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Doctor Who – Eve of The Daleks: lo speciale di Capodanno dimostra che le cose semplici spesso sono le migliori

Dopo il passo falso del Flusso, Doctor Who è tornato con il consueto speciale di Capodanno. Sebbene ne segua la trama, Eve of the Daleks si pone da subito in contrasto con il tentacolare sviluppo della tredicesima stagione, con l’utilizzo di un piccolo cast chiuso in un unico edificio, di una sceneggiatura che fa la differenza e di una semplice premessa: un loop temporale che viene usato come sfondo per l’esplorazione dei personaggi. E la differenza l’abbiamo dannatamente vista. Infatti, l’immediata consapevolezza dei protagonisti e dei Dalek – tornati alla splendida corazza bronzea del 2005 – permette di evitare i momenti ripetuti tipici di un episodio ambientato in un loop temporale: entrambe le fazioni imparano dai vari cicli e usano questa conoscenza per sopravvivere o sterminare.

Rinunciando ai soliti cliché degli anelli temporali, Chibnall impiega ogni ripetizione per ampliare la narrativa della puntata di Doctor Who.

Le scene che precedono i titoli introducono l’ambientazione e i nuovi arrivi, la prima ripetizione salta il consueto riassunto per virare subito sul senso opprimente del dejà vu, la seconda riunisce i personaggi e stabilisce un altro colpo di scena: il loop si accorcia di un minuto, a ogni reset, un’idea geniale che aggiunge un conto alla rovescia adrenalinico. Con sei minuti a mezzanotte, Chibnall inizia a sviluppare Sarah e Nick, alla cui relazione dà più peso nel ciclo successivo, mentre viene introdotta la minaccia della sopravvivenza di almeno un minuto per passare alla ripetizione seguente. Nasce il piano per distruggere l’edificio, l’idea di dividersi e di usare il telefono come dispositivo di innesco. Il successivo ciclo fallito ci ricorda che i Dalek stanno pianificando in modo simile, portando il Dottore a usare la penultima ripetizione come esca, riuscendo a vincere nell’ultima.

Dunque, in nessun momento Eve of the Daleks dedica spazio a una sottotrama fallita. La storia non è mai ripetitiva, poiché ogni iterazione è intrecciata con umorismo e trama o sviluppo del personaggio per spezzare la ciclicità e prevenire la monotonia.

Doctor Who

Parlando di Sarah, mettere al centro dell’episodio il personaggio di Aisling Bea è stata una mossa vincente: il suo talento comico guida gran parte della storia di Doctor Who, riuscendo a catturarci ancor prima che il Dottore appaia sullo schermo. Bea incarna abilmente l’esasperazione affabile di Sarah e il suo cambiamento da divertente a timorosa. Sebbene si traduca nel suo rapido sterminio, l’opposizione di Sarah a un Dalek si legge come una crescita del personaggio, un atto di sfida in una vita disordinata.

Con Nick formano una strana e piacevole coppia.

Si, perché i due sono strani: lei tiene aperto il magazzino per il suo unico cliente e le sue visite annuali alla vigilia di Capodanno, lui lo usa solo per preservare gli oggetti delle sue relazioni fallite. Questo ci fa capire quanto peso Nick dia a questi rapporti ormai andati, dimostrando non la sua eccentricità, ma il suo essere umanamente e meravigliosamente imperfetto. Adjani Salmon è saggiamente a cavallo tra un’interpretazione completamente seria e l’esagerazione umoristica, assicurandosi che noi possiamo identificarci con le lotte di Nick, pur essendo intrattenuti dalle sue debolezze.

Nonostante le loro interazioni siano poche, tanto che è strano che in quattro frasi lei riconosca così velocemente il suo buon cuore, grazie al talento di Bea e Salmon non possiamo fare a meno di esultare per loro. I due sono forse i migliori esempi di casting perfetto dai tempi di Jo Martin nei panni di Ruth Clayton.

Non solo Sarah e Nick, ma anche il cast regolare ha avuto la possibilità di mostrare il suo lato più divertente in questo speciale di Doctor Who. Jodie Whittaker si appoggia totalmente alla vena arrogante di Thirteen mentre fissa fatalmente la sua nemesi. John Bishop ci regala un siparietto comico mentre distrae un Dalek chiedendogli dove può riporre alcune cose. I Dalek, con le loro dichiarazioni impassibili di “I’m not Nick” e “Daleks do not store stuff”, dimostrano la loro capacità di essere sia una brillante fonte di umorismo che un formidabile nemico.

