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La firma di Ryan Murphy

Vent’anni. Vent’anni di Serie Tv che hanno abbracciato praticamente ogni genere conosciuto. Ryan Murphy ha abituato i suoi fan a un’incredibile produttività, confezionando nuovi lavori a un ritmo febbrile. Comedy, Musical, Horror, Medical, Crime, abbiamo visto Murphy danzare da un genere all’altro facendolo sembrare un gioco da ragazzi e creando dei mini-universi nei quali gli spettatori vivono da anni.

Ma qual è la firma di Ryan Murphy?

Se si pensa ai lavori di questo poliedrico sceneggiatore e regista, si pensa a una molteplicità di contesti, eventi e personaggi, tutti estremamente diversi gli uni dagli altri. Analizzando, ad esempio, gli ultimi grandi successi di Ryan Murphy ci troveremo di fronte a Serie Tv come American Horror Story, American Crime Story e 9-1-1. Tre prodotti nei quali, oltre a quelli che ormai potremmo definire gli “attori-feticcio” di Murphy, troveremo un altro denominatore comune. La storia.

Murphy non si accontenta di pescare dalla sua fervida immaginazione le idee per i suoi lavori, ma compie un lavoro a monte di contestualizzazione che rende le sue Serie Tv più verosimili e ricercate. 9-1-1 è l’esempio perfetto. Una Serie Tv che mostra il lavoro degli operatori di primo soccorso impegnati nella risoluzione di emergenze, a volte piuttosto bizzarre. Operatori del 911, polizia, paramedici e vigili del fuoco sono i protagonisti delle vicende raccontate nell’ultima (solo in ordine temporale) fatica di Murphy. Molte delle emergenze raccontate nella Serie Tv, sono reali.

Gli operatori del 9-1-1 si trovano spesso di fronte a richieste di soccorso singolari. Murphy ha voluto raccontare anche alcune storie realmente accadute, rendendo il tutto più tridimensionale grazie anche all’approfondimento delle vite personali dei protagonisti della Serie Tv.

ryan murphy

In American Crime Story, invece, Ryan Murphy ha deciso di ritornare su eventi sanguinosi del passato raccontando quelle storie che hanno smosso l’opinione pubblica e dato vita a processi storici. Per quanto riguarda la prima stagione, ad esempio, Murphy si è basato sul best seller OJ Simpson, The Run Of His Life e lo ha portato sul piccolo schermo compiendo un ottimo lavoro di contestualizzazione storica.

Il primo episodio inizia mostrandoci le proteste che stavano facendo tremare gli USA a causa delle troppe morti di ragazzi neri per mano di alcuni poliziotti razzisti. Questo elemento, che potrebbe apparire superfluo ai fini della vicenda Simpson, è in realtà estremamente importante poiché, nel corso della storia processuale, la questione “razzismo” è stata tirata in ballo più volte. E soprattutto perché proprio la testimonianza di un poliziotto, che si è scoperto poi essere razzista, è considerata una delle principali “falle” nella linea dell’accusa. Un autogol a tutti gli effetti.

Il fil rouge che lega la finzione alla realtà è una componente a cui Murphy non rinuncia mai.

Ad esempio in American Horror Story, forse l’opera più amata di questo talentuoso regista, troviamo numerosissimi riferimenti a fatti reali, poi romanzati a regola d’arte. Nella prima stagione di questa Serie Tv antologica, Murder House, abbiamo assistito a un episodio su Elizabeth Short, anche conosciuta come Black Dahlia, una giovane aspirante attrice il cui omicidio, avvenuto nel 1947, rappresenta uno dei casi irrisolti più conosciuti d’America. Nell’episodio in questione veniva fornita una spiegazione al brutale omicidio della 23enne che, pur non essendo supportata da fonti reali, rappresenta almeno un tentativo di riportare alla memoria quella tragica vicenda. La scena del delitto, o meglio quella del ritrovamento dei resti di Black Dahlia, è tuttavia perfettamente riprodotta nei particolari.

Sempre in Murder House, la storia di Tate Langdon, e dei brutali omicidi compiuti nella scuola che frequentava, non possono non riportare alla memoria le sparatorie nelle scuole americane di cui, purtroppo, si sente parlare molto spesso. Ryan Murphy pesca dalle piaghe e dalle vicende della storia americana e ci costringe a esaminarle insieme a lui sotto molteplici punti di vista.

In American Horror Story: Asylum, invece, Murphy ha voluto creare un personaggio che fosse un omaggio a Nellie Bly, la prima cronista investigativa della storia a infiltrarsi in un manicomio per riportare le condizioni dei pazienti. Solo che noi l’abbiamo conosciuta come Lana Winters.

Tra le leggende sulle Streghe, il mistero dei coloni spariti a Roanoke alla fine del 1500 e le recentissime elezioni presidenziali degli States, Ryan Murphy non ha mai smesso di attingere alla storia e all’attualità per confezionare i suoi prodotti.

American Horror Story

Quando la chirurgia plastica smetteva di essere un taboo e diventava uno dei più frequenti argomenti da “salotto televisivo”, Murphy ha creato Nip/Tuck.

Una Serie Tv che ce la mostrava non più come un capriccio prerogativa di pochi, ma come una dignitosa branca della medicina a portata di molti, raccontando le storie di chi ne ha fatto ricorso per i più svariati motivi. Qualcuno di essi si, solo per capriccio, ma altri per vivere meglio nelle proprie scarpe e migliorare la propria qualità di vita.

Quando si è iniziato a parlare di diritti civili e unioni gay (questioni molto care al regista), Ryan Murphy ha creato The New Normal. Lo spaccato di vita di una coppia omosessuale, in chiave comedy, alla ricerca di una madre surrogata. Prodotto che mira a mostrare al telespettatore quanto l’America stesse puntando verso un grande cambiamento storico, giunto poi il 26 giugno del 2015.

Insomma, la firma di Ryan Murphy è la Storia. Dalla più recente a quella più lontana nel tempo. Da quella reale a quella leggendaria, passando attraverso storie scabrose o questioni irrisolte. Sembra che Murphy voglia legittimare ogni suo lavoro con una pertinenza storica che lo differenzi dagli altri e questo è il suo unico e personalissimo marchio di fabbrica.

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