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See, la vista è un’arma a doppio taglio

Attenzione, l’articolo può contenere spoiler sulle prime due stagioni di See.

Immaginate questo scenario futuro: l’umanità è stata decimata in seguito a una epidemia causata dalla diffusione di un virus. I sopravvissuti, non più di 2 milioni di persone, sono tornati a vivere in uno stato tribale, primitivo. E sono ciechi, tutti. Sì, sembra proprio questa la condanna peggiore: come si fa a vivere nel buio più totale? Si può amare una persona senza vederla in faccia? Si può combattere per salvare la propria pelle, senza osservare il territorio circostante? A cercare di dare una risposta a questo drammatico interrogativo è See, la serie tv creata da Steven Knight e diretta da Francis Lawrence (non nuovo al genere distopico: ha diretto i film di Hunger Games), distribuita a livello internazionale su Apple Tv+.

La premessa sembra creare subito un senso di inquietudine nello spettatore, che però comincia a farsi venire dei dubbi dopo poco tempo: da un lato, il pilot mostra subito la popolazione guidata da Baba Voss (interpretato da Jason Momoa) scendere in battaglia senza troppi problemi e mettersi in gioco senza lacuna esitazione; dall’altro lato, si scopre abbastanza in fretta che esiste sì un uomo con la vista – Jerameral – ma che questo dono è considerato un’eresia e quindi è malvisto.

Si tratta di mera invidia? La vista è pericolosa? E se la popolazione geneticamente cieca sembra cavarsela così bene senza, è davvero necessaria? Potrebbe forse essere addirittura dannosa?

See ci mostra che le risposte a queste domande sono tutt’altro che scontate e che le questioni da analizzare sono molteplici.

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Quando nel finale del pilot della prima stagione di See vediamo i due gemellini figli di Maghra (Hera Hilmar) aprire gli occhi, siamo pervasi da una sensazione di speranza: in mezzo al buio, ci sono due bambini che sanno vedere la luce. La prima idea che si diffonde negli spettatori è quella di un piccolo passo verso un futuro nuovo, diverso e normale. Ma normale per noi, perché per Baba Voss e compagni, l’assenza di vista non sembra un grande problema: la danza di guerra nel primo episodio avviene senza intralci, il combattimento procede spedito e via via che passano i minuti sono rese note tutte le strategie per compensare la mancanza della vista (un esempio tra i tanti può essere la comunicazione di messaggi tramite nodi da sentire al tatto).

Eppure, quando negli episodi successivi vediamo Haniwa e Kofun cresciuti, ci sembra abbiano un’arma in più. Sono gli unici che, seguendo delle indicazioni lasciate dal loro vero padre Jerameral, ad esempio, sono in grado di leggere i libri – libri che rappresentato un ponte tra il passato e il futuro, libri che possono essere utilizzati per costruire una nuova alba. Quello dato dalle parole scritte è un potere non indifferente, in un certo senso suggerito proprio da uno dei volumi che compaiono tra le mani dei ragazzi: 1984 di George Orwell.

Nel libro annoverato tra i capostipite della letteratura distopica, diventa fondamentale il potere del linguaggio che viene plasmato e piegato dal regime per controllare il pensiero della popolazione. L’accesso alla parola scritta può essere per Haniwa e Kofun la chiave del successo e anche la possibilità di trovarsi un passo avanti agli altri. Grazie ai libri, i due gemelli imparano molte cose e provano a riprodurre oggetti utili come l’arco e le frecce.

Quest’idea che la vista – legata a tutto ciò che ne consegue – sia un potere unico e speciale è acuita dal timore che gli altri sembrano averne.

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Chi vede è considerato una strega e deve essere eliminato: per questo Maghra e Baba Voss cercano di celare la verità dei due gemelli, che crescendo faranno finta di non vedere, proprio come tutti gli altri. La figura di Jerameral, tra l’altro, all’inizio sembra celata nel mistero e acquista sfumature affascinanti – una prospettiva che verrà ribaltata addentrandosi negli episodi di See. Quando la verità su Haniwa e Kofun sale a galla, la regina Kane non fa eccezioni e decide che devono morire.

