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Better Call Saul ci ha deliziato per tre fantastiche stagioni con un racconto capace di svilupparsi autonomamente rispetto alla Serie madre. La forza di quest’opera, solo tecnicamente definibile come spin-off, sta tutta nelle infinite sfaccettature dei personaggi e nell’incredibile capacità di resa di ognuno di essi. Per quanto pure si distanzi contenutisticamente da Breaking Bad, il lavoro più recente di Vince Gilligan riesce a ripetere e anzi sviluppare quell’attento interesse psicologico già dominante nella sua opera magna. In entrambe, il pluripremiato regista ha avuto la bravura incredibile di creare figure intriganti e dannatamente realistiche.

Il loro sviluppo si accompagna anche alla maestria scenografica e (auto)citazionale che scandisce ogni momento. Ora un dettaglio, ora un colore, ora un oggetto diventano fondamentali guide che tracciano vividamente il quadro costruttivo dell’interiorità del personaggio. Nulla è lasciato al caso. La minuziosa costruzione registica si arricchisce costantemente di nuovi spunti andando a delineare un quadro umano che sembra inesorabilmente accompagnare l’universo conoscitivo di Better Call Saul. Già, perché a ben vedere, in quei protagonisti contraddittori e incerti è possibile ravvisare una costante presenza che affonda nella loro personalità. Un elemento che sembra far da fil rouge dell’intera Serie.

Better Call Saul

Parrebbe difficile da pensare soffermandoci sulla grande varietà umana che ammanta l’opera. In un articolo passato si è provato a delineare un quadro completo sui “gradi” di malvagità di ogni character. Ci si è basati sulla controversa classificazione operata dall’esperto forense Michael Stone. Una profilazione criminale che si basa su alcuni tratti ricorrenti. I risultati applicati a Better Call Saul hanno mostrato enorme eterogeneità nei livelli di colpa con l’inserimento contestuale di figure inaspettate.

In sostanza si è potuto concludere che nessuno è esente da colpe nel racconto di Gilligan, seppur su piani e gradi differenti.

Ecco, è proprio in questa considerazione conclusiva scaturita dal precedente articolo che possiamo partire per analizzare quale sia il reato più comune in Better Call Saul. Non si tratta di un vero e proprio crimine. Sarebbe banale individuare in una colpa giuridicamente riconosciuta la costante dell’intera Serie. E sì, perché quello di cui stiamo parlando non rappresenta solo la più frequente delle mancanze di ogni personaggio ma il peccato che li accomuna tutti. Che li rende tutti ugualmente colpevoli.

Per comprendere di cosa stiamo parlando occorrerà soffermarsi brevemente su alcuni dei principali interpreti della Serie. A partire naturalmente da Saul. L’avvocato protagonista non è altro che un truffatore. Un furbesco mattatore capace di volgere sempre a proprio favore gli eventi. In ogni circostanza forza la mano, interviene con scelte mai del tutto limpide in un continuo balletto sulla soglia dell’illegalità. In più di una circostanza prova a sottrarsi a quelle sue mancanze morali ma non ci riesce mai a pieno.

Prima o poi il lupo Saul ricade nel vecchio vizio.

Kim, probabilmente la figura più positiva dell’intera Serie, viene coinvolta e -come scopriamo nella terza stagione- asseconda implicitamente comportamenti poco limpidi. Lo fa per l’affetto e l’amore che nutre nei confronti di Jimmy. Il suo sentimento distruttivo la trascina sempre più verso la perdita di quell’integrità morale che per anni aveva costituito l’architrave portante della sua professionalità. Nonostante scopra gli intrallazzi dell’amato e l’innocenza di Chuck decide di tacere macchiandosi di omissione.

