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In una lista di personaggi fatta con lo stampino (sì, ma quello per l’Emmental, visti tutti i buchi di caratterizzazione che c’hanno), gli sceneggiatori di Baby ne lasciano miracolosamente illeso uno. Vuoi perché in effetti non gli hanno dedicato più di tanto spazio, e quindi la sua storia ha seguito un percorso senza troppi scossoni, vuoi perché l’attore mostra una fisicità “giusta” per un tipo di personaggio non esattamente scontato.

Quindi, nello svilire e criticare Baby (che purtroppo ha molti difetti, anche nel più roseo dei giudizi), possiamo elogiare almeno una sua nota positiva.

Fabio Fedeli, interpretato da Brando Pacitto (già in Braccialetti Rossi) funziona.

Funziona lui, funziona l’attore, funziona il personaggio, funziona la storia. A differenza di (quasi) tutto il resto del cast di Baby, lui è credibile, dal primo all’ultimo secondo. E questo lo rende fondamentalmente solo. Ma andiamo con ordine, non prima di ricordarvi che nelle righe che seguono sono presenti riferimenti al finale di stagione di Baby. Attenzione spoiler, quindi.

Ogni personaggio di Baby combatte due sfide: una con i suoi coetanei e una con la sua famiglia. In Fabio queste due sfide si rispecchiano in una sola: la paura di mostrare la propria omosessualità. Omosessualità che però, per i suoi compagni di scuola, è un segreto di Pulcinella. Nessuna discriminazione, a parte un “Fedeli fr**io” nei bagni, ma la costante sensazione di vivere borderline sulla soglia dell’isolamento, situazione non di certo favorita dal fatto di essere il figlio del preside. Fabio Fedeli c’è, ma è come se non fosse coinvolto nella comunità. Fateci caso: tra i ragazzi, lui è l’unico che non litiga con nessuno. Non prende neanche botte, anche perché è ben attento a non pestare i piedi a chiunque possa costituire una minaccia (e perché, di nuovo, è il figlio del preside).

Insomma tutto tranquillo, perfino asettico, e non a caso. Infatti, c’è un’altra caratteristica che rende Fabio diverso dagli altri personaggi di Baby: ha un padre che si preoccupa per lui. In un modo discutibile, certo, ma il preside Fedeli è l’unico genitore cosciente del suo ruolo. Fa vivere Fabio in una bolla di sapone con regole precise ma lo fa con una logica. Tutta sua, ma logica.

Finché Fabio non incontra Damiano. O, per meglio dire, finché Damiano non si impone su Fabio di fatto soffiandogli il motorino sotto al naso per andare a cercare il suo mezzo rubato. 

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Fabio ha trovato qualcuno che si rivolge a lui, senza considerarlo omosessuale o il figlio del preside, ma solo come ragazzo. Damiano d’altronde ha trovato qualcuno che non gli fa storie. Potrebbe essere l’inizio di un rapporto dominante/dominato, diventa invece un’amicizia pulita e bella. Entrambi scoprono nell’altro quello che forse non hanno mai avuto. Un punto d’ascolto. Senza secondi fini. All’inizio Fabio è attratto da Damiano, che sembra in effetti calamitare tutti, ma le cose diventano chiare abbastanza presto.

Fabio ha bisogno di Damiano per confrontarsi con qualcuno e riuscire a emergere. Damiano ha bisogno di Fabio semplicemente perché, ai Parioli, sceglie di non avere amici. Tranne quel ragazzo dallo sguardo buono e delicato che, lasciandogli il motorino quella sera, gli ha mostrato qualcosa che era raro al Quarticciolo.

Si è fidato di lui. Ed è stato ricambiato.

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È l’unico personaggio con cui Damiano non sclera. E proprio con Damiano il percorso di accettazione di Fabio può proseguire. Percorso non senza inconvenienti, ma il figlio del preside ha anche questo di speciale: sa essere comico, senza farsi per forza deridere. Quando decide di salvare Damiano spacciando nella scuola del padre, la scena diventa adorabile. Quel torni a trovarci, detto dopo aver venduto l’ennesima dose a una mano sconosciuta, manco fosse il cassiere di un supermercato, funziona. Allenta la tensione per noi, e rende il personaggio meno inamidato.

Fabio acquista lentamente coraggio, il coraggio di ribellarsi al padre, ma da par suo. Senza scontri diretti. Prima trasforma quell’offesa a lui, nei bagni della scuola, in un’offesa al preside, tentativo di ribellione dolce e ingenuo. Poi di punto in bianco la rivolta, silenziosa e sorridente, proprio nell’ultima puntata di Baby. Il padre a tavola sta per accusarlo di averlo scoperto a spacciare e lui spariglia le carte: “Sono gay!”, trapelando una nascosta eccitazione. Lascia il preside attonito e muto e va via, prima della scena finale.

Nel mezzo, il furto più speciale: un bacio dato a Virginia. Un tuffo nel peccato, l’ultima chance concessa ai suoi dubbi. Metaforicamente, il bacio d’addio al vecchio e incerto Fabio.

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Infine, parlavamo della fisicità: col fisico di Brando Pacitto, Fabio è grande, ma senza esserlo davvero, come se fosse incapace di gestire la sua età e i cambiamenti che porta. È un ragazzo fragile ma che non può e non vuole permettersi di esserlo. Abbastanza maturo, però, da non esplodere.

Per questo la sua è un’affermazione silenziosa e speciale, diversa da tutte le altre nella serie. E proprio per questo, lui non può che essere solo. Su quel motorino riassapora tutta la libertà di un’indipendenza conquistata, fuggendo via dal resto. Lotte, festini, parolacce, casini, no, non fanno per lui. Non è mai stato come gli altri, e non solo per le sue inclinazioni.

Fabio Fedeli è stato sempre simile solo a se stesso. E ha vinto. Fabio è libero, di vivere e di amare chi vuole.

Anche di piangere, lui fino ad allora troppo debole per farlo. E di correre, felice, su quel motorino da cui è iniziata la sua strada per la rivoluzione.

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