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Che alla fine il sorriso è una parentesi, se vedi bene

Kidding è una serie azzardata, una bizzarra combinazione di drama, commedia, tragicità e grottesco; è una serie sperimentale sotto ogni punto di vista, a partire dalle tematiche struggenti alla regia suntuosa. Kidding è anche il palcoscenico di un cast eccezionale, a partire da un inedito (ma per chi lo conosce davvero, nemmeno tanto) Jim Carrey, istrionico ideale in una parte cucita appositamente per lui. Quindi naturalmente ha avuto un responso di pubblico piuttosto altalenante, nonché una vita su schermo fin troppo breve. Si sa, trovare la combinazione giusta tra anticonformismo e tradizione, tra un prodotto sovversivo ma non troppo distaccato è sempre difficile.

Già dalla sua genesi, Kidding aveva tutte le carte in regola per diventare un’opera eccezionale e ha ancora tutte le possibilità di diventare un futuro cult. Ideata dal Dave Holstein di Weeds, si sviluppa grazie alla collaborazione tra Jim Carrey e Michel Gondry, già partner nel fenomenale The Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Lo sottolineiamo non a caso perché – che sia voluto o meno, Kidding ha moltissimo a che fare con la pellicola del 2004. Innanzitutto è un buon reminder per i detrattori che ancora si stupiscono di come Carrey sia riuscito a entrare nei panni di Mr. Pickles/Jeff Piccirillo, un personaggio profondo e tragico nel suo dualismo a dir poco ricco di complessità.

Kidding

Ma è soprattutto nello scheletro di queste due perle dell’audiovisivo che troviamo la somiglianza più importante, che non è copia quanto più omaggio alla complessità della vita. Come The Eternal Sunshine of the Spotless Mind, anche Kidding ha una struttura “a strati”, dove ogni livello e coperto da quello precedente e così via, fino a creare un denso strato di realtà (al plurale) che sfocano la verità. Joel usciva ed entrava nella sua vita con lo strumento di cancellazione, mentre Jeff Piccirillo lo fa attraverso lo schermo. Da questo punto di vista, Kidding è un meta-racconto, una storia nella storia, dove mentre noi osserviamo Jeff vivere il lutto di suo figlio, i telespettatori all’interno della serie osservano Mr. Pickles (alter ego e personalità pubblica interpretata da Jeff) vivere il suo programma.

Si sviluppa così una struttura rovesciata, dove i piccoli spettatori vedono la replica in negativo della vita vera: il Fantastico mondo di Mr. Pickles, la parentesi statica dove tutto è colori, gioia e felicità e dove il sorriso è sempre presente sul volto dell’uomo che non deve – non può – soffrire mai. Ma quando la cruda realtà irrompe con violenza nella vita di Jeff, la bolla in cui ha sempre vissuto si rompe e lui non riesce più a tenere separate le due entità, che si mescolano al punto da contaminarsi e contaminare la realtà che lo circonda.

Chi è allora, davvero Jeff? Il personaggio pubblico votato a una felicità artificialmente costruita o l’uomo imperfetto che vive una profonda tragedia privata? Si può essere entrambi?

“Più aspettiamo nell’affrontare questa cosa nel nostro modo speciale, più stiamo dicendo ai bambini d’America che quando gli succede qualcosa di catastrofico, devono solo fingere che non sia mai accaduto”.

L’uomo si chiede allora come sia possibile che tanta gentilezza venga ripagata dalla morte, a cosa serve tanto dolore. Lui stesso si scopre imperfetto, nel momento in cui una rabbia che non credeva di possedere si fa strada in lui, furia distruttrice che non capisce bene come usare. La prima regola che il suo Mr. Pickles insegna ai bambini è “sii sempre te stesso”, ma come fa lui a seguirla o insegnarla se non riesce ad accettarsi né ad accettare la triste realtà intorno a sé? Jeff comincia a comprendere che eliminare dalla propria vita tutto ciò che è male non solo è sbagliato, ma è fasullo perché non ti permette di capire come affrontare le difficoltà della vita, una volta che queste si presentano. Fingere che qualcosa non sia accaduto, non ti permette di andare avanti.

