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Supernatural – La recensione finale: la deludente fine di un meraviglioso viaggio

Dopo quindici, lunghe stagioni, il viaggio condotto dai fratelli Winchester a bordo dell’Impala si appresta a giungere al termine. Manca ancora l’epilogo a sancire la fine di Supernatural, ma Inherit the Earth, episodio trasmesso il 12 novembre in America, ha chiuso ufficialmente la trama orizzontale e con essa la lotta al nemico più potente che Sam e Dean si siano ritrovati ad affrontare, il vertice di quella struttura mitologica che con l’arco narrativo dell’apocalisse è stata inglobata nell’universo ideato da Erik Kripke: niente po’ po’ di meno che Dio.

Lo scontro tra Chuck e i Winchester alla resa dei conti

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Quello con cui si apre l’episodio è uno scenario di desolazione: dopo aver distrutto tutti gli universi da lui creati, Chuck ha messo le mani su quello abitato dai Winchester e ha eliminato dalla faccia della Terra tutto il genere umano tranne Sam, Dean e Jack. A corto di soluzioni, i Winchester decidono di alzare bandiera bianca e avanzano a Chuck una proposta: gli concederanno il finale che sempre voluto per la loro storia (quello che li vede morire l’uno per mano dell’altro come novelli Caino e Abele) in cambio di un reset che riporti tutti indietro.

Chuck rifiuta: arrivati a questo punto, preferisce condannare Sam e Dean a una vita di eterna solitudine. Sfumata la possibilità di un accordo, i Winchester si mettono sulle tracce del nascondiglio di Michael. L’arcangelo si offre come alleato nella lotta contro Dio e li segue al bunker per aprire il libro su cui è segnato il destino di Chuck. Il tentativo fallisce: l’accesso è prerogativa di Morte e il suo posto (in Supernatural le entità cosmiche sono cariche che passano di mano all’occorrenza) è diventato vacante in seguito alla dipartita di Billie, che Castiel ha spedito nel Vuoto per salvare la vita a Dean.

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La soluzione è presto offerta da Lucifer, che compare al bunker portando con sé una reaper di nome Beth. La regola vuole che il ruolo di Morte sia ricoperto dal primo mietitore che viene ucciso dopo la scomparsa della personificazione precedente; così Lucifer pugnala Beth per renderla la nuova Morte. Mentre Beth si appresta a leggere il libro, Lucifer la uccide. Si scopre che è in combutta con Chuck e che il suo scopo è quello di sottrarre l’oggetto ai Winchester per consegnarlo a lui. Il piano viene sventato da Michael, che ferma Lucifer uccidendolo. L’obiettivo della mossa non è quello di avvantaggiare i Winchester: geloso della preferenza che Dio ha mostrato nei confronti di Lucifer, Michael sabota il piano di Sam e Dean e torna a schierarsi dalla parte di Chuck per riconquistare lo status di suo favorito.

Non ci riesce: Chuck non gli perdona il tradimento e lo uccide a sua volta. Chuck è convinto di avere in pugno Sam e Dean, ma è a quel punto che i due tirano fuori l’asso che tenevano nascosto nella manica: avendo previsto il voltafaccia di Michael, hanno architettato tutto per attirare Chuck in una trappola e consentire a Jack di assorbirne il potere, trasformandolo così in un essere umano inerme.

Supernatural: idee buone, attuazione pessima

L’impostazione che Supernatural ha dato alla sua stagione conclusiva è di stampo metatestuale: Sam e Dean scoprono che Dio ha da sempre manipolato le loro esistenze, trattandole alla stregua di un’opera da infarcire di dramma e colpi di scena. Il filone portante, dunque, è quello di liberarsi dalle briglie del condizionamento divino e diventare padroni del proprio destino. Rispetto a questa premessa, la fine assegnata a Chuck ha una valenza simbolica forte e coerente: da autore narcisista e megalomane che pretende di esercitare un controllo totale sulla trama e di trattare i personaggi come burattini posti alla sua mercé, Chuck finisce confinato in un’irrilevanza che è la condanna peggiore per il suo ego: privato dei suoi poteri e abbandonato a se stesso, perde tutta l’autorità che si era tanto beato di poter esercitare.

La scena in cui lo si vede arrancare a terra, intento a reclamare inutilmente l’attenzione dei Winchester, è una perfetta fotografia dell’insofferenza verso la condizione di impotenza in cui è destinato a versare fino alla fine dei suoi giorni.

