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The Devil’s Hour – La Recensione del nuovo thriller psicologico con Peter Capaldi

ATTENZIONE: questo articolo potrebbe contenere SPOILER sulla prima stagione di The Devil’s Hour.

Déjà vu.

È come un cortocircuito nel cervello. Una sensazione localizzata in un centro della memoria che ti illude di avere già vissuto quell’esperienza.

Si apre e si chiude più o meno con queste parole la miniserie creata da Tom Moran e prodotta da Steven Moffat per Amazon Prime Video. I sei episodi che la compongono sono stati distribuiti sulla piattaforma di streaming il 28 ottobre 2022 e sono già stati divorati da moltissimi spettatori. Come si può intuire dalla frase appena citata, i ricordi e la mente umana sono i veri protagonisti della serie. E anche se The Devil’s Hour non riesce a essere perfetta e costante in tutte le sue puntate, e presenta sicuramente qualche punto debole, non è da condannare sotto ogni aspetto.

La presenza nel cast di un nome come quello di Peter Capaldi, che aveva già collaborato con Steven Moffat per il ruolo di Dottore in Doctor Who (possiamo anche dire di uno fra i migliori Dottori), ha contribuito ad attirare l’attenzione degli spettatori ma non è stata una garanzia sufficiente alla totale fiducia nei confronti di questo nuovo prodotto di Amazon Prime Video. La miniserie ha portato sul piccolo schermo un intrigante mix di horror, thriller, crime e dramma psicologico, intrecciando la storia personale di Lucy Chambers (interpretata da Jessica Raine) e di suo figlio Isaac a quella di un uomo misterioso la cui identità verrà svelata solo nel corso degli episodi, e che però sappiamo essere interpretato proprio da Capaldi.

Lucy si sveglia quasi ogni notte alle 3.33 in punto e non riesce a capirne il motivo. Ha un figlio incapace di provare qualsiasi tipo di emozione che si aggira per la casa come un guscio vuoto e viene spesso preso di mira dagli altri bambini della scuola ma, soprattutto, la donna ha continuamente dei déjà vu. C’è solo un particolare che la distingue dalle altre persone: in questi déjà vu, Lucy ha memoria del passato e del futuro, e non solo del futuro che vivrà di lì a breve, ma anche di tutti quei futuri che non ha vissuto, le cui immagini non riesce a comprendere e la tormentano ogni giorno.

The devil's hour
Jessica Raine (640×361)

È proprio questa caratteristica che la porta, in The Devil’s Hour, a dubitare costantemente di sé stessa e a chiedere, a un certo punto, l’aiuto del detective Ravi Dhillon, interpretato da Nikesh Patel.

G: Non c’’ inizio e non c’è fine. La vita è come un disco graffiato che si ripete all’infinito, ma non ricordi di aver sentito la canzone in passato e continui a ballare e a cantare inconsapevole.

L: Ma tu non lo fai, perché tu sei speciale. Che cosa ti rende speciale, Gideon?

G: Io me la ricordo la canzone. E posso spostare la puntina.

Il confine tra sonno e veglia, tra realtà e finzione è più sottile che mai. La metafora della vita come un disco danneggiato che ripete all’infinito le solite due strofe di una canzone. L’illusione di riuscire a esercitare un qualsiasi tipo di controllo su ciò che vede, spinge Lucy a collaborare con Ravi alle indagini di alcuni omicidi, inspiegabilmente collegati al rapimento di suo figlio Isaac. Durante il primo episodio, le informazioni che ci vengono date appaiono caotiche e ancora troppo frammentarie per poterci capire qualcosa. Mano a mano che i déjà vu di Lucy aumentano e che gli omicidi si susseguono senza un collegamento apparente, i tasselli cominciano a tornare al proprio posto. Eppure, lo spettatore ha ancora l’impressione di non aver colto a pieno il senso della serie, di non aver compreso dove il thriller psicologico di Prime intende arrivare.

Il caos iniziale non si distende fino all’ultima puntata, offrendo nel frattempo una fotografia che a tratti ricorda un po’ quella di Ozark (per il blu particolarmente accentuato nelle scene girate in casa di Lucy) e che risulta piuttosto asfissiante se paragonata a quella dai colori caldi e accesi che caratterizza invece le scene ambientate nella casa dei loro vicini. Non manca nemmeno un’ampia gamma di personaggi, anche se il più convincente, e forse il più odioso, è forse Mike, il padre che Isaac ha avuto in sorte dal destino ma che non meritava affatto. Un uomo opportunista, egoista, bugiardo, incapace di amarlo a causa dei suoi problemi e assolutamente privo di quella sensibilità che invece rende Lucy una protagonista più umana.