Better Call Saul

Ma lo stesso Chuck, figura apparentemente granitica nel suo sacrale rispetto per la Legge, non si sottrae all’uso di sotterfugi ed espedienti al limite della legalità. Lo fa contravvenendo pure lui a un diktat morale che ne aveva caratterizzato l’intera, prestigiosa carriera. Anche Chuck, come Kim, scende a patti con se stesso a causa di Jim. È mosso dalla volontà di allontanarlo dall’avvocatura perché “se è laureato in Legge è come uno scimpanzé con una mitragliatrice”. La realistica diffidenza nei confronti del fratello lo porta a rinnegare i suoi stessi principi pur di riuscire nell’intento. Pur di far radiare Jimmy dall’albo.

In una spirale senza scampo tutti i personaggi vengono meno ai propri valori.

Accade perfino a Nacho, forse il più umano dei criminali che si alternano sulla scena. Il suo enorme attaccamento per la famiglia non gli impedisce di affiancare al lavoro nel negozio paterno l’attività di scagnozzo dei Salamanca. Sottostà più volte alle spietate decisioni del boss Tio nonostante non ne condivida i metodi. Fa tacere quella voce interiore che lo spingerebbe a non perseguire la strada dell’illegalità. La sua volontà di affermarsi, di non finire a vivere un’esistenza onesta ma grama fatta di ristrettezza e umiliazioni ha la meglio.

Diverse le motivazioni di Mike, corrotto fin dall’epoca della sua appartenenza al corpo di polizia. La morte del figlio, emblema di quell’integrità morale che il vecchio Ehrmantraut non ha mai avuto, invece di indurlo a una conversione interiore lo spinge alla disperazione. Il suo desiderio di vendetta prende il sopravvento e diventa il primo passo verso la totale perdizione. Agendo, come farà Walt in Breaking Bad, con continue e progressive giustificazioni si trasforma in un criminale. La volontà di regalare un futuro sereno e sicuro alla sua nipotina non diventa altro che la scusante di una inarrestabile perversione interiore.

Perfino in figure secondarie come i Kettleman troviamo simili motivazioni alla base di scelte criminose. Per chi non dovesse ricordarlo la coppia, ricorrente nella prima stagione, si è resa protagonista di un furto milionario alla tesoreria del comune di Bernalillo. Quando Saul scopre la verità Betsy prova a discolparsi affermando che quei soldi le sono dovuti per l’enorme impegno profuso dal marito nel suo lavoro in tesoreria. Un impegno mai riconosciuto adeguatamente, secondo la donna.

A seguito di questi esempi che vengono a coinvolgere i principali protagonisti del racconto risulterà ormai chiaro quale sia la colpa principale in Better Call Saul.

Si tratta del compromesso morale. Dell’esito cioè a cui ogni personaggio giunge rinnegando i valori della propria interiorità. Ognuno, infatti, in cuor suo si rende conto dell’errore che compie, della contraddittorietà di quei gesti ma ugualmente non riesce a farne a meno. Viene così a crearsi un alibi con cui impara a convivere. Una giustificazione che metta a tacere la voce della coscienza, quel tarlo che corrode l’interiorità di ognuno.

Better Call Saul

Non esiste un personaggio totalmente positivo in Better Call Saul. Tutti fanno i conti con la difficoltà di perseverare nelle proprie convinzioni. Con la complessità di un’esistenza che non premia l’onestà. La vita li mette costantemente di fronte a delle scelte. Li spinge a cercare la strada da percorrere. Nessuno mantiene fede agli ideali, alle convinzioni di cui pure in passato o a parole si era fatto portavoce. Ogni personaggio finisce per cedere e abbracciare una soluzione apparentemente più facile, seppur meno onesta.

Gilligan sembra così ammonirci sulla contraddittorietà della natura umana costantemente in balia di due opposti padroni. Da un lato tesa verso l’integrità e il granitico rispetto della propria morale interiore. Dall’altro spinta nel peccato dalla debolezza della sua stessa natura. Una natura, come dimostra l’affascinante e complesso protagonista di Better Call Saul, alla quale non ci si può sottrarre.

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