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Better Call Saul – 5×07: Il piccolo principe di Vince Gilligan

La recensione della 5×07 di Better Call Saul è il viaggio nei tanti universi che ogni personaggio si è costruito.

“Frequento mondi che non puoi neanche immaginare”

Saul a Howard, 5×07 di Better Call Saul

Nell’universo di Better Call Saul esistono molte terre. Su ognuna di esse sta assiso un personaggio, tanto buffo quanto intrigante. Si tratta di vanitosi, imbroglioni, ubriaconi e uomini d’affari. Ognuno padrone e schiavo del suo mondo, del suo modo di stare a quel mondo e illudersi di essere importante.

Vince Gilligan vaga in un deserto, nel suo deserto personale. C’è caduto diversi anni fa quando quella sabbia del New Mexico, “color del miele“, l’ha risucchiato. Là, in quel vuoto, in quell’assenza pesante, ha incontrato un curioso ometto che veniva da un lontano asteroide. Jimmy McGill ha iniziato a parlargli, a raccontargli una storia. Una storia fatta di strambi individui a cui ha fatto visita durante il suo viaggio.

Jimmy

Gilligan ha deciso di ascoltare la storia del suo piccolo principe, di quell’uomo che prima che ne facesse la conoscenza non era che uno tra tanti, un avvocato istrionico e senza troppi scrupoli. Soltanto quando ha deciso di guardarlo da vicino ha scoperto in lui qualcosa di più. Saul si è animato, ha preso tridimensionalità e, nel suo racconto, si è rivelato affascinante e complesso.

Un principe senza sudditi, sperduto su un pianeta lontano.

Jimmy in Better Call Saul si aggira come un inesausto scopritore di mondi lontani, di regni sconosciuti, mosso solo dalla sua vivace ricerca. È in uno di questi pianeti che ha scoperto “Un uomo piccolo piccolo, in una bolla piccola piccola“. Indossa abiti eleganti e ciò a cui tiene di più è la propria reputazione. Howard è un vanitoso: per questo il piccolo, dispettoso principe lo punisce accanendosi proprio su ciò che ha di più caro, i simboli di quello status che tanto venera: gli distrugge la costosa auto e lo infanga in un pranzo di lavoro.

Better Call Saul

Non c’è possibilità che Jimmy possa accettare di vivere nella bolla con il vanitoso, nel “palazzo” di un potere troppo formale per non risultare opprimente. E così Saul si allontana velocemente dal tronfio Howard e dall’HHM, un mondo d’avvocati troppo stretto per le sue tasche. Un altro pianeta lo aspetta già. Più che un pianeta è una piccola casa in cui un vecchio ubriacone si compiange. Beve, perché si sente in colpa per essere un bevitore. O meglio, fa del male, perché -che paradosso!- si sente in colpa per il male che ha fatto.

Mike -questo è il suo nome- ha perso suo figlio, un ragazzo troppo integro in un mondo di corrotti. Perciò il vecchio ubriaco tenta di autodistruggersi, perpetrando la colpa verso suo figlio. La colpa della disonestà. Si cala sempre più in un mondo di dannati accettandosi per quello che è ed è sempre stato. Il vecchio accoglie il piccolo principe ma neanche in questo mondo Saul si riconosce.

A lui piace viaggiare.

A lui piace saltare da un pianeta all’altro, da un mondo di crimini a uno di giustizia. Da uno di raggiri e furbizia a uno di onestà. In uno dei suoi balzi lo vedremo finire da Gus, un uomo d’affari che conta tutte le stelle che possiede. Per lui perdere anche solo una stella, anche solo un ristorante, è un peso insopportabile. Perché sopra ogni cosa per Fring c’è il potere. Sa e accetta questa sua natura: lui è colui che è. Non può né vuole farci nulla. Il ricordo di Max (“Dedicado a Max“), del suo amore, è ormai naufragato in una scalata che esige vendetta. Tanto lui quanto Mike infangano la purezza delle persone care corrompendosi nel potere che hanno scelto di abbracciare.

Gus Fring
Il gesto di allentarsi la cravatta richiama il gesto del “suo” finale in Breaking Bad

Sono soli, in pianeti senza abitanti, padroni di tutto e del nulla. Jimmy guarda a loro, guarda a Lalo, al Cartello, al mondo del crimine e pensa al suo amore che, come una rosa, ha provato a inaffiare come ha potuto. Kim, per lui, non è ancora ricordo: è immagine vivida che abita là, nel suo piccolo asteroide, quello da cui ogni mattina parte per far visitare ad altri mondi.

A quell’asteroide vuol fare sempre ritorno la sera per prendersi cura della sua amata. L’uno non può fare a meno dell’altro. L’uno è responsabile dell’altro. Il loro matrimonio è l’unione disperata di chi cerca l’estrema resistenza dai pericoli esterni. Un paravento per la rosa del loro amore. Un giorno, però, Jimmy diventerà Gene, perso in un deserto, lontano da tutti, anche da sé stesso. Al suo fianco ci sarà solo Vince Gilligan che diligentemente disegna ogni racconto, ogni memoria del Saul che fu.

Jimmy parla a Vince.

Gli racconta di aver avuto due anime che si specchiavano in un contrappunto imperfetto. Guardava alla giustizia vera, alla disperazione di chi quella giustizia non l’avrebbe ricevuta, alle famiglie delle vittime, e provava rimorso. Poi il vuoto, il silenzio, e di colpo Saul Goodman: l’inarrestabile maschera che aveva deciso di scegliersi come volto. E il rimorso scompare. Da “JMM” a “JMM”, da “Justice Matters Most” a “Just Make Money”.

Better Call Saul

Jimmy e Saul a quei mondi di ubriaconi, vanitosi e affaristi non appartengono. Non del tutto. Vivono su un mondo tutto loro che non è né bianco né nero, ma un misto di colori che si accavallano senza sosta. Il loro asteroide ha un po’ di tutti quei mondi collassati in un’unica roccia, in un solo individuo che ne incarna ogni sfaccettatura.

Il piccolo principe di Vince Gilligan da quei mondi, da quegli abitanti non riceve una formazione “emotiva” come accade per il bambino tratteggiato da Antoine de Saint-Exupéry. Riceve solo il deserto, granello dopo granello. In quel deserto, alla fine, sprofonderà, dimentico anche di sé stesso. Il deserto morale di Gene, il grigio nulla della caduta dei potenti. Al suo fianco rimarrà solo il suo ritrattista: Vince Gilligan, unico, fedele ascoltatore di un personaggio che affiderà a lui la memoria di quello che fu: di Saul Goodman e di un piccolo, istrionico principe in viaggio tra tanti mondi.

Un saluto agli amici di Better Call Saul – Italia

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