Cosa sta insegnando davvero, una realtà precostruita fatta solo di luci senza il risvolto delle ombre?

Kidding FRIENDS

Allora il sorriso di Mr. Pickles diventa una parentesi in un dolore sordo e apparentemente senza senso, che si fa strada negli occhi tristi che non seguono la curva delle labbra. Ma la bontà è qualcosa di innato e Jeff non riesce – suo malgrado – a farsi inghiottire completamente dal buio. Così continua a spargere luce con dolcezza, una luce un po’ più opaca ma mai spenta, che lambisce con dolcezza i suoi spettatori. Cerca di instillarci pure un po’ di realtà, però, è questo non può essere permesso al personaggio Mr. Pickles, che è il creatore di tanta immutabile fasulla felicità. Qualcosa in lui cambia e il suo desiderio di trasformare la morte in qualcosa di vivo lo attraversa e Jeff ci si aggrappa come un naufrago in mezzo alla tempesta.

I sorrisi sono piccoli regali che facciamo agli altri“.

Dice Jeff ed è vero, perché la capacità trasformativa di un piccolo atto di gentilezza è un dono prezioso, sottovalutato, ma che può cambiare il mondo. Così Jeff e Mr. Pickles provano a ritornare sulla stessa lunghezza d’onda, riversandosi uno nel mondo dell’altro e modificando così entrambe le proprie realtà. Mr. Pickles prova a raccontare, col solito sorriso sulle labbra, la verità della morte e del dolore, dell’incomprensione e della vita vera ai suoi bambini. E anche quando la sua verità troppo vera, troppo forte, porta alla cancellazione del suo spettacolo, sono i bambini a volerlo vedere. I bambini, che capiscono molto più di quello che gli adulti sono disposti a credere. Sono loro ora a donare sorrisi a colui che c’è sempre stato, con la sua gentilezza e il suo garbo.

Kidding

“Abbiamo bisogno di un altro spettacolo sui colori? I bambini sanno che il cielo è azzurro. Hanno bisogno di sapere cosa fare quando cade. Sono nella posizione giusta per parlargli della loro peggiore paura. Che mamma e papà e tutti quelli che amano hanno una data di scadenza”.

Ed è emblematico che la guarigione di Jeff passa attraverso il riconoscimento dell’ascolto e di come da esso ci sia l’accesso alle emozioni umane. Mr. Pickles ha sempre parlato, mai davvero ascoltato. Così, aprendo il suo cuore ad ascoltare gli altri nell’espressione delle emozioni – anche negative – Jeff capisce di non aver ascoltato nemmeno se stesso, nemmeno chi gli è più caro. Così capisce che sua moglie si sente in colpa per la morte del loro figlio. Con suo grande sconvolgimento, la sua ammissione di rabbia nei confronti della moglie che era alla guida dell’auto il giorno dell’incidente, non fa altro che avvicinarli. Il sorriso che si rivolgono è un sorriso di tristezza e di nostalgia, un sorriso di accettazione che scoglie le tensioni e apre alla cura delle ferite.

Allo stesso modo, è un sorriso di nuova vita quello che si rivolgono nel finale di serie, quando stanno ascoltando il cuore di loro figlio battere sotto una nuova pelle. La donazione degli organi di Phil, dopotutto, è proprio questo: una nuova vita, tante, che possono correre, giocare, saltare, amare grazie alla sua morte. La trasformazione ultima di un tragico incidente in qualcosa di bellissimo. Questa volta però non attraverso uno schermo, nella realtà al rovescio di Mr. Pickles, ma nella realtà vera, quella che ha davvero bisogno di gentilezza e sorrisi. Un cerchio che fa un giro enorme e doloroso, ma si chiude perfettamente. “Io ti ascolto”, sceglie di far dire Jeff al suo pupazzo di Mr. Pickles, così come lui ascolta il cuore di Phil compiere l’ultima e più grande gentilezza che si possa mai compiere.

E allora possiamo dire che il sorriso è davvero una parentesi ma, proprio come tutte le parentesi, non solo può chiudere un periodo ma anche aprirne un altro.