Ma perché tutto questo timore per chi vede? Forse è la semplice diversità a spaventare. In un mondo dove ormai sono (quasi) tutti geneticamente ciechi, l’eccezione fa paura e va eliminata; un meccanismo che troviamo dall’alba dei tempi. Forse, però, è la paura per un potere che potrebbe essere sconfinato: chi vede ha il comando, per chi vede non ci sono segreti. Ma è davvero così?

Un momento emblematico per riflettere sulla questione è dato dal modo in cui Maghra scopre che i gemelli hanno la vista: i due giocano costruendo oggetti, ma se la donna li benda non sono più in grado di fare niente. Questa è la prima significativa volta in cui la vista – più nel dettaglio, la sua negazione – mette i bastoni tra le ruote a Haniwa e Kofun. Privati di quella, sono impotenti. E in un mondo popolato da gente che al buio ci vede benissimo, non è affatto positivo.

Proseguendo con See e con la sua seconda stagione, diventa sempre più evidente che la vista può rendere ciechi.

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Non è un paradosso. Ce ne accorgiamo avanzando di episodio in episodio, quando la vista non impedisce ad Haniwa e Kofun di essere catturati dai nemici, imprigionati o messi in difficoltà. Sembra che qualcosa non funzioni: con gli occhi ben aperti, i due dovrebbero avere un vantaggio sugli altri. Ma in realtà pare proprio il contrario.

Il problema è che facendo esclusivamente affidamento sulla vista, i gemelli hanno trascurato gli altri sensi. Non hanno un udito fino come gli altri, non sono in grado di percepire i movimenti altrui con la stessa precisione di Baba Voss e, forse, si illudono di essere un passo avanti rispetto agli altri, prendendo le cose con troppa leggerezza.

La schiacciante verità di questa difficoltà nata proprio dal saper vedere con gli occhi, ma non con il resto del corpo, emerge in maniera molto chiara nel confronto tra Kofun e Toad. Quest’ultimo è in origine un cacciatore di streghe, ed è proprio per questo motivo che tra lui e il figlio di Maghra inizialmente non scorre buon sangue. Tuttavia, Kofun capisce che ha qualcosa da imparare da Toad e Toad viene convinto da Paris a tenere un occhio sul ragazzo.

Ma quando Kofun cerca di attaccare Toad durante la prima lezione di combattimento, viene subito disarmato e messo al tappeto.

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Stavolta Kofun non è bendato come quando da bambino sua madre cercava di capire se avesse la vista o meno. Ha entrambi gli occhi apertissimi. Eppure, si trova in svantaggio. Non è in grado di attaccare, ma non è nemmeno in grado di difendersi. Rendersi conto di ciò è come un potente pugno nello stomaco per Kofun, che vede crollare tutte le sue certezze.

Una presa di coscienza che però, per fortuna, non disanima il ragazzo, ma lo rende volenteroso di imparare: anche se non sarà facile prendere le misure con Toad. Nonostante questo, le lezioni tra i due procedono, fino a quando Toad non muore in battaglia, proprio accanto a Kofun. Un momento che spesso troviamo nella narrativa e nella cinematografia: la morte del mentore, con l’eroe o aspirante tale che si ritrova a dover mettere in pratica da solo tutto ciò che ha imparato.

In questo senso, la terza stagione di See sarà molto interessante: dopo aver fatto i conti con questa realtà, Haniwa e Kofun saranno in grado di reagire, affinare gli altri 4 sensi e colmare le proprie lacune? Oppure saranno sempre traditi dallo sguardo? E, al contrario, se dovessero riuscire a padroneggiare davvero tutti e 5 i sensi, come potranno impiegare il loro ipotetico vantaggio?

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