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Manifest – La recensione del finale di serie: un atterraggio da applausi

Il seguente articolo contiene spoiler su Manifest.

Dopo quattro stagioni, cinque parti, cinque anni e una produzione decisamente ri-arrangiata, si è finalmente conclusa Manifest. Tra tutte le scene che meglio utilizzeremmo per rappresentare il nostro stato d’animo dopo questo finale, un applauso è quella che racchiude al meglio il tutto. Il volo 828 ha tempestato le vite dei suoi passeggeri, i loro conoscenti e tutto il resto del mondo. Questa coscienza divina aveva un obiettivo e la fine del mondo stesso sembrava l’unica conclusione possibile. Eppure, dopo aver bilanciato le vite di ogni passeggero, ci siamo ritrovati spiazzati anche noi, avvolti dal bianco e dall’insicurezza.

Più volte durante l’episodio finale il pensiero su quale sarebbe stata la conclusione di questa vicenda ha trovato difficoltà a trovare una risposta. Non siamo mai bravi ad ambientarci in situazioni improbabili e gli stessi passeggeri, una volta tornati in quell’aeroporto che non avevano mai varcato, sono rimasti spiazzati. Anni di dolore, anni di persecuzione e intimidazione, anni di chiamate e prove per salvare il prossimo, per rendere il mondo un posto migliore. Tutto svanito e tutto tornato come se nulla fosse successo. Come se quei cinque anni non fossero mai mancati, come se quei cinque anni e le successive conseguenze si fossero svolte nel giro di frazioni di secondo nella testa dei passeggeri.

Com’è possibile?

Ce lo siamo chiesti noi, se lo sono chiesti loro, non se lo sono chiesti quelli che li hanno raggiunti in aeroporto, seppur siano rimasti straniti da certe reazioni. Manifest nel corso di tutte le stagioni ha ripetuto sempre gli stessi concetti agli spettatori: verremo tutti giudicati in base alle nostre azioni, dobbiamo dimostrare qualcosa, siamo stati scelti per un motivo e dobbiamo rendere il mondo migliore, quello che abbiamo ricevuto è un dono. Così è stato e a posteriori la direzione della serie era sempre stata verso questo momento, verso la realizzazione che essere buoni può veramente salvarti la vita o ridartene una. Verso la possibilità di essere felici e di avere un futuro per aver aiutato e perdonato il prossimo.

La carbonizzazione o la sopravvivenza dei passeggeri è stata la scena più forte del finale sia per la tanto agognata morte di Angelina, sia per la realizzazione del fatto che eravamo prossimi alla fine del viaggio. Michaela e Ben hanno radunato un piccolo mondo riportandolo sull’aereo 828 e Manifest lo ha fatto ritornare in volo. Abbiamo visto da occhi più consapevoli il desiderio di sopravvivenza, l’amore per la comunità e l’unione che una tragedia più creare tra sconosciuti. Queste sono le basi che hanno permesso a quel volo di atterrare sano e salvo tra una pioggia di metaforici applausi.

Ma perché questi applausi? Il pilota ha solo svolto il suo dovere

Questo è il momento in cui vi state ricordando di quella storia che girava su internet e non solo riguardo gli applausi che i passeggeri italiani fanno alla fine del volo, il tutto semplicemente per il fatto che l’aereo guidato dal pilota di linea sia atterrato sano e salvo. Applausi un po’ esagerati dato che si è svolto il minimo sindacale, bisognava far atterrare questo aereo e lo abbiamo fatto. Ma davvero ci meritavamo solo un atterraggio e un “vissero tutti felici e contenti”? No che non ci meritavamo solo questo! Il finale di Manifest è perfettamente in linea con la spiegazione logica che chiunque avrebbe dato alla sua trama, ma quando mai Manifest è “solamente atterrata”?

