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The Responder – la Recensione del police drama di Disney+

**La recensione potrebbe contenere SPOILER della prima stagione di The Responder, la serie disponibile su Disney+**

The Responder cattura per il faccione di Martin Freeman (ecco dieci motivi per amarlo). Perché mai guardare cinque puntate da un’ora che mostrano un agente di polizia di Liverpool depresso che è stato retrocesso dalla sua posizione di ispettore e ora fa i turni di notte? Perché la storia è narrata per catturarci in una rete di adrenalina e panico. Il nuovo dramma poliziesco britannico della BBC One è stato creato e scritto da un ex agente di polizia del Merseyside, Tony Schumacher. Nato a Huyton nel 1967, infatti, prima della sua carriera di scrittore, ha lavorato come agente di polizia e tassista nella vicina Liverpool, città in cui è ambientato il drama. The Responder, fortemente influenzata dall’esperienza del suo autore, è andata in onda il 24 gennaio 2022 su BBC One e ha ricevuto numerosi elogi, soprattutto della critica. Rilasciata la scorsa settimana su Disney+, la serie è drammatica, cruda ed è l’ideale per una sessione di binge-watching estivo. Schumacher ha dichiarato che il protagonista, Chris Carson, ha molto a che fare con lui e con le lotte che ha dovuto affrontare, sebbene la storia non sia basata su fatti davvero accaduti. Una trama ben tessuta, ma che brilla senza dubbio grazie al suo interprete: un formidabile Martin Freeman (Sherlock, Fargo). Cinque puntate intense e grintose legate da un crescendo di emozioni, dubbi e incertezze. Viviamo l’ansia di Chirs, sentiamo i suoi attacchi di panico come fossero i nostri. IMDb ha registrato un 7,4 di gradimento mentre l’aggregatore Rotten Tomatoes ha totalizzato uno score del 100% della critica contro un 67% del pubblico, scrivendo:

The Responder è inesorabilmente oscura e inevitabilmente avvincente, con la performance di Martin Freeman che sorregge il dramma.

Rotten Tomatoes

The Guardian, invece, gli ha concesso cinque stelle su cinque e l’ha definita:

Con la rabbia nel cuore e gli sputi in faccia, Freeman vincerà sicuramente tutti i premi per questo dramma scritto da un ex poliziotto, avvincente come un thriller e profondo come un documentario.

The Guardian

Un asso nella manica di nome Martin Freeman.

Martin Freeman

Chris Carson è un uomo esausto. E non solo per gli estenuanti turni di notte passati a stretto contatto con diseredati, ubriachi, drogati e criminali. Dilaniato da un rapporto conflittuale con sé stesso e con il compromesso che il suo lavoro gli impone, l’agente viene spinto un turno alla volta oltre i limiti della resistenza mentale. La morale e il suo senso di lealtà vacillano e lo confondono, impendendogli di capire cosa significhi fare la cosa giusta. Chris non dice di essere esausto: è la bravura di Martin Freeman a gridarlo con prepotenza, a partire da una sigla incredibile, energica e intrisa di follia urbana. Arricchita dalla colonna sonora originale a cura di Matthew Herbert, The Responder mostra la stessa ossessione per le volpi di Fleabag, un animale che nella serialità britannica sta acquisendo un risvolto simbolico sempre più profondo. Quella volpe della sigla, spaventata e ignara di cosa accade intorno, ha lo stesso sguardo perso e spaventavo del protagonista.

La prima stagione ce lo presenta come un uomo assente, un automa. Tra i turni di notte, le sedute di terapia (con una terapista altrettanto esausta, che lo confonde con altri pazienti) e la sua famiglia che ama ma trascura, Chris è diviso tra il desiderio di fare del bene e una vena aggressiva e violenta, provocata da traumi passati, esacerbati dagli anni vissuti a stretto contatto con la criminalità. Non sappiamo molto di lui, soprattutto dalle puntate iniziali. Ma non ne abbiamo bisogno. A mano a mano, infatti, scopriremo attraverso i suoi gesti esasperati cosa lo ha indurito. Chris è stato retrocesso da ispettore a semplice poliziotto di pattuglia non si sa bene per quale motivo. The Responder è appunto “il rispondente”, cioè un agente di pronto intervento che risponde alle chiamate d’emergenza per arrivare tempestivamente sulla scena del crimine. Un incarico da stomaco di ferro, che lui ha scelto di svolgere senza partner. Così, nella notte, rimbalza solo da una chiamata all’altra. Piccoli spacciatori, anziane decedute sul divano, liti condominiali, auto in fiamme, risse: se l’Inferno avesse un volto, sarebbe un suo turno di notte.

Chris è schiacciato, ma non solo dal lavoro.

The Responder

A soffocare il protagonista c’è la situazione di sua madre (Rita Tushingham) che sta morendo mentre soggiorna in una casa di cura che Chris non può permettersi, e da sua moglie, Kate (MyAnna Buring), la quale è stanca di avere al suo fianco un cartonato, un fantasma emotivamente disconnesso dalla realtà. Il lavoro lo ha rovinato, la retrocessione ad agente l’ha consumato, ma gli accadimenti di queste cinque interminabili notti l’hanno definitivamente spezzato. Chris ha un amico di vecchia data, nonché uno spacciatore locale, Carl Sweeney (Ian Hart). I due hanno un accordo imprecisato e Carl gli chiede di trovare una certa Casey (Emily Fairn), una ragazzina tossicodipendente che gli avrebbe sottratto una borsa carica di cocaina. Chris la trova. Avrebbe potuto consegnarla a Carl e uscire fuori da un inevitabile bagno di feci. Invece decide di immischiarsi e di rischiare. Sia per salvare la ragazza da un’imminente morte per martellate, sia per approfittare della situazione: la casa di cura non si paga certo da sola. Potrebbe chiedere in qualunque momento i soldi alla moglie, ma è troppo orgoglioso per farlo. L’occasione, si sa, fa l’uomo ladro, e Chris non ha più intenzione di perderne un’altra.

