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Abbiamo visto in anteprima i primi 2 episodi di Anna di Sky: ecco le nostre impressioni

Sicilia, in un tempo non molto lontano dal nostro: un gruppo di orfani alla deriva gira per la regione alla ricerca di una speranza. Speranza di vita, di futuro, di nuove occasioni e di un motivo per lasciarsi, in qualche modo, dopo quattro anni che sembrano essere usciti da un cinico film horror, un terribile passato alle spalle. Non è difficile empatizzare con le situazioni, la protagonista Anna e i vari personaggi, visto il mondo in cui viviamo da un anno a questa parte: carnefice di una terra spopolata in cui ci sono solo bambini e non più adulti è la Rossa, un terribile virus che elimina inesorabilmente i “grandi” per lasciare i “piccoli” in balia del proprio destino.

Senza più regole né riferimenti, senza una storia a cui aggrapparsi né una luce da intravedere in fondo al tunnel. All’inizio, quantomeno. Perché poi forse tutto cambierà, si spera. Dentro una pandemia in cui non ci sono vaccini, ci sono rarissime risposte ed è difficile intravedere delle soluzioni definitive. Senza però rinunciare a obiettivi e a un cammino da portare avanti per non cadere nell’oblio. Col coraggio e la perseveranza dei piccoli che piccoli non sono per niente.

Anna, la nuova serie tv Sky Original in arrivo il prossimo 23 aprile su Sky e Now con tutti gli episodi disponibili da subito sulle piattaforme dedicate, creata, diretta e sceneggiata da Niccolò Ammaniti e tratta dal suo romanzo omonimo, parte da questo presupposto per raccontare una storia suggestiva e unica. Legata apparentemente a doppio filo con le cronache dei nostri giorni, purtroppo abbastanza affini, senza però essere realmente connessa alla situazione che noi tutti stiamo vivendo. Anna, infatti, è una storia profondamente indipendente, e l’arrivo della serie tv in questo periodo storico non è altro che una curiosa coincidenza: il romanzo di Niccolò Ammaniti è infatti uscito nel 2015, sei anni fa, mentre il progetto per la serie tv era stato avviato e sviluppato in larga parte ben prima dell’irruzione del Covid nelle vite di ognuno di noi.

Anna, fin dall’inizio, è un prodotto che punta sulla qualità, senza compromessi con uno scenario narrativo che avrebbe potuto dare il là a svariati presupposti in qualche modo già visti: una qualità tangibile nella fotografia suggestiva, nei dialoghi incisivi, nel coraggio delle scelte e in una trama che procede regolare e incalzante senza mai essere in qualche modo stucchevole. Ma anche in una colonna sonora che giostra tra generi diversissimi e unisce Frank Sinatra, Loredana Bertè, il synth-pop degli Alphaville e le vibrazioni tribali di Rauelsson (autore della partitura musicale originale) in un solo coro. Nell’essere, prima di tutto, una serie tv impossibile da inserire in una categoria predefinita. Perché Anna è Anna, punto.

Anna è anche un racconto drammatico, anche un racconto post-apocalittico, anche una distopia. Anche una fiaba, azzardando un po’ le definizioni. È anche questo, ma prima di tutto è se stessa nell’essere, complessivamente, “altro”. Altro, decisamente in meglio. Uno sfondo, innanzitutto, per raccontare le storie di un gruppo di bambini costretti a diventare grandi molto prima del tempo. E osservare con cura e meticolosità cosa significa essere umani, convivendo in un mondo da ricostruire fin dalle basi più essenziali, attraverso un ordine da ristabilire nel bel mezzo del caos.

Niccolò Ammaniti, alla seconda esperienza con Sky dopo l’affascinante e sperimentale miniserie Il Miracolo (andata in onda nel 2018 e osannata da critica e pubblico), va oltre il suo bellissimo romanzo, ne amplia l’orizzonte senza snaturarlo minimamente, approfondisce con attenzione personaggi e situazioni e mette in scena una storia dark dai tratti inquietanti, che sembra richiamare per certi versi Il Signore delle Mosche ma è in realtà ispirato a due opere apparentemente distantissime: il film Apocalypto e, soprattutto, il dipinto di Bruegel “Giochi di bambini”. Dark, senza rinunciare all’amore e alla speranza, il vero motore della ricerca di una ragazzina di 14 anni (Anna, per l’appunto, interpretata da Giulia Dragotto), che viaggia nell’originale microcosmo siciliano per ritrovare una persona perduta, creare una nuova possibilità e tracciare una via che la conduca verso un futuro migliore.

Speranza che si riflette fin dall’inizio su un contrasto ricercato ed evidente: da una parte abbiamo a che fare con la cupezza di un mondo in cui l’energia elettrica è ormai pressoché assente, buio e claustrofobico, angosciante e soffocante. Dall’altra, tuttavia, la Sicilia si schiude in una malinconica bellezza fatta di rovine e di un fascino sbiadito ma non svanito, pregno di dolore e allo stesso tempo di luce. Viva, seppure affranta. Se in un senso il passato opprime, nell’altro il presente si aggrappa al futuro, ricerca le lezioni di ieri e ha una sola possibilità: esplorare il mondo per riabbracciarlo e trovare una via di fuga dal dramma, anche (se non soprattutto) attraverso la memoria.

In fondo, ancor più da un contesto post-apocalittico ben distante da quelli a cui siamo abituati da molto tempo tra The Walking Dead e dintorni, è questa la vera chiave di volta di Anna: non può esistere un futuro senza gli insegnamenti del passato. Non c’è innovazione senza tradizione. E, a quattro anni di distanza dalla tragedia, resta solo un vero riferimento: un libro, perché i libri sono fondamentali e decisivi. Scritto dalla madre di Anna (interpretata da Elena Lietti, già presente ne Il Miracolo), si intitola Il Libro delle Cose Importanti ed è una sorta di “bignami” in cui si combinano delle indicazioni pratiche per i figli (verificare sempre la data di scadenza degli alimenti, per dirne una) e delle vere e proprie lezioni di vita. Semplici e alla portata di un bambino, ma non per questo meno profonde e intense. Una voce che arriva dal passato e si diffonde nel presente per plasmare un futuro che non potrà non essere profondamente diverso.

Già dai primi 2 dei 6 episodi della prima stagione (al momento non è prevista la seconda, ma chissà) si delineano quindi gli elementi chiave della serie, pronta a stupire il pubblico mettendo al centro l’intimità dei suoi protagonisti, affascinare con una narrazione che sorprende, colpire senza filtri e non ricorrere in alcun modo a superflue spettacolarizzazioni “all’americana”, regalare più di una lacrima e strappare qua e là un sorriso attraverso originalità, qualità e una trama mai banale. Perché un’altra tv è possibilissima anche in Italia. E al di là dei problemi che ha la nostra serialità, l’Anna di quel genio illuminato di Ammaniti ne è l’ennesima dimostrazione.

Come dicevamo, Anna è creata e diretta da Niccolò Ammaniti in collaborazione con la co-sceneggiatrice Francesca Manieri, è prodotta da Mario Gianani e Lorenzo Mieli con Lorenzo Gangarossa per Wildside (società del gruppo Fremantle), in collaborazione con ARTE France, The New Life Company e Kwaï. Il giovanissimo cast è composto da: Giulia Dragotto, Alessandro Pecorella, Elena Lietti, Roberta Mattei, Clara Tramontano e Giovanni Mavilla. Andrà in onda dal prossimo 23 aprile, e perderla sarebbe davvero un peccato.

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