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Amazon Prime Video (640×400)

Dunque la serie affronta tematiche attuali e le ammanta di una patina che a tratti finisce per sfociare quasi nel fantasy e nel sovrannaturale, e che non convince fino in fondo.

Da alcuni, la miniserie è stata definita horror, anche se di orrorifico c’è poco e niente. A caratterizzare The Devil’s Hour è più che altro una sensazione di ansia in situazioni in cui è piuttosto prevedibile ma prevale soprattutto nella prima metà delle puntate e poi inizia a sciogliersi dopo la scoperta dell’identità dell’assassino. A tenere alta la concentrazione del pubblico, da quel momento in poi, è solo la curiosità nei confronti dei ricordi di Lucy, del suo passato e del ruolo di ciò che vede rispetto a ciò che può influenzare. Tuttavia, la sensazione fino alla fine è quella di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto, a un prodotto che utilizza ancora una volta l’espediente dell’interrogatorio come scusa per dare importanza ai flashback, che non ha molto di originale e non riesce a dare troppo valore al personaggio interpretato da Capaldi, sebbene lavori con il talento che lo contraddistingue.

Solo all’ultimo la serie riesce finalmente a restituire un pizzico di senso e logica alla storia. Una delle ultime inquadrature regala allo spettatore il cuore di tutto il racconto. Ravi è ancora nella sala dove Gideon è stato interrogato e la cinepresa è fissa dietro lo specchio dal quale poco prima lui osservava la conversazione tra l’assassino e Lucy. Riflessi nello specchio, proprio secondo la stessa logica che guida i déjà vu, ci sono altre immagini dello stesso specchio che riflette la stessa stanza. E così all’infinito, in un ritorno simbolico che restituisce alla perfezione l’eterno susseguirsi dei cicli della vita, quello che il personaggio di Peter Capaldi definisce ricorrenza.

In conclusione possiamo dire che la miniserie prodotta da Steven Moffat per Amazon Prime Video è stata un tentativo riuscito solo in parte di portare in televisione le molteplici possibilità della vita e dell’universo ma, nel farlo, ha perso alcuni pezzi per strada, risultando così zoppicante in più di un’occasione e facendo anche credere agli spettatori che si trattasse di un contenuto dalle tinte più horror. Una tematica complessa come quella che tiene insieme tutti gli episodi è stata trattata in alcuni punti con una leggera superficialità, provando a recuperare in calcio d’angolo con una lunghissima spiegazione nel finale che però non è stata sufficiente a risolvere i dubbi di tutti e a dare una risposta a ogni domanda che ha generato.

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Jessica Raine (640×395)

Ciò che in principio sembrava dover avere una soluzione più dark e sovrannaturale (su Amazon Prime Video ce ne sono di migliori), alla fine si è rivelato essere frutto del ricordo di una vita passata che scalpitava per tornare alla memoria, deludendo le aspettative di quanti immaginavano una soluzione diversa e privando il titolo stesso della serie di un vero significato, visto che in realtà le 3.33 vengono sì chiamate “l’ora del diavolo” (poiché si tratta della metà esatta di 666) ma non c’è alcuna correlazione reale tra il male che annunciano e la vita di Lucy. Il nastro dei ricordi si è riavvolto e Lucy è tornata a essere ciò che era destinata a diventare se Gideon non avesse influenzato il suo passato.

E se la prima e l’ultima puntata viaggiano più alte rispetto alle altre, aprendo e chiudendo il cerchio di The Devil’s Hour con un bell’inizio e una fine altrettanto interessante, quelle centrali non sempre si sono rivelate all’altezza del contenuto. Questo ha dimostrato che la deriva crime assunta alla serie, ha sì fornito qualche pretesto a Gideon per spiegare le sue azioni e provare a giustificarle, e ha offerto a Lucy le immagini che le hanno permesso di comprendere il ruolo dei suoi déjà vu, ma la trama principale avrebbe funzionato bene anche se da questo materiale fosse stato tratto un film, piuttosto che una miniserie.

Nel complesso siamo di fronte a una serie che in alcuni casi sfrutta soluzioni innovative e in altri preferisce andare sul sicuro. Un prodotto godibile ma non privo di difetti.