla”, “Cosa vedi?”, “Libri? Cosa sono i libri?“  “Come conosci le parole leggere e scrivere?” , “Schhh. Questo deve essere un ponte”. Percepire il Sole come Fiamma e non come Luce.

Knight e Lawrence hanno guidato un ampio lavoro di consultazione e coinvolgimento di comunità non vedenti, anche in ruoli attoriali, per concepire un mondo così dettagliato e credibile. Le scene sono realizzate pensando a come una persona cieca avrebbe costruito una qualsiasi simile struttura di informazioni. La vita in comune, la sessualità, la traduzione di comportamenti facendo leva sugli altri sensi in profondità senza perdere, anzi potenziando in modo imponente, le scene d’azione.

Infine anche la percezione dei libri dissocia. Lo strumento che permette ai due gemelli di conoscere il mondo prima di avventurarsi in esso, in mezzo a una popolazione che li sente ma non li vede. I libri in See sono più potenti di un’arma. L’arma della conoscenza che guida la storia, ma che, per quanto potente, non è sufficiente senza il contatto con la Terra. See trasferisce l’importanza del contatto con gli elementi intorno a noi, umani e naturali ,che chiedono di essere ascoltati, prima che visti.

Finite le due stagioni, tornare alla realtà è spiazzante. Intorno a noi c’è troppo da guardare. Viene quasi spontaneo chiudere gli occhi e stare in silenzio, non soffermarsi sul bello o sul brutto, ma sull’intensità dei profumi, dei sapori. La gioia del tocco, l’armonia della musica. Ma viene anche da pensare al futuro. Se nel 2090 la distopia diventasse realtà? Tutto buio o fuoco perché non sappiamo proteggere il mondo né noi stessi né le generazioni a venire?

Il 26 agosto esce la terza, ultima stagione, di See. Un ottimo motivo per “vederla” e allenare tutti i sensi alla profondità.

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