Cosa significa fare la cosa giusta?

The Responder

Martin Freeman, come abbiamo detto, è formidabile. Come lo è l’intero cast, del resto. Un’interpretazione agghiacciante che vale la visione dell’intera stagione. Il suo sguardo è annebbiato, assente, gelido. Le sue occhiaie sono scavate e la sua esasperazione è percepibile a fior di pelle. L’intensità con cui Chris affronta i turni di notte, da solo, e la rabbia repressa lo stanno soffocando, come fa quell’uniforme accollata e pesate, e rischiano di consumare l’ultimo briciolo di umanità che crede di avere. Vediamo Chris fare la cosa sbagliata, da un punto di vista di regole scritte. Invece ha più umanità di quanto creda. I suoi metodi e i suoi “errori” dimostrano che dietro la Legge, dietro i protocolli e dietro ciò che consideriamo “giusto” si nasconde un caos che va interpretato. Chris aggredisce persone, si mette in affari con amici spacciatori, aiuta altri criminali a scappare dai suoi amici spacciatori, lascia andare preti ubriachi colti in fragranza di reato, falsifica prove. Insomma il protagonista, sulla carta, infrange la Legge a ogni turno di notte.

Eppure, a differenza dell’integerrima novizia che gli verrà affidata contro la sua volontà – Rachel Hargreaves (Adelayo Adedayo) – finisce sempre per fare la cosa giusta. L’esperienza gli ha insegnato che l’interpretazione cieca e letterale della Legge non è sempre la mossa più giusta da fare. Si preoccupa delle persone al punto da mettere in pericolo sé stesso. Alle prese con la sua salute mentale sempre più instabile, Chris è sopraffatto dagli eventi, dai problemi economici, dalla crescita di una figlia e dal fronteggiare dei criminali che, come lui, in fondo tentano di sopravvivere con quello che la vita gli ha dato. Persone che infrangono la Legge, ma che in fondo hanno un’umanità più solida di chi dovrebbe far rispettare le regole. Come il suo collega, Raymond Mullen (Warren Brown). L’agente, infatti, abusa del suo potere per interessi personali. Anzi, un doppio interesse: vendicarsi di Chris per averlo fatto retrocedere insieme a lui e avere un’occasione con la moglie di lui, con cui ha avuto dei trascorsi.

Un thriller asfissiante, torbido e disperato. Così accurato che fa male.

The Responder

Il police drama, diretto da Tim Mielants, Philip Barantini e Fien Troch, ci mette davanti a tre figure emblematiche. Un poliziotto le cui azioni fanno supporre che sia corrotto, ma che in fondo sta cercando di non lasciarsi sovrastare da una realtà ingiusta; un collega apparentemente retto e rispettabile intenzionato a distruggerlo per un tornaconto personale; un’agente di polizia alle prime armi che tenta di applicare le regole alla lettera, che a lavoro sfoggia un atteggiamento integerrimo mentre nella vita privata è vittima di violenze domestiche. The Responder corre su un filo sottilissimo e ci mostra che i concetti di giusto e sbagliato sono fragili e relativi. Viviamo i fatti narrati come se fossero reali perché si basano su l’esperienza vissuta di chi al posto di Chris ci è stato per davvero.

police drama disney+

Il passato dell’autore, infatti, avvalla ogni dilemma, ogni nervo teso e, ovviamente, avvalora l’accusa contro una società che non tutela le persone. Un sistema che le spinge spesso al limite, lasciandole sole con un’eventuale malattia mentale indotta dal lavoro, che viene percepita come uno stigma anziché una condizione da curare. La serie distribuita da Disney+ dimostra la fragilità delle strutture sociali, incapaci di tutelare la salute psichica di un individuo nonché l’assenza di supporti finanziari, emotivi e politici. Chris è solo, come tutti. Per questo, a volte, per fare la cosa giusta, fa la cosa sbagliata. Ma ha bisogno di aiuto, come ne avrebbero bisogno Carl o Rachel, anch’essa strozzata, incapace di denunciare il suo fidanzato. Un altro merito del dramma firmato BBC One è quello di tracciare un ritratto accurato di cosa viva una vittima di violenza domestica. Ci mostra quel laccio invisibile che le impedisce di fare qualunque cosa, perfino uscire da un armadio.

La prima sceneggiatura di Tony Schumacher è sorprendentemente matura e disinvolta. Centellina ogni parola e non si spreca in chiacchiere. Ogni personaggio è reale, vivido e sfugge da ogni retorica. Lo script ha lo stesso carattere del suo protagonista: duro, asciutto e nervoso. La serie si avvale di un linguaggio narrativo d’avanguardia, scattoso e inquieto, e di una fotografia notturna ma aranciata, cupa e asfissiante. La prima stagione è piena di umanità e disperazione. Un thriller da divorare in pochi giorni che svuota e allo stesso tempo riempie. È profondo e accurato perché – purtroppo – traspare tutto il vissuto del suo autore.

The Responder è già stata rinnovata per una seconda stagione perciò rimaniamo con i nervi tesi, impazienti di scoprire cosa ne sarà di Chris Carson.

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