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Kidding: il disfacimento di un uomo gioioso

Kidding, favola dolorosa e profondamente umana, è una storia sulle perdite, sulla consapevolezza e sulla responsabilità. Tutto questo universo emozionale da cui rimaniamo inevitabilmente avvolti viene rappresentato da un Jim Carrey che dà vita al protagonista dello show, Jeff Piccirillo, meglio conosciuto come Mr. Pickles, la star di un popolarissimo programma per bambini dove conversa con pupazzi e marionette. Quelle marmotte di peluche, le bolle di sapone o i barili paracadute però non servono a indorare la pillola. Anzi, sottolineano quanto sia vero il dolore dei personaggi alle prese con quel gomitolo ingarbugliato che è la vita. È nel suo mondo di fantasia, quello in cui si rifugia quando le cose vanno a rotoli, dove se si cade da una cascata non ci si fa male, che Jeff affronta ad esempio il suo divorzio, rendendo universale un dolore personale.

Jeff è un adulto che non è cresciuto davvero, l’incarnazione di una bontà assoluta che non conosce cinismi, che spesso è stucchevole e che dimostra la sua incapacità di gestire il dolore. Eppure le sue lezioni sono così potenti ed eticamente piene da trasformarsi in una raccolta di dogmi. Niente di quello che esce dalla sua bocca può essere malizioso o cattivo. E in Kidding si vede quante persone hanno trovato in Jeff una sorta di salvatore, un nuovo Cristo sceso in Terra per mostrare il giusto cammino e riconquistare così quell’autostima persa da tempo. Il successo è tale che ogni paese del mondo si dota del suo Mr. Pickles autoctono, la cui azione è sempre subordinata a quella dell’originale. Diventa così fede, superando la TV.

Il mondo adulto però entra violentemente dentro la vita di Mr. Pickles in Kidding, squarciando il velo di Maya e mostrando la sua crudeltà più assoluta.

Kidding

Uno dei suoi gemelli muore in un incidente d’auto in Kidding e la sua vita cade in pezzi, implode in se stessa e viene risucchiata da un buco nero insaziabile. Tutto cambia e il divorzio di Jeff, appunto, è un ulteriore trauma che si riflette nel programma. Lui però è Mr. Pickles e non può permettersi di crollare. Come gli ripete incessantemente il produttore del suo programma, Seb, che è anche suo padre:

“Non sei una persona reale, sei l’uomo dentro al televisore: sei un brand consolidato”.

Per cercare di preservare un franchising da 112 milioni di dollari, Seb segue le logiche del marketing senza assecondare i dubbi e le incertezze del figlio. Jeff vorrebbe parlare della morte, insegnare ai bambini che fa parte della vita e come affrontarla. Ma come potrebbe pensare che gli venga dato il permesso? Insomma, oltre a essere un argomento terribilmente sconveniente, ci sono dei rating e degli ascolti da rispettare. Così Seb per controllarlo lo imprigiona nel suo show, nel suo personaggio, ordinandogli di tenere la fede e impedendogli di tagliarsi un solo capello. È come se Jeff fosse tornato a essere il trentenne Truman Burbank, chiuso di nuovo da Christof (simboleggiato da Seb) a Seahaven, quel mondo così bello da non sembrare vero. Solo che Jeff, a differenza del protagonista di The Truman Show, è consapevole della finzione dalla quale, purtroppo, non può scappare salendo su delle scale e aprendo una porta nel cielo.

Così tutti, dopo un anno dalla tragedia in Kidding, hanno avuto la possibilità di andare avanti e riprendersi. Tutti tranne Jeff, incatenato violentemente a Mr. Pickles, costretto a essere quella maschera in ogni istante della sua esistenza.

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Il conflitto tra Jeff Piccirillo e Mr. Pickles si fa sempre più intenso e lacerante. E così arrivano le prime crepe.

Inizialmente lo scontro è sfumato e Jeff, pur di rispettare il suo volto pubblico, trattiene dentro di sé il dolore. Nel suo programma canta, balla, parla, racconta le sue emozioni come se non fosse successo niente, ma la rabbia costantemente repressa cresce a dismisura dentro di lui, facendo emergere lati del suo carattere che cercava di dimenticare. Allora, mentre consiglia ai bambini e agli adulti di “evitare una parolaccia quando puoi usare una parola buona” (qui la classifica delle serie tv più politicamente scorrette), è proprio lui a infrangere il suo comandamento, scoppiando come mai gli era successo in precedenza. Perché si sa, se si lascia una pentola a pressione troppo sul fuoco, prima o poi questa esplode.

Jeff continua a sorridere al pubblico, alla famiglia, nonostante le tragedie che l’hanno colpito. Un sorriso che vuole cercare di vedere sempre il lato positivo di ogni cosa e la bellezza nel mondo, ideale in cui crede fermamente e a cui si aggrappa con tutta la sua forza. Però poi quel sorriso diviene sempre più forzato, sempre più triste, sempre più difficile da fare.

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Si trasforma piano piano in un santone ribelle, facendo sua la missione di salvare i bambini da quell’infanzia distorta dalla società e dai genitori, spesso divisi tra due mondi.

Per poterlo fare deve dare un taglio netto, spiritualmente e fisicamente. Quei capelli, emblema del suo personaggio e del suo brand milionario, spariscono: è arrivato il momento di dividere Jeff e Mr. Pickles, cercando di essere più il primo ma non abbandonando mai il secondo, soprattutto per i suoi “amici” bambini. Una scissione che avrebbe potuto farlo perdere totalmente, ma di cui invece aveva un disperato bisogno per ritrovare se stesso. Ringrazia i suoi sostenitori che non l’hanno abbandonato nel momento della trasformazione e crea un nuovo e bellissimo giocattolo per aiutarli e supportarli, sebbene Seb ne sia contrariato. Dimostrando ancora una volta la sua innata dolcezza.

Anche se la gioia sparisce dai suoi occhi che si fanno sempre più tristi, questo non gli fa perdere la sua tenera umanità. Sogna sempre, anche se gli incubi si sono impossessati della sua vita. Rimane gentile nel corso di Kidding, una gentilezza quotidiana, mai urlata e spontanea. La sua comprensione, poi, non conosce limiti. Lo porta a perdonare persino il creatore del suo dolore, riuscendo ad amare anche chi non ne è più capace, rimanendo sempre buono (qui il lato oscuro di alcuni personaggi buoni delle serie tv) nonostante non sia perfetto, nonostante il mondo sia un posto buio e tenebroso.

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