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È freschissima la notizia della sua tragica scomparsa: Luke Perry poteva non essere l’attore più bravo del mondo, ma era uno di famiglia, qualcuno che avevamo imparato ad amare, da tanto tempo. È morto troppo giovane, a soli 52 anni, a causa delle devastanti conseguenze di un ictus che lo aveva colpito solo pochi giorni prima.

Troppo presto.

È talmente difficile rendersi conto che un simbolo della tua generazione svanisce così, all’improvviso.

Leggere la notizia della sua morte è stato come ricevere un vero schiaffo in pieno viso: Luke Perry era (è) un simbolo per tutti quelli che sono nati prima del 1990. Tutti avevamo una t-shirt, un collage di foto (tratte rigorosamente da Cioè) alto dieci centimetri sulla Smemoranda, un sogno nascosto e inconfessabile con lui protagonista. Icona sexy di una generazione, la mia, Luke Perry aveva incarnato l’antieroe bello e dannato, il proto-bad boy che non potevi presentare ai genitori, il ribelle, il bello e impossibile. Per chi, come me, ha vissuto il pieno dei favolosi anni ’90, Luke Perry era L’UOMO per eccellenza.

Era Dylan, di Beverly Hills 90210, ça va sans dire.

Uomo perché ben lontano dall’essere un ragazzino, perché era tormentato, bisognoso d’affetto, con una famiglia disastrata alle spalle. Era il ragazzo da salvare, quello che ti prendeva e ti portava via, lontano anni luce dalla realtà. Dylan era il fidanzato perfetto, senza essere perfetto.

Coy Luther Perry III, meglio noto come Luke Perry, non è stato solo Dylan. E non è stato solo in grado di far innamorare la mia generazione.

Nei panni di Fred Andrews è riuscito ad attirare a sé anche la generazione più giovane, quella che guarda Riverdale. Perché, oggettivamente, in questa serie tv è il padre ideale: comprensivo, paziente, tollerante, un uomo perfetto e decisamente piacente.

Un uomo in grado di piacere a generazioni così diverse non può non avere un talento innato. Ed era anche ironico: è comparso sia nei Simpson, dove interpretava Telespalla Luke Perry in assenza di Bob, così più bravo di Krusty il Clown da eclissarlo, sia nella serie tv I Griffin, in un episodio esilarante in cui scherzava con leggerezza sulla sua presunta omosessualità.

Ma torniamo a Dylan, perché è questo il personaggio che gli ha cambiato la vita (e che ha cambiato anche tutta la nostra).

Dylan era un eroe romantico, senza nemmeno provarci. Era un adolescente, ma viveva da solo, era un surfista, guidava una macchina incredibile, non seguiva la massa. In un mondo di Brandon, di bravi ragazzi, di perfettini inamidati, c’era lui: ruvido, grezzo, complicato.

Ragazzi, lasciatemi parlare di un’epoca favolosa: gli anni ’90.

Non esisteva internet, né social media, Netflix o NowTv, non c’erano on demand, Sky o streaming: il massimo a cui potevamo aspirare era Napster (ed era comunque illegale). C’era ancora la lira, andavamo in giro conciati come dei pagliacci e non nel senso figo del termine, non passavamo il tempo con lo sguardo perso su uno schermo digitale.

Eravamo degli ingenuotti e sapevamo di esserlo. Poi è arrivato lui.

E lui era diverso da tutti gli altri.

Perché era un ribelle, perché era dolce e, sotto sotto, anche romantico. Perché era capace di incredibili slanci d’affetto, era onesto, leale, un vero amico, anche se faceva di tutto per nasconderlo. Era Dylan e questo era ben più che sufficiente. Era tutto quello che non avevamo mai avuto, era il nostro James Dean (perdonatemi per il paragone, ma in un’epoca in cui i Milli Vanilli la facevano da padrone insieme all’EuroDance più trash, tutto può accadere). Era il nostro sogno di ragazzine brufolose e un po’ sfigate, che non potevamo avere l’uomo dei sogni, ma almeno potevano sognarlo.

E soprattutto Dylan, prima di tutte, non si innamora della bella bionda ricchissima, ma della ragazza di provincia, quella che nessuno ha mai notato, quella che passa inosservata, che non ha i vestiti giusti, che non si sente nemmeno tanto all’altezza. Ecco, Dylan sceglie Brenda.

Ma relegare Luke Perry al personaggio più iconico che ha rappresentato è riduttivo. Io ho seguito con attenzione e passione Riverdale, un prodotto davvero buono (alt, mi sono fermata alla prima stagione). Quando ho visto il suo viso, che riconoscerei tra mille altri, ho sussultato. Quindi c’è vita dopo i quaranta, anche a Hollywood.

Il suo personaggio, così diverso da Dylan, gli ha reso giustizia come attore, perché non basta un bel faccino per entrare nella vita di così tante persone. Ci vuole anima e cuore.

E, di cuore, Luke Perry ne ha avuto davvero tanto.

Non a caso, dopo la notizia della sua morte, così crudele, così ingrata, il mio telefono non ha smesso di squillare: le mie amiche, tutte ragazze degli anni ’90, che soffrono almeno quanto me, si sono strette a me unite dallo stesso dolore.

Ci mancherai tanto Luke, ti voglio bene.

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