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Ted Lasso: quando l’antieroe diventa buono

Per anni abbiamo assistito all’evoluzione dei protagonisti seriali, l’abbiamo cercata disperatamente, abbiamo spinto perché ci fosse. E il dio delle serie tv ha ascoltato le nostre preghiere. Dopo le comedy circolari che ristabilivano bonariamente a fine puntata l’ordine iniziale degli eventi e restituivano figure schiacciate a macchiette da avanspettacolo, si sono via via fatti largo personaggi di ben altro calibro. Ted Lasso è soltanto il prodotto finale di una storia di lenta ma graduale evoluzione televisiva. Si è iniziato dai drama, con antieroi eccezionali ma anche profondamente umani come Tony Soprano: il boss mafioso, simbolo di forza, machismo e spacconeria si è fatto incerto, dubbioso, psicologicamente fragile. I Soprano non è una serie sulla mafia, è una serie sulla crisi esistenziale di un uomo di mafia e non a caso si conclude con la chiusura e la “guarigione” da questa crisi del suo protagonista.

Ted
Ted Lasso (640×360)

Per la prima volta si è approfondita la psicologia, calato sulla terra l’eroismo dei protagonisti e li si è resi uomini comuni ma complessi nella loro caratterizzazione. Lentamente questa attenzione si è spostata sempre più anche alla comedy portando avanti un nuovo concetto di serialità, quello di una dramedy che riesce ad affiancare ironia e tragicità, dubbi esistenziali e risate meditate. È il caso di opere come Scrubs o How I Met Your Mother che riescono a coniugare risata e riflessione, commozione e iconicità.

Poi, però, sembrava si fosse caduti in un pantano nel quale non si trovava un guado attraversabile.

Le comedy in particolare hanno subito una profonda flessione, più rari si sono fatti i successi seriali e mancava la quadra in un mondo di spettatori protesi a un cambiamento e un’esigenza di rinnovamento che non sembrava più possibile. In fondo, quale poteva mai essere il passo successivo? Nessuno sembrava avere una risposta. Poi però è arrivata la pandemia e abbiamo capito tante cose.

Dal successo di Lol, per esempio, ci siamo resi conto che in un periodo tanto complesso, incerto e serio avevamo bisogno di leggerezza. Una musica leggerissima che ci facesse distrarre ma soprattutto sperare e confidare che tutto sarebbe andato bene, che il mondo avrebbe continuato a girare e il sorriso tornare a dipingersi sulle nostre labbra. Ma se Lol compie il primo passo, il più semplice, quello di una risata immediata, naturale e scacciapensieri, quale poteva essere quello successivo, quando noi, pubblico avido di realismo ma anche di emozioni, avremmo chiesto di più?

Ted Lasso (640×360)

Tornare alla dramedy non sembrava la strada giusta. Un percorso saturo e per certi versi già battuto da altri generi. Come il drama, che si è appropriato delle figure da pagliaccio della comedy approfondendone i tratti e svelandone il vero, oscuro volto. Viene in mente Better Call Saul che nel suo geniale spirito artistico è riuscito a rendere il leggero, clownesco saltimbanco di Breaking Bad un antieroe sfaccettato e potentissimo che non ce lo farà mai più vedere sotto la stessa, superficiale luce.

E allora? Quale sarebbe stata la strada per le comedy di nuova generazione? Nell’incertezza generale, ecco emergere Ted Lasso. Apparentemente una comedy vecchio stampo: un eroe positivo, semplice, bonario, monodimensionale. In realtà, molto più di questo. Ted Lasso fa qualcosa di rivoluzionario: dall’idea di antieroe ormai tradizionale, modellata da decenni di evoluzionismo seriale, compie un giro completo e ritorna al punto di partenza. Ritorna alla solarità, alla leggerezza della commedia, all’idea che tutto andrà per il meglio. C’è però un forte, deciso e fondamentale “ma”. Ted Lasso fa sì questo percorso ciclico che lo rispedisce alle origini ma ci torna arricchito di decenni di approfondimento psicologico.

E sta qui tutta la differenza del mondo.

La vera rivoluzione di Ted Lasso viaggia perciò su due livelli. A un primo livello la serie appare fortemente innovativa, accattivante e coinvolgente perché Ted non è il solito antieroe negativo. Non è il villain reso tale da un passato burrascoso, dalla società o chicchessia. No, Ted è una persona buona, gentile e disponibile. In un mondo di lupi lui riesce a emergere per contrasto. Come l’Idiota di Dostoevskij si fa largo nell’alta nobiltà a colpi di ingenua bontà, come il sempliciotto protagonista di Oltre la siepe diventa un leader politico, così Ted Lasso conquista tutti a colpi di altruismo.