Tuttavia, questa vena leggera di Doctor Who non ha sminuito la gravità della situazione.

La posta era altissima grazie all’espediente del loop temporale e del conto alla rovescia e, senza il TARDIS, il Dottore e i suoi companion hanno dovuto fronteggiare la morte più volte. Inoltre limitare i personaggi a rivivere gli stessi pochi minuti nello stesso edificio rende Eve of the Daleks davvero claustrofobico. L’esperienza iniziale di Nick e Sarah è particolarmente disorientante, con la sua cinematografia sottilmente sbilenca e sfocata. Una sequenza successiva, che li vede inseguiti attraverso quei corridoi oscuri e sinistri, evidenzia quanto possa essere terrificante questa situazione, amplificando la sensazione tramite i Dalek.

I vincoli delle riprese pandemiche sono molto evidenti, più che nel Flusso. C’è molto spazio vuoto, sia nelle inquadrature dei personaggi in stanze lunghe e sottili che in scene d’inseguimento, di modo che in entrambi i casi gli attori potessero stare adeguatamente distanziati, portando ad alcune scelte e angoli interessanti.

Doctor Who

Uno dei momenti salienti dell’episodio è senz’altro la conversazione tra Yaz e Dan.

Dan mette Yaz di fronte ai suoi sentimenti per il Dottore e, per la prima volta, la ragazza è costretta a venire a patti con ciò che prova, ammettendo che: “Non l’ho mai detto a nessuno. Nemmeno me stessa”. Durante il Flusso (qui spiegato dalla BBC) è diventato sempre più chiaro che volesse qualcosa di più di una semplice amicizia con Thirteen. Tuttavia, è stato importante renderlo esplicito, consentendo a molti di rivedersi in lei. A sua volta Dan invita il Signore del Tempo ad avere più consapevolezza dei sentimenti che sa che Yaz ha per lei. Dan dunque è fondamentale in questa occasione, dimostrandosi un perfetto amico sia per entrambe.

Per Thirteen non è facile aprirsi con la sua companion, memore delle precedenti esperienze dove ha perso le persone amate. In più, sa che le decisioni passate la stanno raggiungendo e non può scappare per sempre. Alla fine del Flusso le è stato detto di stare attenta alle forze che si stanno costruendo contro di lei e a colui che le comanda. Forse il Maestro? E poiché sappiamo che Thirteen si rigenererà presto, ciò rende Eve of the Daleks una storia agrodolce.

Se arriverà la confessione del Dottore, probabilmente sarà troppo poco e troppo tardi.

In ogni caso Mandip Gill incarna quell’emozione in modo sottile e tenero, così come Whittaker, che, al pari delle rigenerazioni precedenti, deve elevarsi al di sopra del desiderio terreno e dell’amore. Ed è bello vedere Yaz svilupparsi ulteriormente e accettare se stessa in un modo in cui potrebbe non essere stata in grado di fare in passato. Yaz è cambiata in meglio attraverso le sue interazioni con il Dottore, e questo è tutto ciò che i fan di Doctor Who possono chiedere a e per un companion.

Nel complesso, Eve of the Daleks fa ciò che Doctor Who sa fare meglio: bilancia una divertente avventura di fantascienza con una storia emotiva più profonda, incentrata sull’importante messaggio dell’accettazione di sé e sull’essere coraggiosi con i propri sentimenti, anche se è difficile. Certo, l’episodio sembrava perfetto per una rigenerazione: c’è stato un completo reset del TARDIS e un sorprendente cameo di Karl, quel ragazzo inseguito da Tim Shaw nella prima puntata di Thirteen.

Sarebbe stata una chiusura interessante, ma questo è il regno del forse.

Abbiamo altri due speciali e, se riusciranno a eguagliare questo, li aspettiamo a gloria. Il prossimo, che arriverà nella primavera 2022 ed è intitolato Legend of The Sea Devils, vedrà Thirteen, Yaz e Dan arrivare nella Cina del XIX secolo dove un villaggio costiero è minacciato dalla temibile regina dei pirati Madame Ching e da una mostruosa forza aliena che lei scatena inconsapevolmente. In attesa che sia bello come questo, Doctor Who ha ancora una volta dimostrato che non ha bisogno di un budget enorme, di script sovraccarichi o di ondate di antimateria che mettono fine all’universo per avere successo, perché la semplicità è sempre la carta vincente.

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