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Encanto, quando il vero superpotere è non averne uno – La Recensione

*Attenzione, l’articolo contiene spoiler su Encanto, il nuovo film d’animazione Disney*

Disney, da sempre, significa famiglia e con l’ultima favola, la casa d’animazione regala una nuova e spettacolare variazione sul tema nel segno della diversità. Dopo gli ultimi film animati di spiccato interesse etnologico, come l’asiatico Raya and the Last Dragon, il polinesiano Moana, il messicano Coco e l’italiano Luca, con Encanto si vola alla volta di un altro paese ispanofono, situato a nord-est dell’America Latina.Saranno i Madrigal, una famiglia fuori dall’ordinario che abita in una casita magica tra le montagne della Colombia, ad accompagnarci alla scoperta di una cultura ancora poco nota, contraddistinta dalla diversità culturale e intrisa di Realismo Magico; quello di cui Narcos aveva offerto l’assaggio più crudo. Realizzato da Walt Disney Animation Studios, diretto da Byron Howard e Charise Castro Smith e scritto da Jared Bush, Encanto segna la 60° fatica della casa d’animazione più prolifica della storia del cinema; che in questa avventura ha fatto a meno del prezioso aiuto della Pixar.

Il musical d’animazione, uscito al cinema lo scorso 24 novembre, è approdato oggi, la vigilia di Natale, sulla piattaforma Disney+ (potete abbonarvi qui, se non l’avete ancora fatto).

Il film è uno scorcio vivido e profondo sulla cultura colombiana, il risultato dell’intreccio di radici indigene, africane e spagnole che Encanto è riuscito ad esprime senza cadere negli stereotipi. Al contrario, il progetto è mosso proprio dalla volontà di combatterli. L’idea nasce nel 2017, quando Howard e Bush contattarono Lin-Manuel Miranda (attore, compositore e produttore pluripremiato, già autore di Oceania), che ha curato la colonna sonora, per dare vita a una nuovo musical Disney sulla famiglia. E così il team si è recato in Colombia, per compiere un viaggio d’esplorazione le cui suggestioni sono confluite in Encanto (qui trovate la storia che ha ispirato il progetto raccontata da Lina Vargas).

A Encanto sono tutti magici, tranne la protagonista

Encanto Disney+

Magari il tuo talento è negare la realtà!

Nel nuovo cartone Disney tutti sono eccezionali, fantastici e magici. Eccetto Mirabel. Ci troviamo in un momento imprecisato, in una cittadina immaginaria, Encanto, nascosta da qualche parte nel nord del Paese. Qui vivono i Madrigal, i cui membri della stirpe sono dotati di un superpotere specifico, l’encanto. Una parola che evoca subito le foreste sacre e i posti magici chiamati appunto “encantos”, incantesimi. Cinquant’anni prima, mentre la Abuela Alma e suo marito fuggivano alla ricerca di un posto dove vivere in pace insieme alla loro gente, attraversando il fiume che ricorda il Caño Cristales, vengono assaliti. È in questo momento che nasce Encanto, da una candela magica che racchiude il miracolo e che brucerà per sempre dando alla comunità una seconda occasione. Durante una cerimonia, Alma (la nonna, cioè colei che regge la famiglia e tramanda la cultura) rivela il talento di ciascuno dei suoi familiare al compimento dei 5 anni. L’unica su chi il rito non ha funzionato è la protagonista. Mirabel è un personaggio insolito per la narrativa disneyana, la cui specialità è quella di non essere speciale.

Mirabel però è speciale, nonostante non sia né magica né incantevole e continui a deludere tutti, specialmente sua nonna. Per compensare l’assenza di un qualsivoglia talento, Mirabel ha sviluppato un animo sensibile, estroverso ed empatico. Il suo superpotere è dunque la sua umanità. Non appena la magia inizia a perdere intensità, è lei la prima a notarlo e la prima a essere incolpata. Eppure è riduttivo parlare di un unico personaggio protagonista. Encanto è una favola corale: è come un mosaico composto da tanti tasselli differenti e colorati dove ogni personaggio si esalta, ma non sovrasta gli altri.

Los Madrigal

Madrigal

La famiglia di talenti è la protagonista. Una familia multigenerazionale dove ogni membro mette al servizio della comunità il suo potere speciale sotto la guida di Abuela, la quale si assicura di portare avanti la generazione magica. Troviamo, ad esempio, Zia Pepa che influenza il meteo. La cugina Dolores sente gli spilli. Poi c’è mamma Julieta che guarisce con il cibo. Troviamo Luisa e Isabela, le sorelle di Mirabel, una è potenza, l’altra è grazia; una solleva qualunque cosa, l’altra ha la capacità di far materializzare ogni tipo di fiore, anche quelli di Jacaranda. Isabela è la sorella perfetta, che nel finale sarà liberata dal suo “ruolo di perfettina” che la schiaccia. E poi c’è Zio Bruno che vede il futuro e proprio come Cassandra, è meglio non nominarlo. Per questo vive in esilio nelle intercapedini della casita. Sarà proprio da lui che Mirabel partirà alla ricerca della verità per salvare la sua famiglia. Dopotutto, all’interno dell’universo Disney, il nome Bruno sta assumendo significati sempre più rappresentativi, come “Silenzio Bruno” dal film animato Pixar, Luca.

