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The Undoing, la Recensione: oltre ogni ragionevole dubbio

C’è un tipo particolare di persona con cui [Lei] vuole stare e forse ha un po’ troppa fretta di vedere quella persona negli uomini che incontra da non vedere chi ha davanti

Immaginate la vostra vita: una routine perfetta, una famiglia serena, un marito o una moglie che amate. E adesso immaginate che tutto questo sia un’illusione. Un click e la vostra sicurezza va in frantumi, il caldo abbraccio familiare si spegne, la terra vi frana sotto i piedi. The Undoing è la storia di una donna e della sua ostinata negazione della verità.

Grace è una brillante psicologa, lo dimostra nel primo episodio quando mette spalle al muro i suoi pazienti. Li pone di fronte alla cruda, amara verità delle ipocrisie che raccontano a se stessi. Tutti ci nascondiamo dietro certezze sottili come filigrana, bugie che raccontiamo per accettarci e per evitare il duro confronto con le debolezze dalle quali non riusciamo a sottrarci.

Nicole Kidman

E così scopriamo di essere un compagno fedifrago che giustifica il tradimento per traumi pregressi, un tradito che accetta una verità distorta e una donna che “Ha un po’ troppa fretta di vedere quella persona negli uomini che incontra da non vedere chi ha davanti“. Con una grande costruzione The Undoing ci presenta fin dal primo episodio quella negazione che Grace, e noi con lei, porterà avanti fino a poco prima del finale.

Siamo i traditi e siamo i traditori, siamo quelli pronti a perdonarci e a credere in quello che abbiamo voluto vedere negli altri.

Ci costruiamo una nostra narrazione personale e arriviamo a credere all’impensabile andando “oltre ogni ragionevole dubbio” perché, semplicemente, non abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà. Non riusciamo a confrontarci con le persone che credevamo di conoscere e su cui invece non abbiamo fatto altro che proiettare i nostri modelli di perfezione. Quelle persone, il compagno fedifrago della coppia in terapia da Grace, e Jonathan Fraser, marito di Grace, si modellano così sulla nostra narrazione. Ci si presentano come l’ideale che abbiamo sempre ricercato.

E ciò che lucidamente nota Grace nella coppia che psicoanalizza ma che è incapace di vedere in suo marito Jonathan. Anche noi rimaniamo accecati da quella patina superficiale di bontà che abbiamo voluto vedere in quel medico, padre di famiglia rispettabile e amorevole marito. È più facile pensare che la mostruosità si nasconda altrove, che il colpevole sia un altro. Oltre ogni ragionevole dubbio.

The Undoing

In fondo, non c’è mai stata ragione di pensare che il colpevole fosse qualcun altro. La presenza sulla scena del delitto, la fuga, le incongruenze (perché sarebbe dovuto tornare sul posto? E il finto viaggio di lavoro già programmato?), l’abito portato in lavanderia, i modi sempre più sospetti. Eppure noi siamo lì a credere alla sua innocenza ogni oltre ragionevole dubbio. E probabilmente abbiamo continuato a farlo anche al momento del ritrovamento dell’arma del delitto: chi l’avrà messa lì? Chi vuole incastrarlo?

Siamo ciechi, chiusi nella versione che abbiamo raccontato a noi stessi.

Oltre ogni ragionevole dubbio. Perfino più di Grace che di fronte all’ennesimo tassello, il martello, finalmente capitola davanti a quella realtà che ha sempre negato a se stessa e capisce una verità fin troppo ovvia. Noi spettatori e Grace siamo stati sottratti alla nostra oggettività, a quella analisi distaccata che invece The Undoing affida alle figure di contorno. Al medico amico di famiglia che riconosce lucidamente il disturbo narcisistico di Jonathan (“Si beava di essere il centro di intense emozioni in un modo molto narcisistico e anche morboso“), alla madre dell’uomo che ne rivela l’apatia, al padre di Grace che ha sempre visto in lui quelle storture oscure. È proprio lui a ricordare a Grace che “Ti chiesi se a te appariva così perfetto perché gli avevi spiegato il tuo concetto di perfezione e lui ti aveva dato ciò che volevi“.

Tutti sono partecipi della verità.

Tutti tranne noi e Grace, perché siamo troppo coinvolti e troppo portati a credere che ci sia un’altra spiegazione, più misteriosa e sorprendente. Oltre ogni ragionevole dubbio. The Undoing gioca straordinariamente su questo elemento fornendoci la soggettiva di Grace, distorcendo la realtà attraverso gli occhi della donna: la sigla si concentra proprio su Grace da piccola per alludere all’illusione in cui la donna vive, a quell’inconsapevolezza infantile di chi, come una bambina, non vede che il buono e il sereno.

The Undoing

Gradualmente però la donna fuoriesce dal suo stato di beata inconsapevolezza, esce dall’ingenuità di chi è cieca. La presa di coscienza finale è affidata alle parole dell’avvocatessa dell’accusa ma Grace quella verità l’ha già maturata.

“Dottoressa, nella sua professione, Lei non dice ai pazienti che a volte vogliono a tal punto credere ai loro partner che scelgono di non sapere delle cose, di non vedere delle cose e che a volte la verità su chi hanno sposato viene distorta da chi disperatamente loro credono di aver sposato?”

Ora tutti sanno e qualcuno, senza che ce ne accorgessimo, ha sempre saputo: l’avvocato della difesa che urla a Jonathan rabbiosamente, “Perché non ti sei sbarazzato di quel c***o di martello?“. Tutti tranne noi, che forse siamo ancora lì a credere a qualche colpo di scena oltre ogni ragionevole dubbio.

Hugh Grant fa il ruolo della vita, l’interpretazione che mai ci saremmo aspettati da lui.

Lo fa con un’espressività fuori dal comune e con quella venatura oscura che, a posteriori, ci accorgiamo che Jonathan ha avuto fin dal principio. Nicole Kidman mantiene fede alla sua eleganza melanconica, con un’indolenza confusa e lamentevole che tanto bene si adatta al personaggio. E così The Undoing si rivela una delle migliori miniserie degli ultimi tempi gabbandoci grazie a un ottimo plot dall’essenziale realismo.

The Undoing

Nessun irrealistico colpo di scena, nessuna rivelazione sconvolgente o complessi intrecci che vediamo registrarsi solo nella finzione dello schermo. Niente di tutto questo, solo l’illusione di una donna che nega ostinatamente la verità. Un’illusione che noi spettatori condividiamo con lei, ciechi di fronte a ogni indizio, condizionati dal nostro desiderio di un’altra spiegazione, dall’idea che le cose non siano mai come sembrano. Ostinati. Oltre ogni ragionevole dubbio.

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