Cuando el telecote canta, el indio muore
Quando il gufo canta, l’indio muore. Un antico proverbio messicano espleta alla perfezione la simbologia legata a questo enigmatico volatile che dà il titolo alla terza puntata di Mayans M.C.. Nelle culture mesoamericane, infatti, il gufo rappresenta la morte e altri presagi nefasti. Come al solito però ci troviamo di fronte a un significato ambivalente che lascia intendere la dualità del bene e del male. Abbiamo già visto nella scorsa recensione (la trovate qui) come questo doppio significato possa aprire a interessanti interpretazioni, ora lo troviamo accentuato ancor di più.
Un gufo sopraggiunge al covo dei ribelli, come un oscuro presagio. Gli emissari del diavolo stanno giungendo per esigere la loro tremenda vendetta. Forsennati, famelici, implacabili si avvicinano al punto in cui potranno dare sfogo alla loro sete di sangue. Sanno che ci saranno diversi bambini, ma è solo un altro pretesto per chiudere la faccenda per sempre. Il rombo delle loro auto spaventa e mette in subbuglio chi si trova sul luogo sorvegliato dal gufo. Ma al loro arrivo i diavoli troveranno uno specchietto per le allodole, un messaggio ad aspettarli. Su un teschio messicano viene scritto il nome del figlio di Galindo. Questi piccoli manufatti hanno molteplici significati, spesso viene utilizzato per intimorire il nemico dando sfoggio della propria superiorità. Ed è proprio questa l’intenzione della combriccola dei ribelli: mettere paura a El Diablo.
Il gufo però è un emissario del male e in questa puntata di Mayans M.C. è difficile capire chi non lo sia.
I traditori sono ovunque. Sono tra i cinesi, sono tra i membri del club, sono tra le file di Galindo. Nessuno si fida di nessuno e persino tradire diventa arduo in questo marasma di infamia. Angel cerca disperatamente di districarsi in questo labirinto infernale ma subisce sempre lo stesso sgarro: arriva a un punto in cui crede di aver sistemato le cose ma sul più bello viene colpito dalla contromossa del diavolo. Il problema è che ora il suo operato sta man mano perdendo quell’effetto sorpresa che gli ha permesso di agire indisturbato finora. Marcus Alvarez e il suo braccio destro cominciano a sentire puzza di bruciato, hanno capito che il traditore è tra loro, ed è solo questione di tempo prima che esso abbia un volto.
Ezekiel fa parte di questo gioco ma fa a botte in continuazione coi suoi ricordi che sembrano riaffiorare per sbattergli in faccia la ciclicità di una vita come la sua. Infatti non può sottrarsi alla malinconia di una giornata strana o davanti l’allarmante peso delle stesse parole pronunciate da due persone diverse a distanza di anni (I’m a cop). Come abbiamo visto anche in Sons of Anarchy è impossibile scapparne.
Jax ha provato a scappare dalla vita cui il padre non voleva intraprendesse, Miguel dovrebbe farlo ma è troppo tardi, Ezekiel è l’unico che può ancora salvarsi.
Tutti e tre i personaggi agiscono (o hanno agito) con una benda sugli occhi metaforica pretendendo di non incappare nelle tragedie già vissute. Ma è da stolti ripetere sempre le stesse cose sperando di ottenere risultati diversi, ed è qui che entrano quindi in gioco le scelte drastiche. Queste sono l’unico mezzo per troncare con il passato e cercare la redenzione. Quella scelta drastica che sembra prendere sempre invece Marcus Alvarez. Lui è diretto, spigliato, a volte brutale ma è l’unico che pare mantenere intatto il suo equilibrio. Silenzioso e letale, il Padrino dei Mayans agisce indisturbato da anni senza che nessuno provi a intaccare il suo potere.
È vero che tra i suoi si annida il capo di una comitiva di traditori ma persino loro lo fanno, o credono di farlo, per il bene del club.
Dunque è potentissima l’ambivalenza del significato dell’animale scelto come Totem dell’episodio, come fu per lo scorpione e il cane prima di lui. Il gufo è il messaggero del male associato con il nome Moan alla morte nella cultura Maya. Facendo il solito paragone, che oramai contraddistingue le nostre recensioni di Mayans M.C., con la cultura cristiana, possiamo trovare varie assonanze e dissonanze. Seppure nella Bibbia e nelle credenze cattoliche il famelico rapace è quasi sempre sinonimo del male, spesso e volentieri assume simboli positivi. Infatti può può rappresentare la saggezza, l’abbondanza e la ricchezza. Ma queste nobili allegorie non possono comunque deviare da quella che è la sua metafora più significativa.
Il gufo è una delle sembianze che Satana assume con più piacere.
Isaia profetizzò che la terra di Endom sarebbe divenuta una landa desolata in cui “il corvo e il gufo vi avrebbero fatto dimora“. Il primo di questi è una presenza ricorrente nella simbologia delicata di Sutter e ne abbiamo visto uno venire sbranato nel pilot da un perro (cane). Già abbiamo analizzato cosa quella scena potesse significare e ci siamo soffermati ora su ciò che il gufo può rappresentare: il diavolo. El Diablo Galindo ha occhi dappertutto e ora anche all’interno dei suoi nemici. Ha degli alleati che vengono rinchiusi in un simbolico patto imprescindibile attraverso il sangue e la sofferenza disposti a mimetizzarsi. Come Angel anche Los Olvidados ora non potranno più contare sull’effetto sorpresa. La battaglia diventa sempre più equilibrata.