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Ripley – La Recensione di una miniserie che se ne frega del tempo

Roma, 1961. Tom Ripley trascina un cadavere giù da una rampa di scale, la prima di un’interminabile serie di scale salite dal protagonista nel corso degli episodi. Scale che abbondano soprattutto ad Atrani, cittadina della Costiera Amalfitana dove, sei mesi prima, Tom si ritrova per volere del Signor Greenleaf, un magnate dei cantieri navali che lo assolda per convincere suo figlio Dickie a ritornare negli States. Ha così inizio Ripley, la miniserie Netflix in 8 episodi che riporta sul piccolo schermo il personaggio nato dalla penna di Patricia Highsmith, già protagonista di due adattamenti cinematografici: Delitto in pieno sole del 1960 e il più noto Il talento di Mr. Ripley del 1999 (di cui trovate qui un approfondimento)

Nel suo adattamento seriale, Ripley ritrova una nuova luce privandosi dei colori.

Otto episodi totalmente in bianco nero trasportano il telespettatore nelle atmosfere cupe di un noir diretto magistralmente da Steven Zaillian. Diversamente da quanto mostrato dai film dedicati allo scaltro truffatore, il focus della miniserie è sulla psiche di Tom Ripley, sulle sue ambizioni e paranoie, pulsioni e repressioni. Lunghissime sequenze, molte delle quali prive di dialoghi, accrescono la tensione generata dalla produzione Netflix, che ignora totalmente i tempi dello streaming diventando una serie senza tempo. 

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Scena tratta da Ripley

Tom Ripley (Andrew Scott) vive in un fatiscente appartamento a Manhattan. Qui passa le sue giornate fingendo di essere George McAlpin, un finto esattore che truffa i pazienti di un chiropratico chiedendo loro di saldare conti già pagati. Ripley è invisibile e introvabile, come gli fa notare un investigatore privato assunto da Herbert Greenleaf per rintracciarlo. Dickie Greenleaf, il figlio di Herbert, è volato anni prima in Italia sperperando il patrimonio di famiglia per inseguire il suo sogno di diventare un artista. Il compito assegnato a Ripley è quello di convincere Dickie, suo vecchio conoscente, a ritornare a casa. Dickie alloggia ad Atrani con la fidanzata Marge, scrittrice del Minnesota con la passione per la fotografia. Qui trovate la classifica dei migliori film americani ambientati in Italia.

Non appena atterrato ad Atrani, si insinua in Tom il perverso e sempre più irrefrenabile desiderio di vivere la bella vita di Dickie.

La scalata sociale di Tom Ripley ha inizio ai piedi della prima lunghissima scalinata presente nella cittadina della Costiera Amalfitana. Il protagonista fatica ad arrivare in cima e a raggiungere (letteralmente e metaforicamente) la villa – e la vita – di Dickie. Ad aumentare il senso di disagio del protagonista è inoltre la differenza linguistica con gli abitanti del luogo che, attraverso l’uso dei sottotitoli, viene interiorizzata dal telespettatore stesso. I sottotitoli del primo episodio sono infatti in italiano, indecifrabili quindi per il pubblico diverso da quello nostrano. Tom assume con il passare del tempo più dimestichezza con la lingua: i sottotitoli tornano a essere tradotti in inglese a simboleggiare la sua acquisita competenza linguistica. Le scale stesse smettono di rappresentare un problema, salite dal protagonista con sempre meno fatica.

Tom si impossessa infatti della vita di Dickie, dei suoi vestiti, della sua ricchezza, del suo nome. Raggiunto il suo obiettivo, Il disagio simboleggiato dalle scale cede il posto a un nuovo sentimento provato dal protagonista: la paranoia. Come con l’esperienza dei sottotitoli, anche in questa sensazione il telespettatore assume un ruolo attivo. Le inquadrature diventano sempre più distanti, come se la camera fosse stata nascosta e spiasse da lontano il protagonista. Come se fosse il pubblico stesso a spiarlo. Il senso di questa scelta stilistica è chiaro: anche quando pensa di farla franca, c’è sempre qualcuno a osservarlo. Gli occhi che lo perseguitano alimentando la sua paranoia sono inoltre quelli di Lucio, il gatto della padrona del palazzo in cui Ripley alloggia a Roma, e quelli delle statue su cui la regia di Zaillian indugia in ogni scena.

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Scena tratta da Ripley

Le statue sono però soprattutto simbolo dell’arte, pienamente protagonista della miniserie.

L’arte non è altro che imitazione, definita da Picasso una bugia in grado di rivelare la verità. Picasso non a caso è il protagonista silenzioso della vicenda che, con il suo quadro, rappresenta l’opulenza di Dickie prima, e la vittoria di Ripley poi. Più di Picasso, è però l’artista italiano Caravaggio ad avere un ruolo centrale nella vicenda. Come sarebbe una serie tv dedicata a Caravaggio? Lo abbiamo immaginato in questo articolo. Ripley diventa ossessionato dai suoi cupi quadri, in cui Caravaggio era solito inserire diverse versioni di se stesso. Ciò che più di ogni altra cosa l’ha reso universalmente riconoscibile è però l’uso della luce. Caravaggio risalta i soggetti delle sue opere attraverso un caratteristico fascio di luce, che illumina determinati dettagli e ne oscura altri. 

Tom Ripley come Caravaggio sceglie dove puntare la luce, quale parte di sé mostrare agli altri, quale personalità esibire.

“La luce, sempre la luce”. Il tormentato artista diventa per il protagonista un alter ego, simbolo di quella menzogna che appartiene a entrambi e che è propria dell’arte stessa. Luci e ombre sapientemente alternate dalla perfetta fotografia della miniserie Netflix, e rappresentate dal bianco e nero che incarna perfettamente la natura del protagonista. Tom Ripley è un uomo che vive all’ombra della sua stessa oscurità, un sociopatico, freddo e paranoico killer senza scrupoli che usa qualsiasi mezzo per completare il suo quadro. Alla costante ricerca della perfezione, Tom vive una vita non sua e diventa protagonista della sua arte – quella dell’inganno – vivendo nella menzogna.

Andrew Scott (640x360)
Andrew Scott nei panni di Tom Ripley

Ripley è un affresco perfetto dell’ipocrisia del suo protagonista, perfettamente interpretato da Andrew Scott. Attraverso i suoi tempi dilatati e l’attenzione ai dettagli, Ripley si dimostra essere una serie d’autore che poco si presta al binge watching, ma che innalza notevolmente la qualità del catalogo Netflix. Qui trovate i migliori film prodotti dalla piattaforma. Ogni sfaccettatura di Tom Ripley è sviscerata dalla miniserie più di quanto sia stato mai fatto con i film a lui dedicati. La produzione Netflix è infatti la più fedele trasposizione mai fatta del romanzo da cui è tratta, e un’esperienza di visione unica. L’elegante miniserie mostra il lato più oscuro dell’ambizione unendo l’hard boiled nella sua sfumatura più noir al thriller, risultando coinvolgente e mai banale.

Ripley è Caravaggio che incontra Alfred Hitchcock per dar vita al suo dipinto più oscuro e magnetico.