Nel corso delle stagioni abbiamo approfondito miti e leggende del passato, cimeli dispersi e diari da ricomporre, puzzle da risolvere e indovinelli con equazioni o mosse degli scacchi: ogni volta che la soluzione sembrava ovvia, ecco che appariva dal nulla quella svolta inaspettata e buttata lì che però ci teneva incollati allo schermo. Le costellazioni dei gemelli, il drago d’argento, il pavone nelle visioni, gli zaffiri e i collegamenti tra di essi. Abbiamo mischiato l’arca di Noè con reperti egiziani, fatto convergere religioni apparentemente scollegate e opposte in un unico filo logico (non sempre facile da ricordare, soprattutto dopo che spezzi una stagione in due), creato pareti intere di ragionamenti, collegamenti, miti, leggende, alberi, piume, argenti e zaffiri, passaggi della bibbia e il finale è “sono stati bravi, possono tornare nel passato e atterrare”

Abbastanza sottotono se proprio dobbiamo dirlo

La scena di “lotta” che non va oltre qualche frase a effetto contro un tristo mietitore abbastanza mal fatto non ci basta. E un tunnel bianco di certo non rende il tutto più chiaro. Nel senso: rende tutto letteralmente più chiaro, ma non come intendevo. È qui che torniamo in alto riproponendo qualcosa di già detto: la miglior scena di questo finale è stato il giudizio dei passeggeri. Vederli in bilico tra l’esplodere in un cumulo di cenere o combattere la loro morte con accanto persone che volevano loro bene è stato ottimo. Abbiamo visto la differenza finale tra la redenzione di Eagan e la disillusione di Angelina, l’amore tra Ben e Saanvi anche nel momento di disperazione più grande e vorremmo fare altri grandi esempi, ma la scena mostra quelle e poco più.

Capiamo la voglia di non monopolizzare la puntata e rallentare il ritmo, ma era il giudizio che aspettavamo da sempre. E soprattutto: serviva qualcos’altro. Ora vi starete chiedendo: che cosa? Beh, non lo so. Per quattro stagioni io, come tutti gli spettatori di Manifest, mi sono lasciato trasportare da collegamenti a cui mai sarei arrivato e mi sono lasciato cullare in questo mix di culture e religioni senza preoccuparmi troppo di dover anticipare la prossima scoperta. Eppure questo finale ci sta stretto, perché così tante domande sono rimaste irrisolte e dopo tutti questi colpi di scena, abbiamo assistito alla conclusione più prevedibile di tutte.

Il finale di Manifest non è brutto

Il finale di Manifest è carino, ma non volevamo quello. Né avremmo voluto un finale “bello” e basta. Avremmo voluto affrontare un’altra scoperta, ritrovarci a vedere l’ennesimo plot twist che non avremmo mai potuto anticipare: questa volta con i Maya o magari le leggende Vichinghe. E lo diciamo con la più totale serietà: Manifest fondava il suo punto di forza in questa pazzia. Questa complicatissima tela del ragno dove ogni cultura del mondo convergeva alla salvezza dello stesso, seppur con alcune forzature. Non abbiamo mai cercato il pelo nell’uovo, la parola tradotta non in modo esatto o la verosimiglianza di certe fonti.

Manifest era bello perché non sapevamo cosa ci saremmo trovati davanti: era una serie tv che si divertiva a stupire e a rendere il tutto sempre più grande e rumoroso, divertente e confusionario. Non siamo più alla ricerca della scelta più ovvia, vogliamo vedere quella più improbabile che si ricollega in modo completamente sorprendente. Anche per questo nella recensione non abbiamo parlato di altre situazioni strane come il voler far partorire Drea senza che effettivamente i due avessero un momento con il figlio, o la mancanza di emozioni in quello che dovrebbe essere l’ultimo abbraccio tra Eden e Olive. Abbiamo amato Manifest con i suoi difetti e ci sono sempre andati bene, quello che è difficile ora è amarla sapendo che si è conclusa con un difetto non suo, diventando qualcosa che non è mai stata.

Nel dubbio la prossima volta che atterreremo a bordo di un aereo ci penseremo una volta in più prima di applaudire. O forse no. Dipende da quale culto riesce a trovare la leggenda più bella riguardo ai battiti di mani.

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