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In Kidding abbiamo visto L’idiota di Dostoevski

Kidding ci ha messo di fronte a un personaggio originale, eppure già noto, per altri versi, nel panorama letterario mondiale. L’idea che muove Michel Gondry, regista e produttore di Kidding, è mettere in scena un uomo totalmente buono che interagisce in un mondo a tratti brutale e insensato. Jeff Pickles è l’incarnazione della bontà assoluta, di una bellezza che vuole salvare il mondo. Ma, in questo mondo, nel nostro di mondo, Jeff è nient’altro che un idiota. Risulta stucchevole, passivo, represso. Attorno a lui la realtà si agita, il dolore si espande ma lui sorride.

Jeff, più che un uomo, è l’idea di un uomo.

Una figura totalmente buona, come detto. La stessa idea di uomo ha animato nella sua straordinaria originalità il principe Myškin nel capolavoro di Fëdor Dostoevskij dall’emblematico titolo L’idiota. L’autore russo era da tempo ossessionato dall’idea di “raffigurare un uomo assolutamente buono“. Oberato di debiti e in esilio forzato, Dostoevskij iniziò la stesura dell’opera nel 1867 completandola due anni dopo.

Catapultò il suo protagonista nel mondo del presente, nella Russia in fermento e tra i cinici del suo tempo. Nella nobiltà fatta di convenzioni e fondata sull’apparenza. Il risultato fu iperbolico. Ne uscì un personaggio malato, assurdo nella sua bontà, ridicolo agli occhi di tutti o quasi. Il principe Myškin carica su di sé il peso del mondo e ne restituisce un sorriso, costante, reiterato e per questo stridente, stonato.

Kidding

È lo stesso sorriso assurdo e disperante di Jeff in Kidding. L’uomo sorride al mondo, al pubblico, alla sua famiglia. Ha subito una tragedia immane ma sorride. In quel sorriso c’è qualcosa di ebete e assurdo. C’è l’infantilismo che Mr. Pickles condivide col principe Myškin: la loro totale ignoranza del mondo e delle sue dinamiche. Entrambi si crogiolano nell’idea di una “bellezza che salverà il mondo” che non esiste. Che è solo ideale aberrante di fronte al male e al dolore.

Eppure entrambi sono amati.

La loro goffaggine, l’incapacità di stare in società sfocia in un’accettazione paradossale dei loro atteggiamenti. Il principe Myškin in una circostanza formale tra l’alta nobiltà russa si infervora in un discorso e manda in frantumi un prezioso vaso. Cala il silenzio. Ma quando tutti si accorgono che il colpevole è il principe la reazione unanime è l’accettazione, il sostegno e il ridimensionamento della gravità dell’incidente. Tutto si conclude in una risata.

Ecco, Jeff e Myškin sono amati perché espressioni di una bellezza assoluta e pura che noi tutti non possiamo trovare altrove. Nulla di ciò che fanno può essere malizioso o intenzionalmente malvagio. Come Cristo sono salvatori. Portatori di un universalismo irreale. Nel corso di Kidding ci accorgiamo di quante persone hanno trovato forza nel programma di Jeff. La loro salvezza personale e la riconquista dell’autostima è passata dalla visione di un programma per bambini, puro e positivo.

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Sono considerati Idioti, perché non vedono il mondo che hanno davanti. Idioti perché incapaci di atteggiamenti adulti e maturi, comportamenti convenzionali e socialmente normali. Ma entrambi sono pure accettati e anzi esaltati. È quanto accade anche a Chance Giardiniere, il protagonista del capolavoro cinematografico Oltre il giardino. Un individuo analfabeta e ritardato che a sua totale insaputa arriverà ai vertici del potere tramite una serie iperbolica di equivoci senza fine. La sua semplicità, la leggerezza mentale, conquisterà tutti e lo imporrà nel gotha economico mondiale. Nel finale, con un’immagine fortemente onirica, Chance arriverà a camminare sulle acque come un novello Cristo.

Chance, Jeff e Myškin sono degli outsider.

Sono espressione di quel bisogno interiore di ognuno di noi di sapere che tutto andrà bene. Che ogni cosa si ricomporrà. E che a questo mondo esiste il bene e la bellezza assoluta. Siamo naturalmente portati a esaltarli quanto incapaci di seguirli. Li amiamo pur conoscendo segretamente la loro idiozia. Ironicamente e tragicamente, però, queste figure sfuggono inevitabilmente all’amore. Le persone che più hanno a cuore sono anche le uniche che vedono in loro l’ipocrisia.

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Aglaja ama Myškin ma nello stesso tempo prova un’inesausta rabbia nei suoi confronti. Non ne può tollerare gli atteggiamenti, la stupidità e la leggerezza. Non riesce ad accettarne la bontà assurda che lo porta fino alla sottomissione. Come Cristo, il principe pone costantemente l’altra guancia ai profittatori. Aglaja, fervente come ogni giovane, proverà a cambiarlo, a ridestarlo da un torpore dell’animo. Lo scuoterà per cavarne una reazione.

Lo stesso faranno i familiari di Jeff: il figlio Will, rabbioso e ostile alla remissività paterna, e l’ex-moglie Jill che intimamente lo accusa della sua apparente indifferenza di fronte alla morte di Phil. La bontà, in Jeff come in Myškin, nasconde in realtà un’anormalità. Un’incapacità di affrontare il dolore e reagire a quel dolore. La loro idiozia è nient’altro che questa.

Per entrambi l’esito sarà disastroso.

Jeff esploderà in una rabbia troppo a lungo soppressa di fronte all’idea assoluta ma irraggiungibile di bontà e sensatezza della vita. Per il principe Myškin vorrà dire ripiombare nella pazzia perdendo definitivamente ogni contatto con la realtà. La stessa alienazione che vediamo nell’immagine finale di Kidding con Jeff catapultato nelle sue confortanti fantasie, in un mondo irreale in cui gettarsi da una cascata è semplice e privo di rischi.

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Myškin per la smodata e folle idea di bontà seguirà Nastas’ja, una donna che non ama ma che necessita di aiuto. Nel farlo sacrificherà se stesso e soprattutto l’amore di Aglaja. E si rivelerà per quello che realmente è: un Idiota. Anche Jeff in Kidding rinuncia ad amare nel momento stesso in cui rinuncia a soffrire. Ma anche quando, infine, prova a confrontarsi con la sofferenza e la rabbia si dimostra incapace di affrontare questi sentimenti.

Dostoevskij e Gondry sanciscono così l’esito inevitabile per i loro personaggi. La distanza incolmabile che separa l’uomo da Cristo e che lo condanna al fallimento e all’annullamento di sé. Se Cristo nella morte aveva trovato piena affermazione della sua missione salvifica, Jeff e Myškin approdano al naufragio e alla pazzia. È questa la distanza, incolmabile e sconfortante tra l’idea di bene e il mondo. Tra Dio e l’uomo.

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