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The Swarm – Il quinto giorno: la Recensione del thriller Rai che ci invita a rispettare l’ambiente

ATTENZIONE – L’articolo contiene spoiler su The Swarm – Il quinto giorno

The Swarm, giunta in Italia col sottotitolo Il quinto giorno, è un’ambiziosa coproduzione che ha il suo cuore in Germania, ma che unisce diversi paesi europei, tra cui anche l’Italia, ed è arrivata nel nostro paese proprio di recente, con la trasmissione settimanale su Rai Due e l’uscita anticipata in blocco su Rai Play, dopo aver viaggiato per tutto il 2023 tra festival e tv nazionali. L’esordio ufficiale di The Swarm risale infatti al febbraio 2023, quasi un anno fa, quando la serie tv è stata presentata in anteprima alla Berlinale, per poi fare la propria comparsa, qualche giorno dopo, sulla ZDF, la tv di stato tedesca.

Con un ritardo non indifferente, The Swarm è arrivata anche da noi, portando in scena tutta la potenza del romanzo di Frank Schätzing da cui la serie prende ispirazione. Quella che vediamo è una vera e propria ribellione, fisica, metaforica e in fin dei conti nemmeno così tanto fantascientifica, della natura che, dopo anni e anni d’inquinamento e di razzie da parte degli esseri umani, si rivolta e passa al contrattacco, provocando danni e cataclismi in tutto il mondo. La particolarità di The Swarm sta proprio nella sua forma: possiamo definirla una sorta di thriller ambientalista, la cui attenzione verso gli scenari apocalittici la colloca nel settore fantascientifico, ma in cui ciò che viene portato in scena è talmente verosimile da annullare il filtro del genere. A conti fatti, The Swarm è una serie decisamente interessante, che contiene un sottotesto potentissimo, ma che non nasconde qualche sbavatura a livello più strettamente tecnico. Andiamo a parlarne nel dettaglio.

The Swarm
Tina e Sigur (640×360)

The Swarm – Il quinto giorno: una ribellione spaventosa

Al centro del racconto di The Swarm c’è questa ribellione della natura, che inizia con alcuni avvenimenti isolati, come il ritrovamento di un’orca morsa e spiaggiata, un virus che si diffonde coi crostacei e un’invasione di granchi. Il punto di rottura che certifica lo stato d’emergenza è un pesante e innaturale tsunami che colpisce il nord Europa, senz’altro tra i momenti più intensi di tutta la serie tv, e questo passaggio segna l’ingresso in una nuova fase del racconto, in cui il sensazionalismo delle catastrofi ambientali lascia spazio alla ricerca e alla scoperta dell’esistenza degli Yrr, gli organismi che stanno causando tutti questi danni, reagendo all’impatto mostruoso che gli umani hanno avuto sull’ambiente. Un team di esperti, grazie a dei finanziamenti privati, s’incarica di provare a dimostrare l’esistenza di questi Yrr e, una volta incontrati, arriva la consapevolezza che l’unico modo per confrontarsi con loro è il “dialogo”. Grazie al sacrificio di Charlie, una giovane e convinta ricercatrice, viene finalmente teorizzata questa collaborazione tra gli umani e gli Yrr, e la ragazza viene restituita al suo mondo, con al suo interno però parte proprio di quegli organismi, la cui volontà rimane pressoché ignota.

Questo è, in linea di massima, ciò che succede nelle otto puntate di The Swarm. C’è da sottolineare che il punto d’interesse della serie tv sta più che altro nei disastri ambientali e nel sottotesto che racchiudono. Molto meno interessanti sono le storyline dei personaggi, globalmente poco caratterizzati e sacrificati sull’altare della comprensione scientifica. Inizialmente è infatti difficile entrare nel mondo dei protagonisti della serie tv, quasi tutti studiosi di discipline settoriali, la cui complessità rende impermeabile il loro ambiente. Andando avanti la caratterizzazione un po’ migliora, ma rimane comunque in superficie. Ciò non impedisce che ci siano alcuni momenti davvero intensi, come quando i protagonisti devono partire per la missione e salutano i loro cari, ma in generale l’attenzione è più sulla storia e sul suo significato che sulla caratterizzazione.

