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Mi chiamo Daniela, ho 19 anni e la serie che odio di più è American Horror Story

Capita che ci siano delle Serie Tv con cui non ci si riesce a connettere, che per un motivo o per un altro causino delle antipatie sin da subito tanto da impedirne la visione. Succede spesso, è vero, ma questo non è il caso di American Horror Story.

American Horror Story infatti è stata la primissima Serie Tv che ho deciso scientemente e coscientemente di guardare, all’incirca cinque anni fa. All’inizio è stato amore a prima vista: parliamo chiaramente, Murder House è una stagione geniale. Non solo riesce a comunicare emozioni indescrivibili, facendomi piangere e ridere, ma è stata capace di farmi innamorare così tanto da vederla per ben due volte di fila.

Il concept che si cela dietro la serie è intelligente. Le serie antologiche – come può essere definita anche Ai confini della realtà, alla quale American Horror Story si ispira molto – sono intriganti, funzionali e lasciano quasi sempre un bel ricordo. Infatti è difficile toppare per più di una stagione di fila, quando si tratta ovviamente di segmenti autoconclusivi. Purtroppo però non sempre si impara dai propri errori e questo Ryan Murphy ce lo insegna bene.

Serie Tv

Asylum, pur essendo un’accozzaglia di situazioni – alieni, possessioni, nazisti, suore, assassini, Anna Frank – rimane un ottimo prodotto di intrattenimento. Una serie horror, davvero horror. Continuo ad adorarla, oggi come allora: la reale essenza di American Horror Story, fatta di voglia di sconvolgere, un leggero gusto splatter e temi socialmente scottanti.

Per quanto l’abbia inizialmente amata, American Horror Story è stata una delusione (quasi) continua sin dalla metà della terza stagione.

Coven è difatti partita come una grande idea, un progetto che sembrava semplice e ben realizzabile, peccato che dalla settima puntata in poi abbia perso lo spirito giusto. Quel leggero filone trash che si intravedeva sin dai primi episodi ha preso il sopravvento, portando a uno dei finali di stagione peggiori di sempre. Più che “Horror” è definibile “Trash Horror”, di quello squallido, che non si capisce se sia brutto volutamente o se sia tutto un sogno orribile.

Da pensata geniale a prequel di Scream Queens (che mi è piaciuta ancor meno) il passo è breve.

American Horror Story

Nonostante questo e soprattutto nonostante la delusione data dalla terza stagione, aspettai con ansia la quarta: Freak Show. Anche qui l’idea iniziale era e rimane fenomenale, inizialmente la trovai anche un ottimo riscatto dal criticato finale di Coven. Peccato che dopo poco iniziò a perdersi in chiacchiere. Le idee erano tante ma mal sviluppate, perle ai porci insomma. Per non parlare dello spreco – perché è di questo che si tratta– del talento di Neil Patrick Harris in un piccolo e inutile cameo. Il personaggio di Chester era fantastico, peccato che sia stato confinato in soli due episodi. Un’ennesima occasione buttata al vento.

Freak Show per me è stata un’illusione. Il suo ingranaggio funzionava, la trama era lineare e intrigante, sembrava fosse ritornata ai gloriosi albori. Poi – ahimé – dopo un orrifico idillio, la serie sembrò intraprendere la via del declino verso i più profondi abissi tartarei. Sapete qual è la fregatura? È che la caduta di stile è iniziata intorno al decimo episodio. Quindi non è riuscita a distruggere la stagione (che a suo modo rimane intrigante) ma le ha tagliato completamente le gambe, lasciandola nella mediocrità mentre sarebbe potuta essere straordinariamente geniale.

Purtroppo (per me) sono una grande filantropa, credo nel cambiamento in positivo e nelle capacità che l’uomo ha di imparare, soprattutto dai propri sbagli. Ecco perché mi sono ritrovata a iniziare con un certo entusiasmo Hotel.

In questo caso, non sono riuscita ad andare oltre la quarta puntata. Il mio cervello non ce l’ha più fatta ad accogliere quelle inutili informazioni. Perché il problema di Hotel è che non vuole comunicarci niente, assolutamente niente. L’avrei infatti chiamata più opportunamente Ho(s)tel, per citare una delle trilogie splatter più famose. Certo, è un ottimo splatter – questo è sicuro – e c’è anche Lady Gaga. Peccato che non ci sia più niente di misterico, esoterico, niente di più horror nel vero senso della parola. Solo un ammasso informe di sangue e situazioni volte a sconvolgere i più.

Questo era il potere delle prime quattro – claudicanti – stagioni: nonostante tutto, nonostante il trash, nonostante la trama lasciata un po’ andare per la sua strada, riuscivano a mantenere viva in me una certa curiosità intellettuale.

Dopo il terribile flop – per me – della quinta stagione, ho deciso di abbandonare completamente la visione di American Horror Story con una punta di amarezza.

AHS è stato il mio primo amore su piccolo schermo, il mio rito di iniziazione. L’ho amata davvero alla follia, tanto da rivedere le prime due stagioni con un’ossessività quasi compulsiva. Ancora ora – e non la rivedo da parecchio tempo – so a memoria le battute di Asylum.

Di American Horror Story mi ha colpito la sua genialità, la sua innovazione, il suo essere così lontano dal comune quotidiano. Era una ventata d’aria fresca, una brezza su cui fare affidamento nei momenti più tristi. Ho divorato Murder House e Asylum. Poi ho aspettato con ansia Coven, vivendo la settimana tra un episodio e l’altro con una certa fibrillazione, che infine si è trasformata in inerzia. Ho sperato che Freak Show rialzasse l’asticella, invano. Con Hotel è finita la magia.

È rimasto solo un bel ricordo di una serie che mi ha fatto innamorare, inc*zzare e lamentare. E non voglio rovinarlo.

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