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Sei pezzi facili – Sei grandi gioielli dal valore inestimabile

Appassionati di teatro, serie tv, cinema e Boris unitevi perché su Rai Play c’è una chicca che forse, tra un’uscita e l’altra, potreste aver perso. Su Rai 3, in seconda serata, per cinque sabati consecutivi, dal 19 novembre al 17 dicembre 2022, è andato in onda l’omaggio del regista Paolo Sorrentino al teatro di Mattia Torre, scomparso nel 2019. Potremmo aver perso uno degli autori italiani più rappresentativi del nostro secolo, ma per fortuna a tenere viva la sua produzione ci pensano i suoi amici-colleghi, primo fra tutti Valerio Mastandrea. Sei pezzi facili, infatti, non è solo un progetto teatrale superbamente diretto, recitato, sceneggiato e in cui ogni scelta stilistica brilla, dalla non-scenografia ai costumi, dalla colonna sonora alle luci. È prima di tutto il risultato di una grande amicizia e di un sodalizio artistico che nemmeno la morte è riuscito a spezzare. Sei pezzi facili è la dimostrazione che dietro ogni progetto riuscito ci sono esseri umani e irrefrenabili esigenze espressive. Così, per celebrare il genio di Torre, per volontà di sua moglie Francesca Rocca, un gruppo di creativi e cantastorie italiani, inseparabili come delle calamite, si sono adoperati per regalarsi e regalarci questo splendido omaggio in sei puntate. In verità la produzione di Mattia Torre non ha bisogno di essere sostenuta né promossa: è talmente forte che vive di vita propria. S’impossessa delle scene, di attori e registi e ci parla. Perché le parole e le letture che Torre sapeva fare della realtà hanno il potere di suonare sempre moderne, attuali e accurate. Così capaci di raccontarci un presente che viviamo, ma che raramente comprendiamo. Per usare le parole di Mastandrea: “Mattia sapeva andare dentro la condizione umana. Il suo lavoro è talmente originale che rimane. Talmente forte che resta“. Rimane e resta appiccicato addosso, appunto, come ogni grande, difficile e inestimabile appuntamento di Sei pezzi facili. Sei tra le opere più famose di Torre scelte da Sorrentino, messe in scena al Brancaccio di Roma per il piccolo schermo e prodotte da Fremantle in collaborazione con The Apartment di Lorenzo Mieli – e chi altro se no!? – per Rai Cultura.

Teatro a puntate, insomma. Pareti bucate ed esilaranti siparietti meta-narrativi. Figure che passeggiano tra le poltrone. Tutto è assurdo perché è così tragicomicamente vero. Televisivo, cinematografico, giullaresco, si tratta di una serie di pezzi forti, tragicomici e per niente facili contro lo stress e l’alienazione della vita moderna, che è sempre più complicata e assurda. Come il costo di una racchetta di padle o i programmi di astrologia finanziaria.

Sei pièce teatrali messe in scena per la tv, sotto la direzione artistica e la regia di Paolo Sorrentino. Un progetto dedicato al genio di Mattia Torre, interpretato da attori-amici, compagni di tante avventure di cinema, teatro e fiction.

Rai Play

Sei pezzi facili, Gola

Sei pezzi facili, Gola - Valerio Aprea
Sei pezzi facili, Gola – Valerio Aprea

Iniziamo con il primo pezzo disponibile su RaiPlay e trasmesso durante la quinta e ultima serata. Un pezzo apparentemente di getto, rapido e doloroso. Valerio Aprea è davanti al suo inseparabile leggio. Legge e mangia. Divora le parole di Torre come fossero sue. La sua bravura la conosciamo, ma ancora una volta l’attore riesce a stupirci. Mezzora affannata in cui capiamo davvero quanto a noi italiani piaccia mangiare. Così, quello che scritto da un’altra penna sarebbe potuto diventare un calderone di luoghi comuni, in Sei pezzi facili diventa angoscia e turbamento. Una cavalcata estenuante che finisce con un espediente comico, anche abbastanza semplice, che inonda lo spettatore, il quale non può che esultare, come davanti a un piatto di carbonara.

