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In difesa dell’ottava stagione di Game of Thrones

Avete mai la sensazione, guardandovi intorno, che al giorno d’oggi ci siano delle tematiche di cui non si può discutere? Ci sono cose di cui facciamo fatica a parlare in modo obiettivo, forse perché troppo coinvolti o forse perché preferiamo rimanere incollati alle nostre convinzioni. L’ottava stagione di Game of Thrones è una di queste, e non dobbiamo nemmeno spiegarvi il perché. Le gigantesche aspettative che circondavano l’ultima stagione, la responsabilità e il seguito che si portava dietro la serie e la conseguente delusione di milioni di fan hanno portato a qualcosa che non ci saremmo mai aspettati: un tabù fatto e finito. Oggi questo tabù lo vogliamo distruggere e, come ci piace fare, vogliamo spostare il focus. In difesa dell’ottava stagione di Game of Thrones, perché abbiamo il coraggio e perché prima o poi qualcuno doveva farlo.

Game of Thrones
Game of Thrones (640×360)

Ormai sembra impossibile immaginare un tempo in cui Game of Thrones non era circondata da così tante polemiche. La serie che ha fatto la storia della televisione fantasy recente, il prodotto che univa gli amici davanti allo schermo per dare vita a serate all’insegna delle lacrime e del cardiopalma si è trasformata il colei che “poteva e non ce l’ha fatta”. Questa non è una difesa ad oltranza di Game of Thrones, né tantomeno un panegirico ai creatori Benioff e Weiss (che di errori ne hanno fatti, e anche belli grossi); non è nemmeno un paragone con i romanzi di Martin, perché stiamo parlando di due media troppo diversi per essere affiancati.

Questa è una lettera d’amore alla Game of Thrones che abbiamo amato profondamente, anche quando è diventato sempre più difficile volerle bene.

Partiamo con il personaggio che forse ha creato più polemiche per quanto riguarda la sua evoluzione: Daenerys Targaryen. La nata dalla tempesta, la salvatrice, la distruttrice di catene, quella per cui la maggior parte dei fan tifava dalla puntata numero uno, sembra essere diventata un mostro nel corso di pochissimi episodi. Un cambio repentino, mal spiegato e buttato lì, tanto per. E allora vi chiediamo: vi ricordate di chi stiamo parlando? E’ così impossibile pensare che Daenerys fosse destinata fin dall’inizio ad ereditare la follia dei Targaryen? Dopotutto stiamo parlando di colei che ha versato senza battere ciglio una colata di oro bollente sulla testa del fratello. E’ sempre lei a distruggere la casata dei Tully, la famiglia di Sam; è lei ad inchiodare decine di schiavisti, a dare fuoco a coloro che le mettono i bastoni tra le ruote. E potremmo anche essere d’accordo, per il semplice fatto che c’erano delle motivazioni dietro; perché dall’altra parte c’erano “i cattivi”. Ma fino a che punto vale questa argomentazione, e perché il discorso che Tyrion fa a Jon nell’ultimo episodio ha così senso? Daenerys, come ci dice il nano più intelligente del continente, è sempre andata avanti convinta di operare solo secondo ciò che lei credeva fosse giusto. Una giustificazione infinita e imperturbabile che però deve essere presa con le pinze, perché il confine tra giusto e sbagliato è troppo sottile. Daenerys voleva romperla, la ruota. Ma a che prezzo?

Cersei e Jaime (640×360)

Abbiamo poi Jaime, il cui arco narrativo per molti è andato completamente distrutto con la messa in onda dell’ultima stagione. Jaime, partito come un’insopportabile arrogante disposto a qualunque cosa per difendere la sua famiglia, si è fatto strada nel cuore dei fan stagione dopo stagione mettendo radici. Dimostrando a se stesso di essere un uomo buono, coraggioso come pochi, leale a chi ama. E chi ha sempre avuto il cuore di Jaime, se non Cersei? Un amore proibito, osteggiato da tutti e prima ancora da loro stessi, ma un amore che non si è mai spento, anche quando Jaime si è finalmente reso conto di chi era davvero la regina di Approdo del Re. Jaime è maledetto da un sentimento impossibile da dimenticare, dal quale non riesce a distaccarsi e che alla fine lo condanna senza possibilità di redimersi. Lo sa Tyrion, lo sappiamo noi. E lo sa Brienne, l’unica che è riuscita a fare breccia dentro di lui e una dei pochi a conoscerlo davvero. Ed è proprio per questo che la conclusione che la vede protagonista è poetica e meravigliosa: Brienne sa che Jaime e Cersei sono spezzati e indivisibili, anche davanti alla morte.

Anche Tyrion sa, capisce fin troppo bene le dinamiche di un mondo a cui sente in fondo di non appartenere. Tyrion che porta sulle spalle una condanna diversa ma altrettanto dolorosa: quella di essere umano e di mostrarsi come tale, finalmente. Tyrion, che nelle ultime stagioni compie decine di scelte sbagliate (in primis fidandosi di Cersei, dando retta per una volta al cuore piuttosto che al cervello); Tyrion che paga tutte le conseguenze del caso. Un personaggio scritto magnificamente, pieno di luci ed ombre ma sempre e comunque vero. Crudo in un mondo che lo è ancora di più.

Gli Stark (640×360)

E chi meglio di Bran lo spezzato per ereditare la crudezza di questo mondo? Tanti contestano la scelta dello Stark come nuovo re, ma noi rispondiamo con un sonoro “sì”. Come dice Tyrion, chi meglio di colui che rappresenta passato, presente e futuro per sedersi su un trono corrotto, fino a quel momento governato da uomini e donne avidi, interessati solo al potere e mai una volta al popolo? Bran, anche se non abbiamo alcuna certezza, potrebbe essere l’unico in grado di governare con giudizio. Chissà. Non il Nord, questo è chiaro. Quello spetta a Sansa, l’unica “degna” di guidare un popolo che ne ha passate troppe. Che fin troppo si è piegato ed è comunque sempre riuscito a rialzarsi in piedi. Proprio come lei.

Qui non parleremo dei difetti, quelli li conoscono tutti. L’uscita di scena del Re della notte, il suono delle campane, i pochi episodi affrettati per chiudere una trama troppo complessa, gli evidenti buchi di trama. Noi onoriamo una serie che è uscita di scena in silenzio, con un sorriso appena accennato e che ha avuto esattamente ciò che voleva: la guerra. Si tratta di un altro gioco del trono, ma le basi sono sempre le stesse. E voi, da che parte state?

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