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Chi è Tex Watson, visto in Mindhunter

In molti lo vedono come un comprimario, una comparsa sullo sfondo nascosta dall’ingombrante figura di Charles Manson. Ma chi era in realtà Tex Watson, il crudele omicida di Mindhunter?

Charles Denton Watson Jr., conosciuto però da tutti come Tex, nasce il 2 dicembre 1945 a Farmersville, in Texas. Contrariamente al prototipo del classico serial killer, Tex non ha un’infanzia difficile. Il più piccolo di casa, viene coccolato, va molto bene a scuola ed è un ragazzino molto religioso. Da Farmersville, la famiglia Watson si trasferisce a Copeville, un paesino ancora più minuscolo che non raggiunge nemmeno i 200 abitanti.

Tex è sveglio, intelligente e uno studente modello, ma non solo: è un campione in molti sport, tra cui football, pallacanestro e corsa.

All’Università, si iscrive a una fratellanza e il ragazzino cresciuto in un paesino del Texas inizia a darsi alla pazza gioia. Partecipa alle feste organizzate dalla sua confraternita, beve e si dà alle droghe. Sono gli anni ’60 d’altronde, chi non lo fa?

Solo che questo nuovo stile di vita, così diverso da quello che ha conosciuto fino a quel momento, finisce per distrarlo troppo dal suo corso di studi e Tex finisce per abbandonare l’Università. Forse quella non è la sua strada e, dopo aver assaporato i piaceri della vita mondana, tornare a concentrarsi sulle cose serie non è così semplice. Trova lavoro come addetto ai bagagli in un aeroporto, lavoro che gli consente, tra i maggiori premi, di ricevere biglietti di volo gratis. In poco meno di due mesi, si reca in California otto volte, a trovare un amico della confraternita, David Nelle, che vive là.

Il passo da qui a stabilirsi in via definitiva a Los Angeles è breve.

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Inizialmente si iscrive all’Università della California, ma si ritira ben presto, per vendere parrucche.

Una sera, rincasando, dà uno strappo a un autostoppista. Nella California degli anni ’60 quello dell’autostop non è un fenomeno così raro, anzi, è il principale mezzo di locomozione dei giovani.

E non solo, perché il ragazzo che sale sulla macchina di Tex, quella sera fatale, è Dennis Wilson, membro dei Beach Boys.

Dato che questo non è un autostoppista qualunque, i due fanno amicizia e Dennis invita Tex a casa sua, nella sua faraonica villa sulla Sunset Boulevard, nella zona di Pacific Palisades di Los Angeles.

La casa è animata, c’è una festa e l’attenzione di Tex viene subito attirata da un ragazzo che, seduto per terra tra cinque o sei ragazze, strimpella una chitarra.

“Alzò il viso e la prima cosa che provai fu una specie di gentilezza, un avvolgente sentimento di accettazione e amore”.

Quell’uomo è Charlie Manson.

Si sballano insieme e, da quel momento, Tex è legato a Charlie in maniera indissolubile. Eppure non sono le droghe ad attirarlo verso di lui:

“Eccomi lì, accettato in un mondo che non avevo mai neppure avuto modo di sognare, del tutto a mio agio. Charlie mormorava in sottofondo qualcosa riguardo all’amore, a trovare l’amore, al concedersi all’amore. Di colpo mi sono reso conto che era questo ciò che cercavo: l’amore. Non che i miei genitori, mio fratello e mia sorella non mi avessero amato, ma, in qualche modo, quel tipo di amore non contava. Volevo l’amore di cui sentivo parlare nelle canzoni – quel tipo di amore che non ti chiedeva nulla in cambio, che non ti giudica per quello che sei, che non fissa regole”.

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Ford e Tench in Mindhunter

È il senso di comunità, di fratellanza, di accettazione che irretisce Tex e lo fa letteralmente cadere tra le braccia di Manson.

Questo, unito al bizzarro comportamento del “capofamiglia” e all’uso smodato di LSD, creano una disfunzionale famiglia allargata, a metà tra una comune hippie e una banda di criminali organizzati.

In Mindhunter le due figure di Tex e Charlie sono legate ed è inevitabile.

Nel novembre del 1968 Tex si unisce alla famiglia Manson allo Spahn Ranch, un pittoresco e malandato set cinematografico ormai abbandonato. È qui che Tex riceve il proprio soprannome, perché l’anziano proprietario del ranch, ormai mezzo cieco, riesce immediatamente a identificare l’accento texano del ragazzo.

Si è molto parlato di come Charlie Manson sia riuscito a esercitare un potere simile su tutti quei ragazzi: pronti a uccidere, morire per lui, pronti a pagare il debito delle sue ideologie, a credergli ciecamente. Molto probabilmente, una serie di fattori ha giocato un ruolo fondamentale in quella situazione: menti deboli, ragazzi giovanissimi, influenzabili, un leader carismatico, il miraggio dell’amore libero, le droghe, un nuovo culto ai limiti del religioso, lo spauracchio di una guerra civile, la rivoluzione razziale…

Tutto questo porta alla notte del 9 agosto 1969, quando Tex, insieme a Susan Atkins, Patricia Krenwinkle e Linda Kasabian irrompono nella villa di Sharon Tate e Roman Polanski. Il regista è via, a Londra per lavoro. L’attrice, incinta di otto mesi, è con degli amici che le sono andati a tenere compagnia negli ultimi giorni di gravidanza.

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Il resto è – macabra – storia.

Lo notte successiva tocca a Leno e Rosemary LaBianca, massacrati dal gruppo responsabile dell’omicidio Tate, a cui si uniscono Leslie Van Houten e Steve “Clem” Grogan.

Tex lascia il ranch il 2 ottobre 1969 e scappa in Texas, dove viene arrestato il 30 novembre. Viene estradato in California, e dopo l’arresto, smette di bere e di mangiare, finendo in uno stato semi-catatonico. È comunque giudicato in grado di subire un processo.

Riceve la condanna a morte, ma in California non si pratica più e finisce quindi in carcere a vita.

In prigione, trova il tempo di scrivere libri, sposarsi, fare 4 figli (tre maschi e una femmina) concepiti durante le visite coniugali, divorziare e chiedere il rilascio in libertà vigilata ben 17 volte. Gliela rifiutano altrettante, grazie a numerose petizioni firmate da più di 80.000 persone, capeggiate dalla madre di Sharon Tate, Doris e dalle sorelle Patricia e Debra.

È tutt’ora detenuto nella prigione di San Diego, a pochi chilometri dal confine col Messico.

In Mindhunter Charlie Manson ruba la scena, ma Tex Watson è impossibile da dimenticare.

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