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Lie to Me è stata forse una delle serie tv di cui si è parlato meno negli ultimi dieci anni, pur avendo ottimi punteggi in termini di qualità. Ideata da Samuel Baum (uno dei creatori della mitica 24) nel 2009 e prodotta da Imagine Television e 20th Century Fox, è andata in onda sulla Fox dal settembre del 2009 al gennaio del 2011 per tre stagioni. In Italia è stato possibile vederla prima su Rete 4 e poi su TOP Crime a partire dal 2010. La serie è un poliziesco/drammatico che narra le vicende del dottor Cal Lightman, interpretato dal fantastico Tim Roth, uno psicologo esperto in comunicazione non verbale. Utilizzando le sue particolari capacità nello scandagliare le infinite espressioni della bugia studiando il linguaggio del corpo, decide di fondare il Lightman Group insieme a Gillian Foster (Kelli Williams), Eli Loker (Brendan Hines) e Ria Torres (Monica Raymund).

Nel frattempo, però, Cal Lightman collabora anche con l’FBI per risolvere casi particolarmente complessi. Lie to Me non ha avuto il successo che avrebbe meritato. Oggi non è presente su nessuna piattaforma di streaming per l’Italia, fortunatamente però La 7 ha da poco recuperato la serie trasmettendola tutti i giorni alle ore 19:00 a partire dal 22 marzo 2022. L’orario è quello tipico delle serie tv crime pre-cena che ha fatto il successo di C.S.I. C’è da sperare che questa nuova programmazione possa riportare in auge una serie ingiustamente sottovalutata.

Il Lightman Group: tra vita privata e casi da risolvere

lie to me

Eppure la serie affronta temi esistenziali di grande importanza ed è portata avanti da un cast ottimo, capitanato da uno stellare Tim Roth che, per la prima volta nella sua carriera, si approccia a un progetto così lungo. Sarà infatti solo dopo Lie to Me e Cal Lightman che aprirà le porte alla serialità, con altre serie come Klondike, Tin Star e addirittura il Twin Peaks di David Lynch. La sua infinita esperienza come attore di cinema è stata fondamentale per creare un personaggio sfaccettato e indimenticabile. Cal Lightman è basato sulla figura di Paul Ekman, esperto in espressioni facciali e professore di psicologia alla University of California, oltre che consulente per l’anti-terrorismo e per la serie stessa. Cal deriva i suoi interessi da un passato oscuro e sviluppò successivamente le sue capacità sul campo come agente dei servizi segreti durante la guerra in Jugoslavia. 

Inizialmente veniamo a conoscenza del Lightman Group, una società che appunto offre consulenza a enti sia privati che pubblici per smascherare menzogne e inganni, che nel frattempo si dedica anche alla ricerca, approfondendo gli studi sulla psicologia umana e sull’espressione delle emozioni. Proprio per questo presenta figure piuttosto variegate. La socia di Cal è Gillian Foster (Kelli Williams, Army Wives), psicologa e migliore amica del protagonista. Donna forte e indipendente, ha anche lei un passato difficile con la quale sta ancora facendo i conti. Dopo aver conosciuto Cal proprio mentre avrebbe dovuto constatarne le capacità per il Pentagono, decide di aprire il Lightman Group con lui. Col passare delle stagioni, Gillian Foster si ritroverà innamorata del suo migliore amico, ma nel frattempo dovrà gestire suo marito Alec, ex-cocainomane dal quale divorzierà, e la perdita della figlia adottiva Sophie.

Oltre a Gillian, vi sono il ricercatore Eli Loker (Brendan Hines, Scandal) e l’ex agente aeroportuale Ria Torres (Monica Raymund, Chicago Fire). Eli Loker ha un passato legato a profonde trust issues e per questo motivo ha deciso di non mentire mai e dire tutto ciò che gli passa per la mente. Ha un rapporto difficile con Lightman, il quale rimane comunque il suo idolo. Anche Ria Torres ha un rapporto difficile col suo capo, del quale cerca spesso di minare l’autorità, ma rimane comunque una risorsa fondamentale per il gruppo. Ria Torres infatti ha una capacità a dir poco naturale di riconoscere le microespressioni, eredità di un passato purtroppo molto oscuro. Lightman si fida di lei abbastanza da permetterle di seguire dei casi da sola con l’appoggio di Loker. Ultimo personaggio importante di Lie to Me è la figlia adolescente di Cal Lightman, Emily (Hayley McFarland, Sons of Anarchy), che ha un talento spiccato nel capire le persone, al punto che sarà la prima a rendersi conto dei sentimenti di Gillian per il padre.

