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Float – Essere diversi vuol dire essere unici

Soffia su un dente di leone, sprigiona nell’aria le sue mille e più spore, esprimi un desiderio, chiudi gli occhi e goditi la magia. Galleggia, Float.

La poesia che si cela dietro quell’atto innocente e sospensivo della realtà è meravigliosa. Un’azione che unisce con un filo invisibile un uomo adulto con il bambino ormai sepolto dentro di lui, con quell’infante gioioso che crede ancora che i desideri si realizzano davvero soffiando su un fiore.

E un giovane padre, mentore di un figlio ancora stupendamente ingenuo, ha solo una richiesta.

Ti prego, fa che mio figlio sia felice.

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Float – Disney Pixar

E a volte le magie accadono, ma purtroppo in un mondo troppo ancorato a terra, troppo impegnato a essere normale, magia è sinonimo di diverso. E diverso è troppo spesso la parafrasi di sbagliato.

Nel momento in cui il piccolino inizia a galleggiare felice, suo padre sorride. Tutto ciò che desidera è lì, fluttuante, ma poi una voce parla, un paio di occhi guardano e tutto torna a essere sbagliato. Per essere normali bisogna sopprimere la magia, seppellirla, ancorarla a terra con le zavorre. Impedirle di volare e di cercare altri denti di leone su cui soffiare, altri desideri da esprimere. Perché è strana, perché non la possiamo capire e non vogliamo neanche ammettere che in fondo manca anche la voglia di farlo. È molto più facile nascondersi dietro a un dito e fingere di rendere bello ciò che invece è veramente brutto.

Nascondersi è brutto, avere paura del diverso è brutto. Impedire a qualcuno di volare è brutto.

Il terrore di vivere una determinata condizione è un sentimento che solo il diretto interessato può scegliere di coltivare. Non c’è niente di male a essere felici di come si è, anche quando tutti ti dicono che è sbagliato e dovresti vivere in un altro modo perché più semplice, più classico, più normale, siam sempre lì. Bloccati su questo concetto maledetto di normalità che per definizione è opinabile, contestabile, dalle centinaia di milioni di sfaccettature, inutile cercare di capirle, basterebbe solo fermarsi un attimo a riflettere su chi è davvero felice nel fare quella o quell’altra cosa.

C’è molta più gioia negli occhi di quel palloncino umano che in quella di quei bambini ancorati a terra. E allora perché suo padre è così triste e così logorato nel tempo da chissà quale fardello? Perché non può sorridere come faceva prima che il mondo gli ricordasse che volare non è prerogativa umana?

Cerchiamo di sentirci tutti come il ragazzo padre all’inizio, genuino, commosso, colmo di gaudio, estasiato da un qualcosa mai visto prima. E non come quegli ipocriti che giudicano senza sapere che volare, guardare tutto da un’altra prospettiva, è bellissimo.

Chi crede che fluttuare nel cielo sia impossibile non impedisca a chi sa farlo di farlo. Chi crede che ridere senza motivo e senza inibizioni sia una cosa stupida, chi crede che ballare senza musica, cantare senza microfono, correre verso chissà dove sia cosa da pazzi, rimanga pure nella sua normalità. Se invece c’è qualcuno che crede che si possa essere felici anche così, allora stia vicino a chi è costretto a farlo, a chi non ha scelto, perché forse quella persona lì sa volare, ma non è detto che sappia atterrare, non lasciatela sola, ha bisogno di voi, e anche se non lo sapete anche voi avete bisogno di lei per ricordarvi come era il mondo quando lo ritenevate magico.

Float – Disney Pixar

Fate come il padre, smettete di scappare, non fatevi ingannare da una porta spalancata verso il primo nascondiglio sicuro, quello è vostro figlio, siete il suo mondo, guadagnatevi questo privilegio, andate a giocare con lui, siate fieri perché se riuscite a ridere con lui avete vinto tutto e forse tornerete a soffiare sui denti di leone anche voi, a credere nella magia.

Così questo mondo tornerà a essere bello e tutti potranno a modo loro “fluttuare“.

Grazie Float…

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