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The Romanoffs: il quarto episodio ci ha fatto totalmente cambiare idea

Immaginate la vostra vita. Immaginatela proiettata al futuro. In quel futuro, per una volta, una volta sola, appena, non vedeteci la felicità. Create nella vostra mente l’immagine peggiore che potete. Scoprirete che non c’è male più grande del rimpianto. Perché è qualcosa che non puoi cambiare, non più. Dovrai convivere con quella sensazione. Dovrai farlo per sempre. The Romanoffs, quarto episodio.

Essere Romanov, ancora una volta, anche stavolta. Lo abbiamo ricordato in precedenza. Essere Romanov, spesso, significa vivere nel passato. Vivere in un ricordo reale o supposto. In un prestigio che ora non c’è più. I protagonisti di The Romanoffs -i veri protagonisti- non sono Romanov. Non lo erano Greg e Hajar. Non lo era Shelly. E neanche Olivia Rogers nello scorso appuntamento. Anche in questo “Expectation” l’interprete principale non è una Romanov anche se è sposata con uno di loro.

The Romanoffs

Il nome della donna è Olivia, come l’Olivia della 1×03. Non è un caso. Entrambe le donne condividono qualcosa. Sono Romanov, in un senso molto più profondo del legame di sangue. Olivia Wells è una donna di mezza età, ancora bellissima, ma stanca. Guarda al passato, al tempo che fu. A quello che sarebbe potuto essere. Ha compiuto una scelta. Lo ha fatto da sola e si è caricata di tutto il peso di quella decisione. Ma ora ne patisce le conseguenze.

Il racconto è scisso nei momenti del presente e in quelli del passato.

L’emozione di un istante lontano si alterna all’attualità. Ha una vita serena, un marito amorevole. Non potrebbe desiderare di più. Eppure, non basta. Manca qualcosa. Manca qualcosa di fondamentale. Olivia non lo sa ma tutto in lei parla di quel qualcosa. Ne parla quando si scontra con la figlia che ha rinunciato all’emancipazione per una vita raffinata da moglie casalinga. Ne parla pure quando vaga per la città inquieta e confusa.

Un profumo, e in lei la memoria torna all’incontro di un momento. Una parola, e la sua mente viaggia nel momento cruciale della sua vita. In quell’istante, in quel secondo in cui la linea del tempo, del suo tempo, si è scissa in due la vita è cambiata. Ha preso una direzione che non accetta inversioni di marcia.

The Romanoffs

Tutto questo episodio di The Romanoffs gioca, ancora una volta, sul rimpianto. Sul ‘se’ di un’esistenza compromessa. Non è una crisi di mezza età. È una crisi esistenziale. Il peso di sentirsi Romanov. Di sentirsi, cioè, uomini incompiuti. Fantasmi della felicità. Olivia è uno spettro. Galleggia sulle strade, su una New York che fa da silenzioso sfondo. Levita inconsistente, eterea. Alterna rabbia a frustrazione. Esasperazione a indifferenza. Non ride, non lo fa mai. La sua è una smorfia nevrotica e pesante.

Manca qualcosa.

Un residuo, un disavanzo esistenziale. Il pezzo mancante, la chiave di volta che potrebbe sconvolgere e ribaltare tutto. Ma dov’è? Cos’è? Non lo capisce, Olivia, anche se l’ha sempre saputo. Ha scelto la sicurezza. Ha scelto la via più matura, più ragionata. Ma questa logica, adesso, sembra non avere più consistenza.

Sta per diventare nonna, Olivia. Anche se quel bambino non vuole uscire. Non vuole venire al mondo. Anche Olivia ha qualcosa dentro che non riesce a tirare fuori. È in continuo travaglio, in costante angoscia. Dentro di lei qualcosa preme, spinge, la appesantisce. Non è il senso di colpa. Sa che suo marito avrebbe amato con lo stesso trasporto quella bambina. Anche se non sua. Perché, inevitabilmente, lui è stato un padre per lei. No, non è questo.

The Romanoffs

Non è neanche il peso del segreto o la responsabilità che ha nei confronti di Daniel, il vero padre. Gli ha tolto tutto. Gli ha tolto la possibilità di dimostrarsi maturo. Di amarla. Ha tolto a Daniel la felicità di accompagnare sua figlia all’altare e di stringere tra le braccia il suo nipotino. Lo ha escluso da una vita che aveva diritto a vivere. Eppure, non è propriamente neanche questo che la scuote. Vedete, lettori, il rimpianto ti blocca. Ti paralizza e ti rende apatico. Ti stritola nell’immobilismo. Non ti lascia vivere.

In The Romanoffs c’è anche questo. C’è questa fissità e questo senso di orribile costrizione che riguarda tutti gli interpreti.

Vittime di una vita che li ha resi prigionieri. Ma qualcosa accade. In ogni episodio c’è sempre una virgola al posto del punto, una variabile che fa saltare il banco. Che compromette la stanca, vuota costante matematica di un’apparentemente irreversibile routine. Per Anushka e Greg è stata la purezza di Hajar che li ha restituiti al mondo. Per Shelly la brutalità di Michael l’ha liberata dalla costrizione coniugale. Per Olivia Rogers il tremendo terrore l’ha sottratta alla sua recita. Ora, in questa 1×04, tutto il mondo si ribalta in un attimo. Il passato torna attuale. Olivia Wells, come le altre donne di The Romanoffs, riattualizza la storia.

The Romanoffs

Tutto si riavvolge, il presente si accartoccia e la rimanda a quel bivio iniziale. A quel momento cruciale della sua esistenza. Olivia può ancora scegliere. In quella chiamata a Daniel, in quella finale confessione, c’è il parto tanto atteso. La liberazione finale. Quel parto è, come ogni parto, un atto di profondo amore. Ecco il residuo, ecco il peso che la scuoteva dal didentro. Quello che agita e inquieta non è il rimpianto. Quello che ci scuote è l’amore. Questo strano, imperituro sentimento che supera la prova del tempo. Che rimane dentro di noi nonostante tutto. E che bussa dal didentro.

Che ci chiede di lasciarlo uscire. Di partorirlo.

Nello sguardo finale di madre e figlia c’è la consapevolezza di quell’amore. Olivia capisce che la figlia sa. Capisce che Ella non sta sprecando la sua vita. Sta solo scegliendo l’amore. Quella folle emozione che Olivia non ha avuto il coraggio di seguire a suo tempo.

Adesso, lettori, immaginate nuovamente il vostro futuro. Fatelo pensando alla cosa migliore che potrebbe accadere. Sapete qual è. Sapete che non sarà mai troppo tardi per fare in modo che si concretizzi. Perché quel qualcosa non smetterà mai di farsi sentire. Di agitarci e squassarci. Starà solo a noi permettere e spingere perché venga fuori. Perché l’amore trovi, finalmente, il modo di manifestarsi in un ‘ti amo’. Fosse anche dopo una “gravidanza” un po’ troppo protratta.

Ti amo

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