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Il tatuatore di Auschwitz – La Recensione della nuova commovente miniserie Sky Original

Venerdì 24 maggio sono uscite le ultime due puntate della nuova miniserie Sky Original Il tatuatore di Auschwitz. La serie è tratta dal libro omonimo della scrittrice Heather Morris, pubblicato nel 2018. Il libro della Morris, tuttavia, è stato oggetto di numerose critiche per alcune inesattezze storiche, soprattutto da parte dell’Auschwitz Memorial Research Center. Ma è indubbio che la serie Sky Original, che potete recuperare in streaming anche su NOW Tv, è una miniserie magnificamente scritta e interpretata.

Il tatuatore di Auschwitz racconta la storia di Lale Sokolov (un tempo Ludwing Eisenberg), uno dei pochissimi sopravvissuti all’Olocausto. La serie si presenta come una ricostruzione dei colloqui tra Lale ed Heather, nei quali vengono mostrati, attraverso dei flashback, i ricordi dell’uomo. Scopriamo che Lale (Jonah Hauer-King) era un 26enne polacco quando partì come volontario, nel 1942, per partecipare a quello che doveva essere un campo di lavoro per ebrei. Ma, purtroppo, come sappiamo, si ritrovò catapultato all’inferno. Lali arrivò nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, prima per lavorare come manovale e poi come uno dei tatuatori sotto il comando delle SS (qui la vera storia dietro la serie tv).

Il tatuatore di Auschwitz è una storia straziante e cruda.

Il tatuatore di Auschwitz, il protagonista Lali (640x360)
Il tatuatore di Auschwitz, il protagonista Lali

Lale, infatti, viene scelto come assistente di Pepan, uno dei tatuatori che aveva il compito di marchiare con l’inchiostro i prigionieri che arrivavano nel campo di sterminio. Un compito difficile da accettare per Lale, perché per sopravvivere a condizioni leggermente migliori doveva convivere sapendo di lavorare per e con le SS. Alla fine, però, accetta, adempiendo al suo compito chiedendo scusa ogni volta che incideva con l’ago i numeri sulla pelle delle migliaia di persone che vedeva ogni giorno. È proprio così che, durante l’ennesimo scusa pronunciato, incontra Gita, una ragazza slovacca che riesce a farlo sorridere nonostante le terribili condizioni in cui vivevano, e i due ragazzi si innamorano all’istante.

La storia d’amore di Lale e Gita nasce e cresce in un campo di concentramento. Un luogo in cui non c’era spazio per amore, speranza o compassione. Una storia d’amore, la loro, nata all’inferno, tra indicibili e inimmaginabili sofferenze. Il tatuatore di Auschwitz non lascia assolutamente nulla all’immaginazione, e nonostante il disclaimer iniziale ci ricordi che si tratta di un’opera di finzione, l’esattezza storica è impressionante. Insieme a Heather e a Lale ripercorriamo anni ed eventi terribili, fatti di violenze, torture e vessazioni che descrivere come disumani sarebbe riduttivo. Il Lale anziano (Harvey Keitel) apre ad Heather porte della memoria sepolte da decenni, ma che lo tormentano ogni giorno senza lasciarlo in pace.

È grazie ai loro colloqui che capiamo che i ricordi di Lale, a volte, possono essere imprecisi, consumati dal tempo e deformati dal senso di colpa. È grazie a questo espediente narrativo che decade la possibilità di criticare l’attendibilità storica di quanto raccontato nella serie.

Il tatuatore di Auschwitz, il protagonista Lali da anziano (640x360)
Il tatuatore di Auschwitz, il protagonista Lali da anziano

La storia d’amore di Lale e Gita ha un lieto fine, e questo lo scopriamo fin da subito. Infatti, entrambi sono riusciti a scappare, a sposarsi e a costruirsi una vita lontano da quell’inferno. Ma, come scopriamo nelle ultime due puntate de Il tatuatore di Auschwitz, l’inferno non è facile da lasciarsi alle spalle. Ti insegue e ti rincorre strenuamente, e la strada per il cosiddetto lieto fine si rivela essere molto più difficile di quanto potevi immaginare. Sarebbe bello pensare, in effetti, che la storia finisca senza più ostacoli e dolore. Ma non è così. Dopo l’inferno bisogna ricostruire, rialzarsi e avere il coraggio di vivere. Lale e Gita hanno convissuto con il senso di colpa per tutta la vita, in quella che potremmo anche definire “sindrome del sopravvissuto“. Ma hanno avuto il coraggio di vivere e ricominciare, ma non senza dolori e rimpianti.

Scopriamo che dopo la loro fuga, negli ultimi due episodi de Il tatuatore di Auschwitz, i due innamorati si sono ritrovati a Bratislava, segnati però da altri traumi e dolori. Gita, scappata insieme ad Hanna e Ivana, ha dovuto dire addio a quest’ultima, deceduta durante il loro trasferimento. Ma insieme ad Hanna è riuscita a scappare e ad arrivare a Bratislava ad aspettare Lale. Lui, invece, scappato tra un trasferimento e l’altro, è stato temporaneamente tenuto prigioniero dai russi. Dopo l’ennesima fuga, il loro ricongiungimento è stato un balsamo per l’anima, nonostante sapessimo già che ciò sarebbe accaduto.

Il tatuatore di Auschwitz, i due protagonisti Lali e Gita (1200x675)
Il tatuatore di Auschwitz, i due protagonisti Lali e Gita

lI tatuatore di Auschwitz è una serie tv mastodontica. Saper e voler raccontare una storia d’amore sullo sfondo di una delle pagine più tristi e cupe nella storia dell’uomo non era un’impresa facile.

Sky Original si riconferma sinonimo di qualità e complessità narrativa (qui vi parliamo delle migliori serie tv Sky uscite negli ultimi anni). Questa miniserie non offre sconti a nessuno. Ci sbatte violentemente in faccia per sei episodi la violenza e la brutalità, come quando ci mostra i volti in primo piano delle persone che hanno perso la vita nel campo di concentramento. E noi non possiamo che piangere insieme a Heather mentre ascolta questa storia. Non possiamo che piangere insieme al vero Lale, che ci viene mostrato in un reale frammento mentre inizia a raccontarla.