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Sex Education ed Euphoria: le due facce della Generazione Z raccontate da due serie manifesto

Una targata HBO, una delle più grosse case di produzione di sempre, l’altra targata Netflix, uno dei colossi dello streaming. Una colorata, l’altra in pieno stile urban. Sex Education ed Euphoria giungono sui nostri schermi entrambe nel 2019, a distanza di soli pochi mesi. Fin dal loro arrivo i riflettori sul genere teen drama si riaccende in modo importante. Per la prima volta dopo Skins, il pubblico ritrova interesse nelle storie giovanili a prescindere dalla propria età. Che si ami o meno il teen drama, in questo caso non importa. Le due produzioni sono infatti riuscite a trattare argomenti adolescenziali senza mai chiudere la porta alle tematiche più adulte, creando un solo unico filone fatto di vita, disagi, tristezze, ma anche speranze e ricerca di sé. Se una cerca di raccontarle in modo più sofisticato, l’altra cerca di farlo affidandosi a una leggerezza di fondo che non sfocia mai nella superficialità. Sex Education ed Euphoria condividono lo stesso obiettivo: vogliono raccontare la Generazione Z sotto tutti i punti di vista, quel che le distingue è il modo con cui lo fanno. Sia in un senso che in un altro, le due produzioni fanno luce su tematiche fondamentali che ogni giorno caratterizzano la vita di molti adolescenti, ma non solo. Probabilmente senza Euphoria e Sex Education mancherebbe un pezzo importante perché, nonostante la presenza di altre valide produzioni attuali del genere, queste due sembrano portare avanti una sorta di vicinanza alla realtà che – nonostante alcune estremizzazioni ovvie – mette davvero a fuoco la Generazione Z in un modo necessario, onesto e profondamente accurato.

Sex Education ed Euphoria sanno bene che cosa stanno raccontando e, attraverso la loro narrazione, mettono al centro di tutto il grido d’aiuto di una generazione che ha bisogno di essere ascoltata. Ora più che mai

euphoria
Euphoria (640×360)

Skins arriva nel gennaio 2007. Per la prima volta, l’adolescenza viene raccontata sullo schermo senza alcun fiocchetto rosa o distorsione della realtà. Gli adolescenti, dal 2007, vengono raccontati in modo onesto, diretto e senza filtri. Non sono più soltanto i soliti ragazzi innamorati e sognatori: sono anche stanchi, disillusi e privi di grosse prospettive. In sostanza, sono persi. Fino a quel momento certi temi venivano lasciati da parte privando i giovani della possibilità di conoscere storie che avrebbero potuto sensibilizzarli o, più semplicemente, fargli capire che non erano da soli nella loro disperazione. Che non erano sbagliati, che era normale sentirsi anche così. Dalle ceneri di Skins, in qualche modo e 12 anni dopo, nasce Euphoria. La Serie Tv HBO ricorda molto la produzione britannica, anche se in modo diverso. Al contrario di Sex Education, Euphoria è più cupa. Caratterizzata da uno stile urban e più cinico, la serie mette al centro la tristezza e la disperazione della generazione attuale. Si focalizza sui turbamenti, le disillusioni, sui comportamenti disfunzionali. Non stiamo parlando soltanto dell’ambito relativo all’utilizzo di sostanze, ma anche al modo con cui spesso viene percepito questo delicato momento di vita.

Nella testa dei personaggi di Euphoria tutto è già stato fatto e tutto è già stato detto. I protagonisti, parallelamente alla realtà, sentono di essere già consapevoli della vita e delle sue disgrazie. Disconoscono quelle frasi che dicono che a 17 anni ancora non sai niente e il mondo è tutto da scoprire. Credono di averlo già scoperto e, per tale ragione, diventano vittime di disillusioni che non riescono a maneggiare facendosi inghiottire del tutto. Euphoria è una Serie Tv disperata e cinica, priva di quei colori pastello che invece caratterizzano Sex Education. Non parla di speranze, neanche di riscatto. Parla della rabbia. A volte lo fa urlando, altre volte sottovoce. A seconda dei personaggi, la serie HBO analizza in modo diverso questa condizione che, nonostante tutto, è intrisa all’interno di ognuno di loro. Poco importa se a raccontarla sarà il vulcano Cassie o il mare calmo di Lexi: entrambe proveranno la stessa sensazione di rabbia e repulsione nei confronti del mondo.

