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One Piece non è il disastro annunciato che si aspettava mezzo mondo: la Recensione di un live action sorprendente

Del live action di One Piece, dai tempi del suo primo annuncio risalente ormai a sei anni fa fino ad oggi, si è detto davvero tanto. Da un lato c’erano coloro che si dichiaravano oltremodo speranzosi nei confronti del progetto grazie alle promesse fatte ai fan del brand da parte del suo creatore, il visionario Eiichiro Oda; da un altro, invece, coloro che, non senza ragione, non riuscivano proprio a fidarsi di Netflix. La storia dei live action tratti da manga e anime, d’altra parte, lasciava ben poco spazio all’ottimismo: dopo il flop di prodotti come le nuove versioni di Cowboy Bebop e di Death Note, la maggior parte del pubblico si aspettava che fosse davvero impossibile riuscire a creare delle trasposizioni convincenti. La gente ha quindi iniziato a convincersi sempre di più di una cosa: la ricezione da parte del pubblico del live action di One Piece sarebbe stata l’ago della bilancia per decretare la morte di un intero genere oppure la sua salvezza, una serie che sarebbe stata destinata quindi, in caso di successo, a costituire un modello virtuoso per il futuro. Ebbene, nonostante le paure, le aspettative e i tanti dubbi che nutrivamo prima della visione della serie Netflix, lo dobbiamo proprio dire: il live action di One Piece, seppur con qualche piccola riserva, è riuscito nella sua impresa.

One Piece
Monkey D. Luffy (640×360)

Chi si aspettava di trovarsi di fronte a un disastro annunciato dovrà infatti ricredersi perché, al netto di alcuni difetti su cui non si deve soprassedere sulla scia dell’entusiasmo, One Piece si è rivelata una grandissima sorpresa e una buonissima trasposizione seriale, capace di rispettare lo spirito di quello che è il manga più venduto di sempre, un’opera che da più di venticinque anni continua ad appassionare bambini e adulti di tutto il mondo, regalando scontri epici, ma anche tante, tante emozioni. Pur discostandosi in parte dal materiale cartaceo per adattarsi al meglio agli standard di una narrazione seriale di tipo occidentale, One Piece si rivela fedele dove serve, andando così a costituire un prodotto divertente fatto con tanto cuore ed entusiasmo.

Ma proviamo a entrare più nel dettaglio e ad analizzare più nel concreto cosa ha funzionato di più e cosa meno in questo live action. Vi lasciamo quindi alla nostra recensione no spoiler di One Piece, disponibile dal 31 agosto su Netflix.

Lo abbiamo già detto, al netto di alcuni difetti che potrebbero lasciare alcuni indifferenti e altri più infastiditi a seconda del gusto personale, non possiamo fare altro che promuovere questa nuova serie tv, pensata tanto per i fan quanto per attrarre nuovi spettatori che non hanno mai letto o visionato prima le avventure di Monkey D. Luffy e della sua ciurma. Il principale merito della serie è quello di essere riuscita a costituire in primis un ottimo adattamento: la sceneggiatura di One Piece, infatti, riesce laddove in tanti avevano fallito: nell’essere in grado di confezionare una storia coerente e capace di rispettare quello che è lo stile tipico delle serie tv occidentali senza per questo andare a snaturare il materiale di partenza, uno shonen che viene quindi rimaneggiato senza per questo essere tradito neli suoi valori fondamentali. La serie, infatti, non si limita a essere una copia carbone del manga di partenza, ma, pur mantenendone la struttura di base, finisce spesso per apporre modifiche volte a rendere più coesa la narrazione agli occhi del pubblico.

One Piece, Nami (640x360)
One Piece, Nami (640×360)

Questo perché gli otto episodi di cui la serie si compone vanno a costituire, non un arco narrativo da maga, ma una stagione nel senso stretto della parola dove, accanto alla verticalità dei singoli episodi, possiamo avvertire una ben presente trama orizzontale. A differenza di quanto avviene nel manga, infatti, alcuni eventi vengono collegati tra loro così da restituire il senso di unitarietà richiesto da una serie tv di stampo moderno: personaggi che non avremmo pensato di rivedere tornano nella storia assumendo una nuova funzione, assistiamo a racconti paralleli e incrociati ed esploriamo scene che nel materiale originale vengono solo accennate. Tramite un lavoro di taglia e cuci che elimina alcuni elementi i quali, pur essendo assolutamente perfetti nel manga e nell’anime, nella serie avrebbero rischiato di risultare superflui e di appesantire eccessivamente il minutaggio, gli autori della serie ci hanno dimostrato bene cosa significhi adattare un prodotto da un media all’altro.

Quello a cui assistiamo è quindi un nuovo One Piece, con variazioni sul tema, con aggiunte e tagli, ma pur sempre One Piece.

La serie, infatti, presenta una grande fedeltà allo spirito dell’opera di base e mantiene tutta la sua coerenza: ciò è ravvisabile non solo dal rispetto delle tappe fondamentali del viaggio, ma anche dalla cura dimostrata nel tratteggiare il suo strano mondo e i suoi personaggi, che restano il cuore dell’intera operazione. Il live action, infatti, riesce a raccontare bene le regole che stanno dietro al funzionamento della bizzarra realtà in cui essi si muovono, sia dal punto di vista geografico che della sua struttura. Ovviamente, scegliere di accettare o meno quello che viene mostrato su schermo spetta solo allo spettatore, a cui viene richiesto implicitamente di firmare un patto narrativo e di armarsi di un’alta sospensione dell’incredulità, dovuta a particolari ambientazioni, personaggi fuori dalla norma, costumi sopra le righe, strambi poteri e creature fantastiche.