Lie to Me: la crisi della terza stagione

La vita privata dei personaggi si svolge quindi parallelamente all’assetto “classico” dei casi da risolvere. L’originalità di Lie to Me non sta però in questi ultimi, che anzi sono spesso piuttosto lineari, quando nelle rivelazioni di Lightman sui modi con cui il corpo lascia scappare all’esterno il mondo interiore. Questo doppio binario è tipico di altre serie dell’epoca, come la ben più longeva The Mentalist nata in contemporanea a Lie to Me. La differenza di trattamento sta probabilmente nel fatto che Lie to Me va in crisi nella terza stagione, perdendo una grande fetta di pubblico e passando addirittura dai 22 episodi della seconda stagione, andata in onda tra il 2009 e il 2010, ai 13 episodi della terza, andata invece in onda dal 2010 al 2011, fino alla decisione da parte della Fox di cancellare la serie dopo l’ultima puntata andata in onda il 31 gennaio del 2011.

Il motivo è da ricercare soprattutto nei casi, divenuti sempre meno interessanti e più inverosimili nella loro risoluzione, e il mancato equilibrio tra la parte crime e quella personale, divenuta sempre più importante. All’epoca, infatti, il nuovo rapporto ambiguo tra Gillian e Lightman non fu apprezzato dal pubblico. Parallelamente a Lie to Me andavano in onda sia The Mentalist che l’eterna Criminal Minds, serie simili che hanno fatto dell’equilibrio tra le varie componenti il loro successo. Nonostante la conclusione forzata, però, Lie to Me è riuscita quantomeno a chiudere l’arco principale dei protagonisti nel finale di serie.

L’ultimo episodio di Lie to Me

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L’ultimo episodio di Lie to Me si dedica infatti più approfonditamente al rapporto tra Cal e Gillian, con un caso che colpirà quest’ultima molto da vicino. Gillian infatti chiede al gruppo di occuparsi di una sua ex paziente, Claire, giovane imprenditrice che teme di essere uccisa dal suo socio in affari Zach per poter gestire la compagnia che hanno fondato insieme. Pur capendo subito che Claire ha ragione, in quanto le microespressioni di Zach durante un interrogatorio con Cal non mentono, non riescono comunque a salvarle la vita. I sospetti ricadono quindi subito sul socio, anche se le prove portano a Kyle, il ragazzo con cui Claire usciva. Il Lightman Group si concentra quindi sulla possibilità che Zach abbia hackerato il cellulare di Kyle per farlo passare come colpevole e, nell’ultima parte dell’episodio finale, Zach confesserà quello che ha fatto.

Gillian rimane alquanto provata dal caso, che mostra ancora una volta quanto lei e Cal siano vicini. Nel finale, Emily chiede al padre se sia innamorato della collega, domanda alla quale Cal risponde dì sì.

Lie to Me: conclusione ed eredità

L’ultimo episodio contiene quindi un caso decisamente normale con un finale che sa di interruzione non volontaria. Una conclusione che rimane un’occasione sprecata per i fan che la seguivano con accanimento. Nonostante il calo di ascolti, la serie passò da 12 milioni di telespettatori nel pilota ai 7 dell’ultima puntata, Lie to Me si mantenne comunque costante per le due stagioni finali e l’indice di gradimento imdb la vede comunque nella lista delle serie più amate. Oggi è possibile rivederla ogni tanto solo su TOP Crime, ma la verità è che Lie to Me resta una serie molto sottovalutata.

Siamo nel maggio 2021, quindi vuol dire che Lie to Me ha ben 21 anni di vita e se ne parla ancora oggi come un grande esperimento televisivo. Già solo l’utilizzo di un nome come Tim Roth, all’epoca non era ancora così comune avere grandi attori di Hollywood nei progetti seriali, faceva intendere la volontà di creare qualcosa di grandioso. E infatti Lie to Me ci ha lasciato un personaggio che avrebbe avuto tutte le carte in regola per entrare in quella speciale lista di protagonisti da ricordare. Un po’ come il Dottor House, Patrick Jane o Shaldon Cooper, infatti, Cal Lightman s’inserisce in quella categoria di “geni con caratteraccio” sempre molto amata dal pubblico. Da una parte riescono a essere divertenti anche con la loro spesso pessima attitudine grazie all’ottima chimica con collaboratori sempre più professionali, umani e razionali; dall’altra, pur non piegandosi alle esigenze di scrittura, spesso presentano degli archi di sviluppo del personaggio molto interessanti. Cal Lightman, grazie agli ottimi monologhi, la straordinaria attorialità di Tim Roth e la perfetta alchimia con colleghi che lo odiano e amano allo stesso momento, sicuramente fa parte del gruppo. Peccato abbia avuto poco tempo per dimostrarlo.

Lie to Me inoltre ci ha insegnato che tutti gli esseri umani mentono in qualche misura e soprattutto che bisogna affrontare il proprio passato se si vuol essere persone decenti e creare relazioni durature.

Ci ha permesso anche di mettere un piede dentro un mondo straordinario e interessante, un universo mai veramente esplorato in profondità. Un bel volume di insegnamenti per una serie così breve, ma la storia delle serie tv ci ha dimostrato già in passato che non è necessario essere in giro a lungo per diventare un cult, ma scrivere in modo emozionale, parlando al pubblico con sincerità e creando personaggi complessi e umani. Proprio come ha fatto Lie to Me.