Forse è proprio Lexi, gli occhi e le orecchie di Euphoria, a raccontarci la Generazione Z nel modo più onesto e trasparente. Il suo silenzio fa spazio a ciò che le sue orecchie sentono, a ciò che i suoi occhi guardano ogni giorno. Quel disperato grido d’aiuto viene avvertito dalla sua calma piatta, da tutto quello che ogni giorno vede andare a fondo. Euphoria, al contrario di Sex Education, si concentra infatti sulla parte più difficile e disfunzionale della generazione di oggi, focalizzandosi su tutto quello che impedisce ai giovani di trovare ancora speranza, un motivo per dire non so ancora molto, magari domani sarà meglio.

Sex Education
Sex Education (640×360)

D’altra parte, Sex Education focalizza la sua attenzione sulla ricerca del proprio io, sull’accettazione di sé e degli altri. In qualsiasi modo siamo fatti, Sex Education ci rassicura che andiamo bene così. Se i personaggi di Euphoria si sentono dunque sempre inadatti e sbagliati, quelli della serie targata Netflix provano a spiegarci che non è tutto così tragico. Lo fanno raccontandoci la loro esperienza, il proprio modo di ricercarsi e ripartire da zero. In Sex Education non mancano momenti di smarrimento, ma ciò che differenzia le due produzioni è che in questo caso abbiamo dei personaggi in cerca d’autore, mentre nel primo un gruppo di protagonisti alla ricerca del niente perché convinti che non esista nulla da trovare. Da una parte abbiamo dunque la speranza di ritrovarsi, dall’altra la certezza di non poterlo più fare. Sia in un senso che in un altro, le due produzioni raccontano uno spaccato vicino alla realtà, uno spaccato che ci fa capire che cosa stia attraversando la Generazione Z.

Sex Education cerca di idealizzare un mondo in cui l’accettazione fa rima finalmente con la normalità. A nessuno importa niente di come ti sei vestito, del tuo smalto. Potresti anche decidere di uscir di casa con un comodino in testa, e comunque ai personaggi di Sex Education non importerebbe niente. Perché loro sono oltre. Volano sopra alla superficialità creando una scia fatta di accettazione, della speranza di poter vivere in un mondo sempre più all’avanguardia, un mondo che giudica sempre meno e che ha come unico obiettivo quello di diventare finalmente sano. Di questo tipo di speranze ne abbiamo bisogno come il pane. Se da una parte dunque Sex Education ci aiuta a credere in noi stessi, dall’altra Euphoria ci butta giù. Lo fa con un altro tipo di verità, con un ritratto fatto di lacrime e legami disfunzionali, con famiglie maledette che contribuiscono a rendere i giovani ancora più diffidenti verso il futuro.

Entrambe le produzioni raccontano qualcosa che conosciamo bene, ma diverso è il loro modo di farlo. Siamo riusciti ad amarle entrambe, a sorridere della delicatezza di Sex Education e a capire la disperazione di Euphoria. Siamo riusciti a cogliere l’obiettivo della creatrice Laurie Nunn e a comprendere la tristezza che Sam Levinson ha voluto rendere protagonista. Sia in un modo che nell’altro, Sex Education ed Euphoria ci hanno parlato in modo trasparente non facendoci mai sconti. Mettendo al centro di tutto la verità di una generazione, bella o brutta che fosse, hanno sorvolato sul concetto tipico di teen drama, diventando più di ogni altra cosa un ritratto onesto di tutto quello che sta succedendo. Non sempre ciò che avviene viene ascoltato, molto spesso per molti è più semplice far finta di niente. Ed è proprio a questo punto che le due produzioni, in alleanza, arrivano di fronte a noi chiedendoci soltanto una cosa: smetterla di far finta di niente per imparare, finalmente, ad ascoltare. Potrebbe fare la differenza, e il momento di farlo è giunto già da un po’. Siamo già in ritardo.

La potenza narrativa di Euphoria e l’evoluzione della serialità negli ultimi anni