Colei senza l’encanto salverà l’encanto

Encanto

Al ricevimento del dono ognuno ottiene una porta che affaccia su una stanza, un vero e proprio mondo magico. Tutti hanno una porta, tranne la protagonista quindicenne occhialuta, imperfetta e goffa. Ed è proprio questa sua mancanza che la spronerà ad adoperarsi per salvare la casita, ripartendo dalla visione del tio Bruno. Lei è la prima che vede andare in pezzi la casa e, anche se nessuno le crede, non si fermerà. Ma la minaccia non è una forza oscura esterna. In Encanto non c’è un villain canonico: il pericolo è l’incomprensione. È questo il tratto distintivo della pellicola. Il ricongiungimento familiare, l’accettazione delle diversità altrui e l’abbraccio caldo tra nipote e nonna salverà la famiglia. La casita in macerie verrà ricostruita non con la magia, ma con la cooperazione. Nessuno sarà mai abbastanza: era il peso della perfezione che soffocava i familiari, minacciando la magia. La catarsi tra Abuela e Mirabel libererà tutti.

Io vedo me.

Un cambio di rotta per salvaguardare l’identità culturale

Encanto

L’animazione Disney raggiunge dei risultati grafici impressionanti ad ogni nuovo film. In Encanto ogni fibra, fiore o muscolo del corpo vibra come se fosse reale. La cura con cui sono stati resi i volti, le diverse tonalità della pelle e la gestualità dei corpi caratterizza ogni personaggio come se fosse reale, rendendolo vivo ed espressivo. Ogni personaggio è ispirato a una combinazione di elementi del folklore colombiano ed è contraddistinto dalla sua personale palette di colori. Il progetto, prima di diventare uno script, è partito però da uno studio accurato. Gli ideatori hanno collaborato con il Colombian Cultural Trust e hanno deciso di coinvolgere antropologi ed esperti etnologici per operare nel pieno rispetto dell’identità culturale colombiana.

La volontà era quella di ricreare nel dettaglio ogni elemento, da quelli paesaggistici, folkloristici fino all’aspetto fisico dei personaggi afrodiscendenti e misti. Encanto è il primo film Disney dove i personaggi afrodiscendenti sono mostrati con la capigliatura al naturale. Perché i capelli ricci, in molti paesi come la Colombia, sono ancora considerati sconvenienti e sgraziati. Fortunatamente sono tante le iniziative messe in atto per sgretolare questo tipo di convinzioni e pregiudizi. Come quella della giornalista afro-colombiana Mábel Lara, la quale ha iniziato una piccola rivoluzione contro gli stereotipi smettendo di lisciarsi i capelli e andando in onda con la sua splendida cascata di ricci fluenti.

Le voci

Encanto

Mirabel è doppiata da Stephanie Beatriz, un’argentina figlia di un colombiano e di una boliviana, meglio conosciuta come Detective Rosa Diaz di Brooklyn Nine-Nine. Nella versione italiana, invece, troviamo Margherita De Risi. María Cecilia Botero (una presentatrice colombiana) è la voce di Abuela, mentre la voce cantata è di Olga Merediz, una cantante di origini cubane. Tra i colombiani troviamo anche Angie Cepeda, Julieta; John Leguizamo (Romeo + Juliet) è zio Bruno, mentre il musicista Mauro Castillo ha donato la voce a Félix. E ancora, Carolina Gaitán, Rhenzy Feliz, Ravi Cabot-Conyers, Wilmer Valderrama e le star della musica latina come Maluma e Adassa. Nella versione nostrana possiamo ascoltare la voce di Diana Del Bufalo nelle vesti di Isabela; Luca Zingaretti doppia Bruno mentre Alvaro Soler è Camilo.

La qualità del doppiaggio è avvalorata della colonna sonora creata da Lin-Manuel Miranda (che si divide tra Broadway, la tv e il cinema e ha collezionato tanti premi quanto applausi, tra cui un Premio Pulitzer, tre Tony Awards e tre Grammy Awards). Il ritmo latino, dalla salsa alla cubia, è stato miscelato a influenze musicali pop per un risultato frizzante, molto adatto ai bambini. Questo però non sembra essere il miglior lavoro di Miranda al pari di Tick, Tick… Boom!, Vivo e Hamilton. La colonna sonora è varia, così come sono variegati i personaggi: c’è il rock, la canzone popolare e il reggeton. Eppure la ricchezza della tavolozza musicale, che dovrebbe essere il punto di forza, risulta diluita da diversi intermezzi superflui, che non brillano per originalità. La traccia degna di nota è sicuramente quella interpretata da Carlos Vives, Colombia, Mi Encanto, un distillato di allegria colombiana.

