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Squid Game – La Recensione della serie che sta sconvolgendo il mondo

Squid Game è appena sbarcato nella piattaforma Netflix, ma la sua fama lo sta già precedendo. Il suo arrivo non era stato annunciato da nessuna parte in modo plateale. Come una bomba che non sai di aver a pochi centimetri da te, Squid Game è esplosa facendoci tutti secchi con una storia che è molto più di quello che credevamo. In questi giorni si è parlato di varie influenze che altri prodotti potrebbero aver avuto sulla serie, ma la verità è che – una volta vista – si comprende bene che quello che abbiamo di fronte più che dell’influenza della Casa di Carta – con cui in comune può aver giusto il tema monetario – ha accusato quella di Parasite, il gioiello coreano cinematografico. L’obiettivo del film era quello di raccontare, in un modo tutto proprio, le disuguaglianze sociali e il divario oggettivo tra ricchi e poveri, il senso del limite che ogni essere umano può sacrificare pur di uscire fuori dalla propria disperazione. Squid Game si appropria dello stesso obiettivo narrativo, ma con una storia coraggiosa con un’identità forte, ricca di vulnerabilità e capace di riuscire a trovare delicatezza nonostante i giochi al massacro, la violenza e crudeltà che alberga nelle nove puntate della serie.

Il divario tra ricchi e poveri apre fin da subito la narrazione focalizzandosi sul suo protagonista, Cho Sang-woo. L’uomo non conosce alcun tipo di gioia già da parecchi anni: i suoi progetti lavorativi sono falliti lasciandolo in una situazione economica disastrosa che lo porta a tentare il tutto e per tutto pur di sopravvivere e dare qualcosa alla propria figlia. Inizialmente, nonostante l’ovvia situazione difficile in cui lo conosciamo, non riusciamo a empatizzare con lui, gli stiamo quasi lontani. Non ci convince, non nutriamo alcun tipo di fiducia nei riguardi delle sue azioni anche se giustificate da una disperazione tangibile. Ed è proprio qua che Squid Game mostra il suo primissimo punto di forza.

Squid Game

Cho Sang-woo viene sfidato da un misterioso uomo a giocare con lui a ddakji, un celebre gioco d’infanzia, con la promessa che – per ogni round vinto – riceverà dei soldi. La disperazione ha la meglio, e il gioco al massacro inizia ufficialmente.

Il nostro protagonista si risveglia in un dormitorio con altre 455 persone che hanno tutte un’unica cosa in comune: vivono ai margini della società. Sono disperati, privi di possibilità economiche che gli possano permettere un pasto. Il posto in cui si sono risvegliati, però, gli promette che da quel momento in poi le cose cambieranno, ma una condizione: dovranno uscir vincenti da tutte i giochi d’infanzia a cui prenderanno parte nella struttura. Il prezzo da pagare in caso di perdita è uno e assoluto: la morte.

Perdere una partita significa perdere la vita, vincerla significa avvicinarsi alla sfida finale che premierà il vincitore con un premio in denaro così alto da renderlo – finalmente – ricco. Ed è così che Squid Game inizia ufficialmente la sua narrazione con l’obiettivo di dimostrare cosa si è disposti a perdere pur di riuscire a uscire dalla disperazione, fin dove l’animo umano può spingersi in onore di quello che è il denaro. L’infanzia dei vari protagonisti, così, viene riesumata e macchiata tramite delle sfide che vedono giochi come un, due, tre stella, l’uomo con l’ombrello, tiro alla fune. Il loro svolgimento è lo stesso di sempre, ma diverso è il loro finale. Muoversi durante un, due, tre, stella significa morire, perdere durante tiro alla fune implica cadere nel vuoto e schiantarsi per terra.

Squid Game

Le varie gare vengono divise nei diversi episodi. Noi non sappiamo come andranno, ma assistiamo a tutte le strategie che i protagonisti elaborano per superare la sfida. Siamo dall’altra parte dello schermo e godiamo delle loro vincite, tifiamo per i nostri protagonisti, e a volte – di fronte ai concorrenti più crudeli e violenti – godiamo della loro perdita. A tutti gli effetti, così, Squid Game ci rende un pubblico per due volte: una volta per la storia, e un’altra per le sfide.

La barriera tra loro e noi viene definitivamente abbattuta soprattutto quando – con il passare del tempo – cominciamo a conoscere le storie e le personalità dei vari concorrenti. Il focus che la serie impronta sulla loro essenza riesce a essere non solo convincente, ma anche emotivamente distruttivo perché, così facendo, veniamo totalmente a contatto con i perché delle loro azioni, con le ragioni della loro atroce scelta di continuare a giocare a questo gioco. Cho Sang-woo si dimostra un protagonista più che valido, il pezzo del puzzle che completa l’opera. La sua evoluzione è graduale, e per questo perfetta. Quello che abbiamo di fronte non è più il personaggio che abbiamo conosciuto all’inizio, ma qualcosa di molto più forte che concretizza a tutti gli effetti la dinamicità di questa storia. Insieme a lei, cresce lui e viceversa. Ogni sfida rappresenta un nuovo tassello per un protagonista che, a differenza dell’inizio, non cade mai nel pietismo, ma solo nella consapevolezza di essersi conosciuto a fondo scoprendo così, di fatto, fino a dove fosse capace di arrivare pur di ottenere quello che aveva sempre voluto.

Ma è proprio bastato questo per fargli comprendere che in realtà la sua felicità non partirà neanche con una valigia piena di soldi. Per riuscire in questo gioco ha sacrificato tutto, ha visto vite spezzarsi, ha comparato il suo dolore a quello degli altri scoprendo che – almeno su quello – siamo tutti uguali. Ha risucchiato la sofferenza di altre vite notando quando la fine di ognuna di queste gli abbia tolto la possibilità di, in futuro, poter trovare la serenità.

Squid Game

Squid Game chiude così la sua storia dimostrando che in qualsiasi maniera la si ponga, quando è il momento di mettersi in gioco per uscire fuori dalla propria disperazione lo si fa senza guardare i mezzi per farlo: le conseguenze di ciò, però, ci aspettano fuori dalla porta. Non è importante che si vinca o che si perda: sono conseguenze che non guardano in faccia nessuno ma agiscono – proprio come si fa nei giochi – con delle penitenze che potrebbero rivelarsi devastanti.

L’intelligenza in questo nuovissimo gioiello Netflix è immediata, chiara, mai banale. Nonostante la disperazione non assistiamo mai a momenti pietistici, drammaticamente rovinati da tocchi che ricordano la soap opera o struggentemente estremi. Tutto cammina sul filo dell’equilibrio e del rispetto di questi concorrenti che scelgono di giocarsi il tutto e per tutto senza mai essere delle vittime, ma solo delle persone. Riuscire a compiere un lavoro così maestoso da un punto di vista individuale non era una sfida facile, ma Squid Game l’ha vinta a mani basse dimostrando che – forse – anche la serie stessa era in gioco. Il risultato della sua storia, infatti, poteva farla cadere nel vuoto insieme a tutti i flop della storia uccidendo ogni sua pretesa, possibilità o obiettivo, oppure farla vincere facendola diventare in pochissimo tempo, forse, uno show destinato a diventare uno dei più grandi prodotti di sempre.

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