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Narcos 3×01 – I mille occhi del male

Serie Tv
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Uno dei tanti aspetti positivi delle prime stagioni di Narcos è che questa Serie Tv riusciva a farti affezionare al protagonista, dipingendolo allo stesso tempo per il mostro che è. Non potevi liberarti facilmente di Pablo Escobar, una volta finita la Serie. E Narcos stessa non si è liberata di Pablo Escobar.

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Il suo fantasma aleggia ancora per le eleganti ville dei signori del cartello di Cali, che festeggiano la sua morte e guardano al futuro con ottimismo. Sono molto diversi da Pablo, i “gentiluomini di Cali”, come ci tengono a essere conosciuti: agiscono nell’ombra, pur brillando di una luce che il vecchio Escobar non aveva mai avuto veramente, la luce riflessa del potere vero, i politici, che corteggiano e con cui scendono a patti, complice la polizia locale connivente. Politici che vengono presi anche come esempio, come fa Gilberto Orejuela nel suo discorso al direttorio del cartello, citando la carriera criminale del patriarca Kennedy, arricchitosi grazie al contrabbando di alcool e progenitore dei futuri padri della nazione: se lo fanno loro, possiamo farlo anche noi. E non serve avere la sfera di cristallo per sapere che arriveranno molto in alto, prima che qualcuno riesca anche solo a solleticargli i piedi.

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Sono molto diversi da Pablo, i gentiluomini di Cali: sono un’Idra a più teste, che rispondono allo “Scacchista” Gilberto, uomo di bassa statura ma di finissimo intelletto criminale. Sono un mostro mitologico che vigila sull’obbedienza della popolazione e sull’indifferenza della polizia tramite i suoi mille informatori, che rendono pressoché impossibile comunicare con l’esterno, o far girare le notizie, senza che uno dei mille occhi veda o uno dei mille orecchi ascolti.

Non indossano la maschera della virtù, i gentiluomini di Cali: diversamente da Pablo, non fingono di interessarsi al riscatto dei poveri. Fanno affari, e come nel più elementare e primitivo istinto dell’uomo, vogliono prosperare. Il loro giro d’affari fa pensare che le stranezze e le concessioni di ricco stravagante di Pablo fossero solo giochetti da ex bambino povero: un miliardo speso all’anno solo per pagare gli occhi che guardano e le orecchie che ascoltano, e la sicurezza che può concedersi solo chi sa rendersi amici i nemici, perché sa che al momento di invertire i ruoli sarà sempre e comunque peggio per l’altro.

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È una puntata sostanzialmente introduttiva, questa, perché le cose sono cambiate: è Peña, ora, l’Io narrante della storia. Un personaggio che si ritrova addosso lo scomodo peso della celebrità, fardello insopportabile per un poliziotto, e un compito di mitologica difficoltà: affrontare l’Idra a mani nude, decapitare le sue decine di teste e deporle ai piedi del nuovo presidente della Colombia, che si intuisce già essere di tutt’altra pasta rispetto all’onesto e inflessibile Gavìria.

Ma nonostante il ruolo introduttivo, questa puntata ci regala sulla fine un’inaspettata escalation di violenza ricoperta di velluto, un massacro sulle soffici note latine, come solo Narcos sa fare: l’esecuzione, in puro stile Santa Inquisizione, di alcuni affiliati rei di aver parlato un po’ troppo liberamente dei capi di Cali, ad opera del sicario del cartello Pacho Herrera, affascinante, psicopatico e dichiaratamente omosessuale. Un personaggio che, già sappiamo, ameremo odiare.

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Chi non ha bisogno del nostro amore (perché ce l’ha già), è invece il nostro Peña: uomo nuovo solo all’apparenza, incarna allo stesso tempo il poliziotto buono e quello cattivo, il farabutto e l’uomo d’onore, e con la sua presenza saprà sicuramente riempire il vuoto lasciato da Boyd Hollbrook (non presente in questa stagione di Narcos). Peña prova a ricominciare, ma è solo un’illusione: attirato dal pericolo, incapace di rinunciarvi come non riesce a separarsi dalle sue amate sigarette, la mischia lo chiama e stavolta probabilmente lo risucchierà definitivamente.

Perché guardare due volte in faccia il male non è possibile, non è possibile continuare a vivere dopo che, ad ogni sguardo, il male ti toglie qualcosa. Non si può guardare in faccia un male che ha mille teste, mille occhi capaci di ipnotizzarci, ricattarci, mille braccia per farci a pezzi. Forse Peña ha meno da perdere di  Jorge Salcedo, il riluttante capo della sicurezza del cartello di Cali, che cerca di tirarsi fuori dall’occhio del ciclone prima che questo risucchi lui e la sua famiglia. Forse è vero che, se da perdere hai solo te stesso e la tua solitudine da poliziotto, è giusto che tu ti faccia scudo per chi da perdere ha tutta una vita di affetti; ma chi pagherà il prezzo più alto saranno sempre

i nostri figli, e i figli dei nostri figli,

come il Boss dei Boss insegna.

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