Migliore

Migliore - Valerio Mastandrea
Migliore – Valerio Mastandrea

Segue Migliore con Valerio Mastandrea, il primo pezzo ad essere stato trasmesso su Rai 3. Baffuto, l’attore romano si trasforma in un moderno Fantozzi che aspetta Godot sull’orlo dell’imminente crisi di nervi mentre si dimena tra un lavoro umiliante, brucellosi e piorrea. Mastandrea non è mai stato così bravo. Durante il monologo emerge un talento nel modulare le voci incredibile che, forse, non avevamo mai notato, o apprezzato, prima. Mastandrea è Alfredo Beaumont, un “Walter White” che dopo uno spiacevole incidente entra in una crisi profonda e lascia uscire il suo lato cattivo. Ed è in quel momento che la società gli spalanca le porte e lo accoglie a braccia aperte. Un’indagine psicologica tremendamente umana, dunque, che ci lascia senza fiato. La brucellosi, per chi non lo sapesse, esiste davvero e secondo Wikipedia è:

una malattia infettiva provocata dai batteri del genere Brucella. La brucellosi ha molti sinonimi, derivati dalle regioni geografiche in cui la malattia è più diffusa: febbre maltese, febbre melitense, febbre mediterranea, febbre di Cipro, febbre di Gibilterra; o dal carattere discontinuo della febbre: febbre ondulante, tifo intermittente.

Perfetta

Sei pezzi facili, Perfetta - Geppi Cucciari
Sei pezzi facili, Perfetta – Geppi Cucciari

“Le cinquantenni sono le figure chiave di questo Paese.”

Trasmesso il 26 novembre su Rai 3 e disponibile su Rai Play, Perfetta è una sorpresa potentissima. Geppi Cucciari, perfettamente immobile per oltre metà spettacolo, è un concentrato godurioso di rabbia, potenza atavica e voglia di ululare alla Luna. Una Luna spettacolare che fa da padrona. L’attrice, comica e presentatrice sarda dimostra un talento che forse non avevamo mai apprezzato fino in fondo. Dal suo corpo si materializza un monologo scritto da un uomo che sapeva dare voce davvero a tutti. Uno sfogo sincero e privo di cliché che racconta un mese di vita di una donna, scandito dalle quattro fasi del ciclo femminile. Un tema ancora considerato un tabu. E così veniamo intrappolati nella routine di una cinquantenne intrappolata che lotta in un mondo che non è fatto per lei. Che forse non è fatto per nessuno. Un ciclo di 28 giorni disperati e faticosi che ripercorrono la vita di chi ha la sventura di avere un utero, scandagliandola attraverso un’analisi clinica sociale ed emotiva.

Qui e ora

Sei pezzi facili, Qui e ora - Paolo Calabresi e Valerio Aprea
Sei pezzi facili, Qui e ora – Paolo Calabresi e Valerio Aprea

Torna Valerio Aprea che questa volta combatte contro gli spocchiosi, quelli dei fine settimana bucolici, degli stivaloni e degli Spritz. E arriva Paolo Calabresi a regalarci un’altra performance da urlo. Al centro della trama c’è un incidente frontale tra due scooter in una strada sperduta della periferia romana. I soccorsi non arrivano: è il 2 giugno, festa nazionale. Claudio, disoccupato, e Aurellio, un cuoco famoso, così diversi, si ritrovano l’uno contro l’altro, destinati a odiarsi. Qui e ora è forse il più accessibile e divertente dei sei. Ma è anche il pezzo più snervante, fino al plot twist in cui diventa inesorabilmente tragico. A Claudio andava bene tutto, pure il proporzionale. Ma la carbonara di pesce… quella proprio no! E così, l’appuntamento si riallaccia a Gola, in un loop di smarrimento nazionalpopolare e prese di coscienza esistenziali.

