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Con la terza stagione, snobbare See è diventato un vero e proprio delitto

Attenzione: l’articolo contiene spoiler su tutti gli episodi di See usciti finora.

Quando era stato annunciato il progetto di Apple Tv Plus nel marzo del 2019, si era sollevato parecchio scetticismo da parte del pubblico: il nuovo servizio streaming sarebbe stato davvero in grado di competere contro Netflix e Prime Video? A livello di numeri e clamore, probabilmente Apple Tv Plus non è ancora arrivata al traguardo sperato, però gli utenti stanno notando un’interessante tendenza, ovvero quella di puntare non tanto sulla quantità, ma sulla qualità. E così, nel ristretto ma particolare mondo di Apple Tv Plus sono nati e stanno nascendo prodotti convincenti, originali e di altissimo livello. In questo scenario si incastona un progetto che dopo un inizio un po’ lento e zoppicante ha dimostrato di raggiungere picchi di qualità sempre più alti: stiamo parlando di See, la serie con Jason Momoa di cui stanno uscendo settimanalmente gli episodi della sua terza e ultima stagione.

Alla luce di quanto stiamo vedendo in questa stagione finale di See, non è proprio più possibile non dare una chance a questa serie.

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Che le premesse fossero originali e intriganti ce n’eravamo accorti già all’alba della prima stagione della serie di Apple Tv Plus, dove il passo lento e riflessivo degli episodi aveva forse oscurato il lato avvincente di See, ma non quello introspettivo e distopico. La scelta di porre al centro delle vicende una popolazione futura a cui è stato sottratto il senso della vista è stata di certo coraggiosa: da un punto di vista meramente attoriale, è stata privata la possibilità di trasmettere sensazioni ed emozioni tramite lo sguardo (eccetto ovviamente per Haniwa e Kofun), inoltre, l’idea stessa suscita un po’ di disagio nello spettatore, che si domanda come sarebbe vivere in un mondo del genere. Ma i personaggi dello show non vivono di certo con disagio la loro condizione, essendosi abituati a utilizzare in maniera magistrale tutti gli altri sensi e rendendo quasi più pericolosa la vita dei rari individui che ancora possiedono la vista: nelle scene dell’allenamento di Kofun, ad esempio, diventa palese come lo sguardo possa essere in realtà un’arma a doppio taglio. Si fa troppo affidamento su di esso.

Nelle prime due stagioni, inoltre, sono state esplorate altre tematiche rilevanti come l’importanza della comunicazione – che viste le circostanze non può ricorrere al mezzo della parola scritta, anche se la centralità della scrittura emerge dall’utilizzo che i gemelli dotati di vista scoprono proprio dalla lettura – e, soprattutto, l’importanza della famiglia. See, del resto, può essere considerata anche una saga familiare: al centro la famiglia composta da Baba Voss, Maghra, Haniwa e Kofun, ma anche il rapporto tra Maghra e sua sorella, la regina Kane, e quello tra Baba Voss e la sua famiglia di origine.

Nella terza stagione, tutto viene messo in discussione, famiglia compresa. Ma è proprio da questa frammentazione che ogni personaggio si sviluppa psicologicamente nella propria individualità, per poi ricostruire i rapporti con gli altri alla luce di nuove scoperte personali. La caratterizzazione dei personaggi si fa più complessa, talvolta imprevista, e grazie alla bravura degli attori coinvolti diventa elemento aggiunto di See. Eppure, la qualità non migliora soltanto in questo aspetto: la trama si fa ancor più dinamica, i colpi di scena e le rivelazioni sono inserite con cura nel tessuto narrativo e sanno suscitare a dovere la curiosità nello spettatore. La ricetta della terza stagione di See sa utilizzare gli ingredienti delle prime due stagioni creando un gusto ancor più sorprendente.

Una delle prime sorprese è Maghra.

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Già nella seconda stagione, con grande stupore, avevamo visto una Maghra ben diversa da quella conosciuta nella prima. Eppure, in questo terzo capitolo, la madre di Haniwa e Kofun continua a sorprendere. Nelle vesti di regina e, al contempo, di madre e sorella, si trova dover prendere delle decisioni attanagliata dal dubbio di quale suo ruolo debba prevalere. Maghra è divisa tra ragione e sentimento, tra la voglia di fare del bene per i suoi figli e quella di fare la cosa giusta per il suo popolo. Ma non solo, un’altra importante gatta da pelare per Maghra è Sibeth; ex regina dalla dubbia sanità mentale, ora madre di suo nipote e, soprattutto, sua sorella. Maghra dimostra grande determinazione e un carattere da vendere che forse non avevamo nemmeno immaginato nei primi episodi della serie, però è chiaro che le manchi il cinismo e quel briciolo di follia che avevano permesso alla regina Kane di regnare per tutto quel tempo.