Come detto prima, grande plauso va ai personaggi della storia che, oltre a essere ben interpretati da tutti gli attori presentano, con alcune modifiche, una caratterizzazione fedele e coerente con il proprio background. I flashback che raccontano l’infanzia di Luffy, Zoro, Usop, Sanji e Nami sono ben scritti e commoventi: lo stesso Oda si è premurato infatti appositamente che essi fossero rispettati al meglio in maniera tale che le personalità dei protagonisti non si discostassero dal modo in cui essi erano stati concepiti in origine.

Il risultato parla chiaro: ognuno di essi risulta essere convincente e a suo modo amabile.

Iñaki Godoy ci restituisce un personaggio adorabile, simpatico e buffo, ma capace di mostrare tutta la sua serietà e determinazione nei momenti giusti. Questa versione di Luffy, sempre sognante, ma anche più furba, ci ha convinti e non poco! Lo Zoro di Mackenyu, da parte sua, pur mantenendo un’aura da duro, riesce a trasmettere tutta la sua profondità e la sua sottile ironia. Seppur meno incisivo di quanto avremmo voluto, anche lo Usop di Jacob Romero Gibson risulta irresistibile, divertente e carismatico. Che dire poi del fantastico Taz Skylar che, pur comparendo meno in scena rispetto ai colleghi per motivi di trama, riesce a rubare la scena presentandoci un Sanji dolce, appassionato e romantico? A brillare su tutti, però, è probabilmente la performance di Emily Rudd che ci restituisce un personaggio complesso e profondo, in perenne conflitto con sé stesso, ma incapace di trattenere le proprie emozioni: la sua Nami diviene il fulcro di alcune tra le scene più intense di tutta la prima stagione. Ma non solo i protagonisti, dal Buggy di Jeff Ward al Garp di Vincent Regan passando per Kobi, Shanks, Zeff e Mihawk, quasi tutti i personaggi di One Piece sono stati ben caratterizzati e interpretati, riuscendo a risultare alquanto memorabili.

Rononoa Zoro (640×360)

Se dal punto di vista della narrazione abbiamo ben poche critiche, le parti che potremmo considerare più “problematiche” riguardano per lo più l’aspetto estetico-visivo della serie.

Lo abbiamo detto, quello di One Piece è un mondo davvero strambo e, su questo, il live action non fa modifiche al materiale dello shonen: tra navi colorate, costumi assolutamente sopra le righe e poteri quantomeno bizzarri, il pubblico non avvezzo allo stile di Oda potrebbe ritrovarsi spaesato. Se alcuni aspetti funzionano proprio per la loro originalità come i meravigliosi animatronic dei Lumacofoni, altri non riescono ad essere altrettanto convincenti: non tutti i costumi e i trucchi prostetici dei personaggi (come quelli di alcuni uomini pesce) funzionano fino in fondo. A destare qualche perplessità, inoltre, continua a essere la resa in CGI di alcuni effetti speciali, dai poteri di Luffy ad alcuni sfondi che risultano non sempre ben amalgamati al resto della scenografia, che predilige campi ristretti a panorami più complessi.

Anche la regia, pur incorniciando bene alcuni momenti cardine della storia, risulta non sempre coraggiosa.

Osando di più e magari prendendo maggiormente come spunto alcune tavole del manga o sequenze dell’anime, i registi avrebbero infatti potuto regalare scene ancora più epiche ed emozionanti, anche perché la serie può contare su una colonna sonora davvero ottima, capace di omaggiare in più occasioni l’anime (dalla citazione all’iconica Binks no Sake a una versione strumentale della prima sigla We Are), ma anche di creare da zero tracce orecchiabili e incisive. Tra di esse oltre, alla soundtrack che apre i titoli di testa, spicca senza dubbio il tema di Nami My Sails Are Set, che vede un featuring di Aurora, artista eccezionale e nota per la sua voce eterea.

In otto episodi che non perdono mai il ritmo e riescono a regalare combattimenti ben coreografati, momenti intensi, ma anche tanto divertimento grazie a battute ben scritte e a gag ben pensate, One Piece ci trasporta in universo bellissimo e fedele alla visione di un maestro del world building come Oda, dove si respira ovunque senso di avventura.

La ciurma di Cappello di Paglia (640×360)

Facendoci riscoprire il valore della libertà, dell’amicizia, ma soprattutto della bellezza di inseguire i propri sogni, questa nuova versione di One Piece, che non intende assolutamente sostituirsi a manga e anime quanto invece omaggiarli e permettere a chiunque di riscoprili, ci fa tornare a sentirci dei ragazzini pronti a meravigliarci e a emozionarci di fronte a storie che non invecchieranno mai. La serie tv Netflix centra quindi il suo obiettivo e, conscia di quelli che possono essere stati i suoi limiti, promette di regalare avventure ancora più coinvolgenti in un ipotetico futuro. Le porte per una seconda stagione sono infatti aperte: se, come speriamo, la serie dovesse ottenere un rinnovo, siamo piuttosto certi che potremmo ottenere risultati ancora più sorprendenti.

Il miracolo è stato quindi fatto? Non sappiamo ancora come il pubblico mondiale recepirà la serie, ma comunque vada, siamo piuttosto certi che ben presto saremo sommersi dall’annuncio di tanti nuovi prodotti tratti da anime e manga. Solo il tempo, però, potrà rivelarlo!

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