Il realismo magico e la Colombia

film animazione disney

Encanto si lascia ispirare dal Realismo Magico e da Lo maravilloso. L‘ossimoro indica una realtà narrativa impregnata di elementi fantastici. L’intenzione era quella di esagerare per creare un effetto straniante con la realtà circostante. Tra i maggiori esponenti latinoamericani ritroviamo Gabriel García Márquez, Isabel Allende o Jorge Luis Borges. Lo maravvilloso, invece, è l’elemento naturale, paesaggistico. Lo straordinario si fonde con il reale e la meraviglia diviene realtà. Lo stile è dunque la risposta per sfuggire al dolore, al dramma e al disagio sociale.

Encanto, infatti, non racconta la Colombia attuale, ma è un viaggio emotivo attraverso la sua essenza culturale. E lo fa avvalendosi dei ricordi che il trio creativo ha riportato con sé a Los Angeles dopo aver vissuto e respirato il Paese. Da Bogotá a le miniere di sale di Zipaquirá; dai santuari cattolici, passando per la Valle di Cocora all’eje cafetero, la regione del caffè. E ancora Cartagena e i villaggi dei primi schiavi liberati. Come scrive Lina Vargas, i registi e il compositore si sono affidati a una guida del posto, Alejandra Espinosa Uribe, una letterata di Barichara (dipartimento di Santander) che è finita per diventare una consulente del film e che, forse, ha ispirato il personaggio stesso di Mirabel. Grazie a lei il team ha scoperto i luoghi rurali dove si può viaggiare nel presente e nel passato del Paese.

Una storia volutamente eccessiva, vibrante e stratificata, proprio come la Colombia

Disney

Howard, Bush e Castro Smith hanno trascorso molto tempo in Colombia per essere certi di riportare sullo schermo l’identità culturale, la magica diversità del paese e il Realismo Magico. Ma come sottolinea Howard a Variety, la magia non è quella delle bacchette magiche, ma dell’emozione. In Encanto tutto ha il sapore di Colombia. L’esperienza diretta sul posto ha permesso alle musiche di Lin-Manuel Miranda e al talento del reparto creativo di creare un racconto autentico. Ritroviamo la palma da cera del Quindío, l’albero simbolo del paese e le guaraperías, dove si fermenta il succo della canna da zucchero, chiamato guarapo. Dalle arepas con queso, le focacce di farina di mais usate come noi usiamo il pane, all’ajiaco, la zuppa di capperi, mais, avocado e pollo che, insieme al sancocho, rappresenta il piatto nazionale.

Encanto

Troviamo il caratteristico sombrero in tessuto nero e bianco che indossavano i tagliapietre per ripararsi dal sole; il poncho, le gonne ricamate, i sandali alpargatas, gli abiti colorati e la tradizionale camicia guayabera. E ancora le strade di ciottoli, la caratteristica architettura coloniale, i balconi carichi di buganvillea e le case fatte di terra. La tradizionale ceramica di argilla chiamata La Chamba; il miscelatore della cioccolata calda e il macinino del mais. Poi i mestoli di legno, i cestini di vimini. Ma soprattutto troviamo la biodiversità, rappresentata da Antonio, con i tucani e gli animali tropicali, come le farfalle gialle e i capibara. Tra le maglie colorate del tessuto narrativo però è possibile leggere anche l’imperialismo, il dramma di mezzo secolo di conflitti civili, le fughe e le lotte per l’identità.

La cultura colombiana è stata riversata con tutta la potenza propria del Rio delle Amazzoni nell’ultimissimo film animato Disney.

Encanto

Un film esuberante, diverso dagli altri della casa d’animazione. Nonostante le somiglianze con i precedenti lavori del regista, come Zootopia, il 60° lungometraggio è unico. Una storia stratificata, proprio come la cultura colombiana. Una cultura rigogliosa e contaminata da influenze ormai indistricabili. Senza un vero e proprio villain e senza l’azione tipicamente disneyana, il conflitto non ha potuto che spostarsi sul territorio emotivo e compensa le mancanze con la musica, l’amore e la grafica portentosa.

L’abbondanza dei contenuti però fatica a restare arginata dei 109 minuti. Così la sceneggiatura, a volte, scricchiola sotto il suo stesso peso. Ma con la consueta combinazione di umorismo demenziale e momenti di una profondità drammatica disarmante, Encanto trasuda energia e misticismo e ci contagia con la sua allegria. Non perde neanche occasione di omaggiare Cent’anni di solitudine, con i velati riferimenti a Macondo.

L’avventura dei Madrigal regala momenti di riflessione sinceri e spalanca nuovi punti di vista sul senso della famiglia, sull’identità, il ricongiungimento e soprattutto sul valore della diversità culturale. Ma il pregio più grande del musical animato è senza dubbio quello di aver raccontato la parte positiva della Colombia, la cui reputazione è segnata ancora delle parentesi controverse e sanguinarie della sua storia più nota.

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