Ed è proprio Sibeth a essere un altro personaggio di cui pensavamo di aver visto tutto, e invece no. Al culmine della follia, ma con una intramontabile voglia di tornare al proprio posto, a comando della popolazione, Sibeth è ora madre. L’ultima persona che ci si aspetterebbe di veder stringere un bambino tra le braccia ha concepito ingannando Kofun, nel tentativo – rivelatosi vano – di partorire un figlio dotato di vista come da profezia. La maternità di Sibeth è agghiacciante e suscita un senso di disagio nello spettatore. Anzi, forse è proprio Sibeth stessa a essere agghiacciante (qualcuno è riuscito a togliersi dalla testa l’immagine della donna che sgranocchia un serpente?), nel culmine della pazzia, qualcosa di possibile solo grazie al grande talento della sua attrice Sylvia Hoeks – che come gran parte del cast in questa terza stagione, sembra essersi evoluta ancor di più nella capacità di portare in vita il proprio personaggio.

Legato a questa situazione è, suo malgrado, Kofun, che vediamo perso come non mai. Pensa di aver fatto un errore e inizialmente non riesce nemmeno ad avvicinarsi al proprio figlio. Nega la paternità senza mezzi termini: dice proprio “questo non è mio figlio“. Un rifiuto che può avere origine anche nella sua stessa complicata storia di figlio: Baba Voss si è rivelato un ottimo padre, ma adottivo. E all’inizio di questa stagione Kofun si sente abbandonato anche da lui, mostrando un certo risentimento nei suoi confronti. Del resto, lo stesso Baba Voss ha avuto un rapporto estremamente difficile col proprio padre, culminato con il suo omicidio. Le storie familiari si intrecciano in See, mostrandosi per questo concrete e reali: la serie riesce a mostrare come ogni pensiero e ogni azione di una persona sia strettamente correlata all’ambiente circostante, alle esperienze di chi ci si ritrova attorno. Tutti i fili sono intrecciati e non è possibile sbrogliare del tutto la matassa.

E Baba Voss diventa l’eroe con macchia e con paura.

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Non è un caso che per vedere Baba Voss nel primo episodio della stessa stagione si debba aspettare circa una mezz’ora: il personaggio di Jason Momoa non è più protagonista indiscusso, non è più al centro di tutto. Nella prima stagione era una guida, colui che teneva le redini di tutto e si mostrava coraggioso, sempre con la soluzione giusta. Un eroe a tutti gli effetti. Le vicende successive, però, lo hanno trasformato molto portando in superficie tutte le contraddizioni del suo animo, i sentimenti contrastanti nei confronti di una famiglia che lo ha rinnegato e con cui non condivide gli ideali ma che è – o era – appunto la sua famiglia. Una famiglia che non esiste più per colpa sua, perché Baba Voss si è macchiato di omicidio. E ora ha paura: per quello che potrebbe accadere a Kofun, Haniwa e Maghra, ma, soprattutto di se stesso.

Lontano dai figli, Baba Voss passa il suo tempo nei boschi, nel tentativo di ritrovare una scintilla. Ma la famiglia è di tale rilevanza che nessun personaggio sembra essere la miglior versione di sé stesso quando è da solo. Fondamentale per il personaggio di Jason Momoa è il ricongiungimento con i suoi, in particolare con Kofun: nella paura del figlio per il suo ruolo di padre, Baba Voss si vede allo specchio e il confronto tra i due aiuta entrambi.

Questa cura quasi maniacale nella gestione delle relazioni interpersonali dei personaggi crea una profondità talmente dettagliata e interessante da spazzare via il senso di lentezza che si poteva percepire nella prima stagione e dà dinamismo anche alle scene lontane dall’azione. La terza stagione di See sa mescolare abilmente introspezione e combattimenti, dialoghi e battaglie, facendo emergere gli aspetti più qualitativi del prodotto e portandoli all’estremo. Con queste premesse, la curiosità per il finale è altissima.