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Le evoluzioni dei personaggi rovinate dall’ultima stagione di Game of Thrones

4) Jon Snow

Game of Thrones

Grandi aspettative erano state costruite attorno a quello che credevamo il figlio illegittimo di Eddard Stark. Alcune di esse le abbiamo viste realizzarsi durante il corso della serie, come quando ha salvato centinaia di Bruti dall’attacco degli Estranei oltre la Barriera.

Tornato poi dal regno dei morti all’inizio della sesta stagione di Game of Thrones, il guerriero ha riconquistato Grande Inverno ed è stato eletto all’unanimità Re del Nord.

Tanto sappiamo di Jon e una cosa la possiamo dire per certa: l’onore e il suo senso del dovere hanno sempre prevalso su tutto il resto. Proprio per questo non ci sorprendiamo quando accetta di prendere il comando dei Guardiani della Notte e, in seguito, delle intere terre del Nord, anche se non era mai stato un suo desiderio farlo.

Ma con le ultime due stagioni, Game of Thrones gioca con le nostre certezze. Ci sorprende il fatto che Jon non senta minimamente su di sé la responsabilità del futuro di Westeros a seguito della rivelazione del suo lignaggio.

Fin dal primissimo fotogramma dell’ultima stagione, possiamo riassumere l’involuzione del personaggio di Jon con una delle sue battute più frequenti.

Lei è la mia regina.

Ecco Jon… anche no, eh.

Ma partiamo dall’inizio. Il personaggio aveva iniziato un po’ a sfaldarsi già alla fine della stagione sette, da quando la sua storyline e quella di Daenerys si erano incrociate. Avevamo però tutti una grande fiducia nella sua ripresa nella battaglia di Grande Inverno. Come ben sappiamo, così non è stato. A cavallo del drago che porta il nome di suo padre, Jon non risulta avere nessuna utilità all’interno della battaglia, e finirà per non ricoprire il ruolo dell’eroe come tutti ci saremmo aspettati.

Qualcuno però ha inneggiato al colpo di scena, affermando che la morte del Night King per mano di Jon sarebbe risultata una fine scontata per una delle storyline più avvincenti di tutta Game of Thrones.

In realtà, più che di banalità, qui stiamo parlando di buona scrittura. Se crei, sviluppi e conduci un personaggio verso un obiettivo, non è detto che alla fine il raggiungimento di quell’obiettivo sia scontato. La battaglia di Jon è sempre stata quella contro i morti, come quella di Arya era invece verso i vivi. Ogni pedina ha la sua funzione all’interno del gioco, e con questo ribaltamento di ruoli D.B. Weiss e David Benioff hanno rovinato due dei personaggi meglio scritti della serie.

Il totale asservimento a Daenerys, poi, va in conflitto con quanto conosciamo di Jon, che è vero che non ha mai smaniato il potere, ma non si è mai nemmeno tirato indietro quando si è presentato il momento di fare la scelta giusta.

Nell’ultima puntata di Game of Thrones, non vediamo Jon uccidere Daenerys perché lo ritiene giusto, ma bensì perché è Tyrion a convincerlo a compiere il tradimento.

E così il figlio legittimo di Rhaegar Targaryen, colui che per tanto tempo abbiamo creduto essere Azor Ahai, il Principe che fu Promesso, si riduce ad essere l’ombra di se stesso, burattino in mano di una donna pazza e arma indiretta di uno dei più abili strateghi del regno.

E di sicuro ci rifiutiamo di credere che il Dio della Luce abbia riportato in vita Jon solo per farlo assolvere al suo compito di uccidere Daenerys. Non poteva essere solo questo il destino scelto per il protagonista di Game of Thrones.

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