Ted Lasso
Ted Lasso (640×360)

Già fisicamente Bill Lawrence, il fu creatore di Scrubs, ora di nuovo avanguardista con questa serie, rende Ted Lasso un “bonaccione”: i capelli ben curati, i baffi folti e amichevoli, lo sguardo vispo e solare. Anche l’immancabile tuta non fa altro che restituirci l’immagine esteriore di un tipo alla mano e brioso. È con lentezza ma fermezza che Ted si fa largo nei nostri cuori, nella sua divertente, ingenua semplicità che proprio ci impedisce di volergli male. Calato in un mondo arrivista e sprezzante come quello del calcio, dove le vendette, la prepotenza, la lotta per emergere sono all’ordine del giorno, Ted rompe le regole non scritte mostrandoci che un’altra via è sempre possibile, che anche con la bontà si può avere successo.

Lentamente forza le nostre difese e quelle degli altri, di Rebecca in particolare, intenzionata a distruggere la squadra del suo ex, odiato marito e progressivamente avvinta alle quotidiane, semplici e oneste gentilezze del suo allenatore. Ted ci fa ridere, ci fa tifare per lui, passo dopo passo, vittoria dopo vittoria ma anche nel momento del dubbio e della sconfitta. Ci ricorda per una volta che c’è sempre un’altra strada possibile e che, forse, la gentilezza salverà il mondo. E che di certo ha salvato noi.

Ma non è solo questo.

L’aspetto alla Flanders di Ted Lasso e la rappresentazione superficiale, bozzettistica e piaciona da comedy anni ’60, si arricchisce di altro. Bill Lawrence aggiunge il carico di anni di dramedy, antieroismo e approfondimenti psicologici. Così, pur tornati alle origini del genere, quello che vediamo non è affatto sorpassato o anacronistico. Ted non è semplicemente il volto sereno di un mondo che chiede leggerezza ma è anche l’emblema di quello stesso mondo sofferente, malato e fragile che ogni giorno prova a mostrare il suo profilo migliore.

Ted Lasso
Ted Lasso (640×360)

Dietro l’apparente gioia e solarità, dietro la genuina solidarietà e l’inno al crederci (“Believe!“) c’è tutto il male di vivere, c’è tutto il peso del mondo di un eroe quotidiano che si scopre fallibile e contemporaneo nella sua malattia. Ted è un uomo che ha alle spalle (anzi, ancora davanti a sé) un matrimonio fallito, che ha un figlio lontano e deve sempre mostrarsi un’àncora di salvezza per chi lo circonda. È un uomo chiamato a sorreggere le colpe e le sofferenze di tutti ma che nel contempo è costretto a fare i conti con le sue di sofferenze e colpe. Con una realtà che è molto diversa dalla favola giornalistica dell’outsider che porta al trionfo una squadra di football.

Ha colpe come marito, padre, allenatore. Nasconde dietro il volto sorridente un dramma esistenziale che vorrebbe ricacciare nel recesso più nascosto della propria anima. Ma che costantemente chiede e pretende di emergere, di farsi largo, colpendolo, paralizzandolo, facendolo fuggire nei momenti di massima crisi. Ted Lasso è fragile, scoperto, solo. Perché se lui c’è per tutti, nel suo dolore è costretto a essere irrimediabilmente solo.

Ted Lasso, da serie tv modernissima qual è, affronta, con lo sguardo buono di chi alimenta la speranza, i mali moderni che attanagliano l’uomo.

Lo fa con leggerezza ma mai con superficialità. C’è sempre delicatezza, tatto, semplicità: si passa dal trattare le discriminazioni, alle difficoltà di essere una donna single, ai complessi intrecci delle relazioni amorose, alla necessaria esigenza di maturare e diventare uomini. Per questo Ted è insieme un eroe e un antieroe, è il volto buono del “Believe“, il Cristo che concentra su di sé tutti i peccati del mondo ma nel contempo quello “spaventato e angosciato” del Getsemani. È un uomo come tutti, con le sue difficoltà, debolezze, errori e momenti di sconforto e rabbia.

Ted Piange
Ted Lasso (640×360)

Con Ted Lasso la comedy fa un giro su se stessa e torna al punto di partenza. Ma lo fa portandosi dietro tutta la complessità della modernità. E il risultato è eccezionale. Perché Ted Lasso è una serie che sa alleggerirci e darci speranza ma nel contempo essere sincera e reale, verace e diretta nel restituirci tutta la drammatica difficoltà dello stare al mondo. La serie di Bill Lawrence traccia una rotta, ci dà una nuova prospettiva nell’affrontare le nostre crisi giornaliere. Non ci chiede semplicemente di indossare una maschera sorridente, ci invita a diventare sorridenti, a guardare il mondo da una prospettiva nuova e ad alimentare la bontà che genera bontà. Il che, naturalmente, non cancella i nostri problemi ma potremmo scoprire che ce li fa affrontare molto meglio.