Se è vero che il punto non è la destinazione ma il viaggio, allora non si possono non ritenere discutibili le modalità con cui il finale di Supernatural ha compiuto il suo. La possibilità che fosse necessaria la partecipazione degli arcangeli per sconfiggere Chuck era stata suggerita dalla storia (è con il loro apporto che è stata imprigionata l‘Oscurità, sorella di Dio ed entità a lui speculare), ma più che da pedine per i Winchester, Lucifer e Michael finiscono per fungere da escamotage utilizzati in maniera frettolosa. Entrambi vengono tirati fuori e messi da parte strumentalmente, senza alcun approfondimento sulle motivazioni che li muovono e che a conti fatti hanno tutte a che fare con gli avanzamenti di trama da mettere in atto.

Al faccia a faccia con Chuck si arriva attraverso passaggi veloci ed estemporanei che non generano alcun crescendo: il filo della tensione non si tende e gli avvenimenti si susseguono in modo meccanico, senza pause che si discostino dai fatti per concentrarsi sui personaggi e sulla loro resa. Lo scontro fisico tra Chuck e i Winchester è un maldestro tentativo di infondere pathos a un copione piatto e privo di guizzi. È chiara la valenza metaforica attribuita ai Winchester che incassano senza piegarsi la raffica di pugni di Chuck, ma quella di rappresentare il binomio volontà di dominio/strenua resistenza attraverso una scazzottata è una pretesa ingenua che si infrange contro la bruttezza visiva della scena.

Da un personaggio che ha nell’onniscienza il frutto della sua stessa essenza ci si aspetterebbe che non cada vittima di un tranello senza mostrare il benché minimo sospetto, eppure Chuck si fa cogliere del tutto impreparato dal piano dei Winchester e si espone all’attacco con cui Jack gli sottrae i poteri: il classico “deus ex machina” che arriva a mo’ di soluzione magicamente tirata fuori dal cilindro anziché costruita e ragionata.

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L’unico aspetto positivo dell’espediente sta nel fatto che fornisce una buona conclusione alla parabola del personaggio di Jack. Castiel e sua madre Kelly lo avevano annunciato come una sorta di nuovo messia destinato a fare del bene al mondo e all’umanità. Riscontri della previsione si trovano sia nel ripopolamento che avviene per mano sua sia nell’intento dichiarato di essere un dio che non esige adorazione e sacrifici, ma che lascia agli uomini spazio di manovra e la possibilità di trovare le risposte di cui hanno bisogno in loro stessi anziché in un esterno metafisico. E se il figlio del diavolo che diventa il nuovo Dio non è il manifesto di quel libero arbitrio tramite cui si può sovvertire l’indirizzo di un destino che pare già inciso nella pietra, allora non si sa proprio quale dovrebbe essere.

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Quanto a Sam e Dean, il massimo della loro gloria sta nel reggere i colpi di Chuck e nel brindare a una vittoria di cui sono stati spettatori più che artefici. E forse è proprio questa la vera nota dolente: al netto di una sceneggiatura raffazzonata e sbrigativa i Winchester, anima e cuore pulsante di Supernatural, non lasciano alcuna impronta sulla conclusione, ma si limitano a veicolarne gli eventi come fossero due meri conduttori.

Buchi e contraddizioni interne

Ai fan di Supernatural saranno saltate sicuramente all’occhio alcune incongruenze. Se per Morte risultano letali soltanto le ferite inferte dalla sua stessa falce (non a caso è quella l’arma con cui Dean uccide la prima Morte e rende moribonda la seconda), perché a Lucifer basta uno schiocco di dita per far fuori Beth? Il Vuoto, ossia il limbo in cui finiscono angeli e demoni dopo la morte, dovrebbe porsi al di fuori della giurisdizione di Dio, eppure Chuck è capace di tirar fuori Lucifer. Il fatto fa da premessa a quello che è il buco più clamoroso in cui l’episodio incappa.

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Quando il ruolo di Dio viene ereditato da Jack, nessuno pensa a riportare indietro Castiel: né i Winchester, malgrado Dean lo avesse esplicitamente richiesto a Chuck, né Jack, che in Castiel ha trovato un padre, un riferimento e una guida. Il suo nome inciso accanto alle iniziali dei Winchester, più che di tributo, sa di beffa: la logica avrebbe reso il suo ritorno un risvolto naturale se non addirittura necessario, ma su di essa ha prevalso l’intento di mantenere la dichiarazione fatta a Dean e il sacrificio con cui gli salva la vita come atti conclusivi del suo arco individuale.

Un’altra domanda che viene da porsi è quella relativa agli affetti che i Winchester hanno visto sparire per mano di Chuck. Se da una parte stona il fatto che non provino a contattarli per constatarne l’effettivo ritorno, dall’altra si può spiegare con la scelta di riservare il capitolo sui rapporti interpersonali al series finale che andrà in onda il 19 novembre e su cui Jensen Ackles si è espresso in questo modo. La speranza è che insieme ai personaggi scomparsi si ritrovino anche l’epicità e la carica emozionale che Swan Song aveva avuto e di cui in Inherit the Earth non è risuonata nemmeno un’eco lontana.

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