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The Handmaid’s Tale 2×05 – La fede e la disillusione

“Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.”

Se nello scorso episodio abbiamo lasciato June rassegnata e pronta a calarsi pienamente nei panni dell’Ancella ubbidiente e sottomessa, qualcosa sembra smuoversi di nuovo nell’animo della protagonista che non riesce, in cuor suo, a smettere di combattere. The Handmaid’s Tale continua a regalarci episodi meravigliosi, ricchi di emozioni e soprattutto di spunti su cui riflettere.

Tra passato, presente e (possibile) futuro, la Serie Tv racconta in maniera sempre più cruda e ora anche un po’ gore di questa società in cui gli incubi più inimmaginabili diventano realtà. E quando sembra che non possa esserci un’oscurità ancora più profonda da raggiungere ecco che nuovi tormenti e torture, più fisiche che psicologiche, vengono riservate a Offred.

The Handmaid's Tale
The Handmaid’s Tale

“Seeds” è una finestra su un nuovo raccapricciante lato di Gilead, di cui stavolta è protagonista Nick. Offred non può che assistere impotente mentre l’unica mano amica che le era rimasta, le viene strappata via attraverso le sapienti macchinazioni di Mrs. Waterford e del Comandante. La prima, privata ormai di qualsiasi parvenza di empatia e sensibilità, ridotta a una cinica e ipocrita macchina. Non tollerava che Offred le rispondesse e non la tollera neppure ora che è stata ridotta al silenzio, si nutre della vita dell’Ancella e dei suoi dispiaceri. Il secondo sente messo in pericolo il proprio ruolo di maschio Alpha, eccolo quindi veloce a togliersi dai piedi lo scomodo Nick.

Mentre Mrs. Waterford sorride beata, inconsapevole di essere inutile quanto un’Ancella, Offred trova nell’alienazione da se stessa l’unica via di fuga, l’unica strada per potersi salvare. 

Durante la scena sapientemente girata che vede la conclusione del Prayvaganza (matrimonio di gruppo tra diversi fidati servitori di Comandanti e alcune adolescenti cresciute e preparate dalle proprie famiglie per adempiere al ruolo di moglie suprema), gli applausi scroscianti e fasulli lasciano il posto a un silenzio di tomba e vero nella sua crudezza. Le giovani spose sorridono ignare, onorate del compito che è stato loro affidato mentre la malignità le acclama tutt’intorno. Alle vesti immacolate e a i veli casti che le avvolgono, si contrappone il rosso di coloro che ora devono rimediare al peccato commesso nella vita precedente. 

The Handmaid's Tale
The Handmaid’s Tale

Il seme, da cui la puntata prende il titolo, è quello della speranza che Janine porta tra le “non-donne” ma è anche e soprattutto quello che Offred porta in grembo. È straordinario rendersi conto di quanto l’animo umano possa essere forte, anche nelle situazioni più drammatiche, anche quando la speranza sembra averci lasciato, c’è sempre una fiammella che non muore. Pronta a risorgere come la Fenice.

Così, se per tutto l’episodio Offred accetta impassibile e senza fiatare l’apparente aborto che sta affrontando, nel finale la fiamma torna a brillare in lei, seppur con un nuovo proposito. L’unico modo per ribellarsi è non cedere a Gilead e alle sue leggi. Anche se questo significa uccidersi. Per la prima volta Offred contempla la morte. È forse un tentativo di suicidio quello che la donna compie quando viene ritrovata da Nick in giardino? Sembrerebbe di sì, ma non come atto di codardia bensì per avere definitivamente l’ultima parola.

“I will not let you go up in this place. I won’t do it. They do not own you”

Elizabeth Moss regala una delle performance più belle finora, attraverso i gesti e lo sguardo l’attrice riesce a dire molto di più di quanto potrebbero fare le parole. E il finale è una dichiarazione d’intenti. 

The Handmaid's Tale
The Handmaid’s Tale

Torniamo alle Colonie, tra le non-donne che paradossalmente così vicine alla morte ritrovano la gioia di vivere. Il matrimonio è una luce chiara che regala, seppur per una sola notte, gioia e serenità, una speranza che Emily non riesce a comprendere ma di cui riconosce la bellezza. Il matrimonio tra le due donne nelle Colonie è emblema di quell’amore così assente nella cerimonia che ha visto protagonista Nick e gli altri. Quest’ultimo è l’ennesimo strumento che Gilead utilizza per inculcare il suo credo. La società distorce in un qualcosa di meccanico e puramente produttivo, un momento di intensa comunione.

Le Colonie sono a tutti gli effetti dei campi di concentramento, in cui le donne comunque destinate a morire vengono sfruttate il più possibile. 

La disillusione di Emily si scontra con la gioiosa innocenza di Janine che, salvata per due volte da Dio, non riesce a smettere di credere in un piano superiore. È la dolcezza disinteressata a colpire Emily e a incrinare la corazza che ha costruito attorno a sé per proteggersi. E se si potesse essere di più? Senza venire annullate in involucri senza vita che si trascinano ogni giorno tra rabbia e miseria. Forse si può.

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