456

Sei pezzi facili, 456 -  Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e Giordano Agrusta
Sei pezzi facili, 456 – Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e Giordano Agrusta

Trasmesso su Rai 3 il 10 dicembre 2022, 456 cambia registro e fa incontrare la modernità, Brecht ed Eduardo de Filippo. Il cast si allarga mettendo in scena 4 attori che non hanno bisogno di presentazioni: Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e Giordano Agrusta. Al centro della vicenda c’è una famiglia isolata che vive in mezzo a una valle oltre la quale c’è l’ignoto. Padre, madre e figlio sono ignoranti, meschini e diffidenti. Intorno alla tavola volano accuse. Litigano, pregano, si odiano. Insomma, davanti a noi abbiamo il peggio dell’umanità. Ma occorre raggiungere un compromesso. Una tregua dovuta perché sta per arrivare un ospite atteso che potrebbe cambiare il loro futuro. 456 è un altro pezzo inquieto, forse il più tradizionale e il meno sperimentale. Un dialetto, volutamente difficile da capire, dona al tutto quella concretezza popolare che diverte e allo stesso tempo crea turbamento e frustrazione. Il testo è profondo, come l’abisso in quei personaggi che parlano, parlano e parlano, ci trascinano.

In mezzo al mare

In mezzo al mare, Valerio Aprea
In mezzo al mare, Valerio Aprea

Chiude il ciclo di Sei pezzi facili Valerio Aprea, senza leggio, il protagonista di In mezzo al mare. Un pezzo forte, fortissimo e controverso. Un pugno allo stomaco drammatico e sardonico. Come ognuno dei sei, anche questo pezzo è preceduto da un siparietto meta-teatrale che ci prepara all’assurdità del monologo sofferto. Siamo sulla Via Aurelia o su una barca, poco importa. Di mezzo c’è un incidente stradale compiuto sulla via del ritorno da un matrimonio. Ma anche questo poco importa. L’ultimo appuntamento, supportato dalla bravura di Aprea, intrappolato sulla sedia, è la presa di coscienza collettiva che delle creature imperfette come gli esseri umani non possono essere perfette. Questa continua sfida alla performance e alla perfezione non è più sostenibile. Questo è il grido di un Ulisse inadeguato e in balia delle onde. Tutti sanno, tutti si conoscono profondamente, pensa. Lui invece non sa chi è. Sa più o meno chi è. Ma non sa niente, non capisce un c***a. “Ma è una mania quella di sapersi descrivere alla perfezione?”, si domanda. L’ultimo appuntamento è una presa di coscienza socratica di un uomo che sa di non capire un c***a che fa davvero bene al cuore.

Sei pezzi facili è una trasposizione divertente e commovente, vibrante e profonda, rispettosa e travolgente del lavoro di Mattia Torre. Un lavoro sinergico compiuto da ogni reparto in punta di piedi, da cui traspare l’apprezzamento sia per l’autore che per l’uomo. Un amore potente che diventa arte e che travolge lo spettatore. Si tratta del primo spettacolo messo in scena senza di lui. Ma Torre c’è. Ovunque. Forse più di prima. Come il suo fantasma aleggia in Boris 4. Il suo lavoro è più vivo che mai e non ha bisogno di orpelli, retorica o particolari espedienti tecnici. E chi porta avanti la sua produzione lo sa:

Mi sono avvicinato al suo teatro con il massimo rispetto e con la voglia di valorizzare e amplificare il suo talento. Io come regista mi sono limitato a pochi appigli cinematografici, delle minime ibridazioni, perché con testi e interpreti così ogni aggiunta è superflua. Mi manca molto Mattia, era una persona straordinaria che si faceva amare con facilità. Siamo stati amici, ci siamo frequentati a sprazzi, che sono stati belli e intensi. Ho rimpianto di non averlo frequentato di più. Questo lavoro in qualche modo è servito anche a me per poter sentire ancora una volta la sua voce.

Paolo Sorrentino