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Fear Street 1978 – La Recensione di un secondo capitolo che non lascia il segno

Fear Street Parte 1 aveva buttato delle grandi basi per la trilogia che si sta rendendo protagonista dell’estate Netflixiana. I cliché – nel primo capitolo – sono stati usati perfettamente perché come avevamo detto qui, a volte riescono a essere un vero e proprio punto di forza della narrazione se domati bene. La storia fluiva su due margini: splatter e terrore. In entrambi i casi le soddisfazioni e il piacere di vedere un horror sono arrivate e questo anche grazie alle diverse citazioni che abbiamo incontrato durante lo svolgimento della pellicola. Siamo passati da Scream a Venerdì 13 per poi venire capovolti dentro il mondo di Stranger Things da un punto di vista stilistico: ottime premesse, dunque, per gli altri due capitoli della saga. Eppure, eccoci qua decisamente più scontenti e delusi da Fear Street 1978.

Il secondo capitolo è arrivato dopo un inizio che ci aveva convinto non poco, e ha dovuto i conti con il peso delle aspettative. Oggi, il rimpianto della seconda pellicola della saga, è quello di non aver saputo reggere il paragone con la prima.

Fear Street 1978

La trama delle tre pellicole sarà un vero e proprio viaggio narrativo all’interno della cittadina di Shadyville. I due protagonisti del primo capitolo si recheranno dalla superstite che, nel 1978, è riuscita a scampare a quella tragedia che ancora oggi mieta vittime senza mai fermarsi. Grazie all’incontro tra i tre facciamo un passo indietro nel passato ritrovandoci in un’estate degli anni 70 che altro non sarà che vittima di un massacro, un’ennesima catastrofe per la cittadina. Con Fear Street 1978 abbiamo, a differenza della prima volta, due obiettivi: scoprire la storia e il suo passato e vivere un nuovo punto di vista della storia. In un certo senso, il film aveva le carte in regola per farcela anche stavolta, ma qualcosa – purtroppo – è andato storto.

Da sempre i penultimi capitoli – o in generale i sequel – spesso scontano le cause di essere tali. Perennemente messi a paragone con la prima prova, hanno due ostacoli da superare: non possono essere troppo simili, altrimenti si rischia la percezione – da parte del telespettatore – che si stia cercando di copiare la prova riuscita, e non possono – al tempo stesso – staccarsi troppo perché altrimenti l’essenza naturale del film – che è stata la sua fortuna – potrebbe perdersi. Il trucco, sostanzialmente, è riuscire a stare nei binari imposti nel primo capitolo riuscendo a dare a tutto un equilibrio che non copi ma rinnovi tutto quello che abbiamo visto. E Fear Street 1978 che fa? Lo invecchia.

Ciò che era presente nel primo capitolo adesso ci viene presentato in modo decisamente più lento, più avventuriero. Nonostante l’horror sia presente e alcune scene citino ancora il cult Venerdì 13, Fear Street decide di voler stare quasi un passo indietro. In un certo senso si potrebbe dire che la seconda pellicola della trilogia è ben consapevole che i secondi film siano (per la maggior parte) un collant e non sembra pretender di voler fare eccezione. Si, il primo a non prendersi troppo sul serio è il film stesso.

Fear Street 1978

È un po’ quello che diciamo ai nostri amici ogni volta che patiscono pene d’amore o situazioni simili: se non ti ami tu, cosa puoi pretendere che ti amino gli altri? Ed è proprio questo ciò che diciamo al secondo capitolo. Se il primo a non prendersi davvero sul serio è lui, come avremmo mai potuto farlo noi?

Chiariamoci: non è un prodotto scadente, ma superfluo. Serve a raccontare un’altra storia con una nuova data e un contesto diverso, ma lo fa quasi apaticamente. L’identità, in questo caso, non è presente, non è neanche lontanamente costruita. I personaggi fanno a gara tra loro per avere un buono spazio nella storia, ma nessuno sembra davvero meritarlo. Anche la protagonista – proveniente direttamente da Stranger Things – non convince pienamente. La sua essenza è, purtroppo, un misto di cliché usati male e con troppa forzatura e questo non fa altro che distaccarci ancora di più dal nuovo capitolo che abbiamo di fronte. Il resto dei personaggi le gravita attorno cercando di accaparrarsi una personalità che riesca a non stare ai margini della storia, ma il tentativo fallisce già a metà film. Li vediamo morire e la cosa non ci tocca a differenza dell’esperienza precedente. Vero, l’altra volta abbiamo dovuto constatare che, nonostante il buon lavoro, le essenze dei personaggi fossero deboli, ma almeno in quel caso la sceneggiatura e la storia salvavano tutto il resto. In questo nuovo specifico caso, invece, nulla si salva facendo diventare il problema dell’apatia dei personaggi un problema non da poco. In un certo senso, se nel primo film si nascondeva la polvere sotto il tappeto, in questo il tappeto si toglie e si vede tutto.

Fear Street 1978 chiude la vicenda d’inizio e di mezzo aprendo le porte verso un finale che solo qualche giorno fa aspettavamo con trepidazione e alte aspettative. Dopo questo risvolto siamo po’ scarichi, decisamente più diffidenti nei confronti delle sorti dell’epilogo della storia. Vi anticipiamo che faremo un ennesimo passo indietro catapultandoci negli anni 60, e mai come adesso speriamo che questo passo indietro sia solo temporale e nulla di più. Se volete stupirci, è il momento giusto.

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