Alcuni passaggi sono complessi, perché è complessa la materia, e per fini narrativi viene sacrificata un po’ di spiegazione, che avrebbe fatto luce su diversi aspetti, ma sicuramente avrebbe appesantito la narrazione. Le scene di maggiore impatto sono sicuramente quelle delle catastrofi ambientali, che contribuiscono all’obiettivo di mettere in guardia gli spettatori e di trasmettergli la consapevolezza dell’impatto umano sull’ambiente. Tutto ruota, come vedremo presto, intorno a questo concetto cardine e sicuramente tra i pregi di The Swarm c’è la resa dei disastri, che mantengono sempre un collegamento netto con la realtà, evitando quegli scenari apocalittici che sicuramente impressionano, ma che non sono credibili, presentando invece minacce tangibili e concrete, che mantengono vivo il filtro della credibilità e per questo spaventano ancora di più.

The Swarm
Charlie (640×360)

La forza della natura

Andiamo, dunque, a parlare dell’essenza di The Swarm, ovvero la teorizzazione della ribellione della natura e come questa cambia l’intera concezione umana. Questo è un tema quanto mai attuale considerando la situazione che stiamo vivendo, tra cambiamento climatico, inquinamento e via dicendo. Questo elemento si coniuga poi ad altri affini, come quello della debolezza umana di fronte alla natura, o della sua cecità. Gli umani tendono a rimanere sordi e ciechi ai lamenti della natura, tentano in ogni modo di sopraffarla, senza rendersi conto di quanto la natura possa essere invece una preziosa alleata se adeguatamente assistita. Il finale di The Swarm mostra proprio questo aspetto: l’attacco scatena la violenza degli Yrr, che però non esitano comunque ad aiutare Charlie e l’equipaggio quando vedono un gesto di collaborazione. C’è un passaggio, particolarmente interessante, in cui si paragonano gli incidenti verificatisi con le celebri piaghe d’Egitto della Bibbia e ci si chiede se, tralasciando Dio, quelle piaghe non siano state chiamate dagli esseri umani. Un passaggio di una forza stratosferica, che sottolinea come i disastri ambientali, in fondo, si ricolleghino quasi sempre all’azione umana, la quale è, in fin dei conti, causa del suo stesso male.

The Swarm mantiene il proprio racconto in linea con l’attualità, accompagnandosi anche al faticoso tema della pandemia, ben presente in questa serie tv. Viene sottolineato il tema della responsabilità ambientale, sia delle aziende che dei singoli, e a questo elemento si accompagna anche quello delle istituzioni, troppo spesso bloccate dalla paura e dalla burocrazia. Da qui si arriva ovviamente alla pandemia e all’importanza di non ignorare più, come avvenuto in passato, le avvertenze degli esperti e i segnali del mondo esterno. Senza entrare troppo nel merito di un dibattito complesso, il tema della responsabilità per la pandemia rimane oggi vivo, e lo rimarrà a lungo, e in The Swarm si riflette, sottolineando la necessità, specialmente oggi che molte situazioni sono parzialmente compromesse, d’intervenire tempestivamente e senza indugio.

Tutte queste considerazioni portano alla consapevolezza dell’enorme forza della Natura, dinanzi a cui l’uomo è estremamente fragile e in quanto tale reagisce, con rabbia e cecità. The Swarm ci mostra, invece, che la natura va ascoltata, non combattuta e ci mostra cosa potrebbe accadere qualora questa passasse al contrattacco deciso e organizzato. Un evento che cambierebbe completamente la concezione umana, come sottolineato nel racconto. The Swarm è una serie tv necessaria in questo momento storico, in cui il confronto con gli effetti del nostro impatto ambientale non è più rimandabile. La forza con cui The Swarm affronta questi temi fa soprassedere anche su alcune incertezze legate allo sviluppo narrativo e alla costruzione dei personaggi. Siamo, sicuramente, davanti a un prodotto dal livello qualitativo medio, come ce ne sono molti altri, ma dalla forza concettuale enorme, importante per affrontare delle tematiche che, al giorno d’oggi, non possono assolutamente più essere rimandate o ignorate.