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Woodrow Wilson? Willy Wonka? Walter White?

“W.W.? Secondo te chi può essere? Woodrow Wilson? Willy Wonka? Walter White?”

“Mi hai beccato”

Hank Schrader lo ha avuto sotto il suo naso. Per più di un anno. Il grande e famoso Heisenberg, altri non era che suo cognato Walter. Breaking Bad, attraverso la sapiente penna di Vince Gilligan, ci ha consegnato una caccia all’uomo che non è mai stata in realtà tale, fino a quando l’agente della DEA ha avuto il suo momento epifanico. Ma quante volte, prima di quel momento, avrebbe potuto unire i puntini e risolvere l’enigma di Heisenberg? Per questo, si può dire, la sua odissea inizia molto prima del momento in cui riesce a dare un volto al suo nemico. Oggi parliamo proprio di Hank e del viaggio tortuoso che ha dovuto affrontare per giungere alla triste e amara verità.

breaking bad
Uno dei momenti di svolta di Breaking Bad

Cosa significa odissea? Al di là dell’ovvio riferimento al poema omerico, il termine (ispirato proprio dalle vicissitudini del protagonista Odisseo) è il modo attraverso cui un soggetto vive la propria vita o parte di essa: la Treccani la definisce come “lungo séguito di peripezie, di casi avventurosi, di disgrazie“. Non è scorretto affermare che il caso Heisenberg abbia rovinato in qualche modo la vita di Hank: ha rischiato di dire addio alla sua carriera per lo scontro con Jesse Pinkman, ha quasi perso la vita nella sparatoria con i cugini di Tuco Salamanca, rimanendo a lungo paralitico. Ciliegina sulla torta, scopre che il criminale a cui aveva dato la caccia fino a quel momento è un suo parente.

Interessante, tuttavia, che il momento epifanico arrivi nel modo più casuale immaginabile.

Frutto di una distrazione di un Walt fino a quel momento perfetto (ma anche molto fortunato), è proprio il famoso W.W. a risvegliare l’istinto investigativo di Hank: può essere una coincidenza che quella frase sia la dedica che qualcuno ha fatto a Walt su Leaves of Grass? Da lì, con quell’incredibile ma apparentemente logico presupposto, Hank inizia a fare ciò che avrebbe dovuto e potuto fare un anno prima: unire i puntini. Il disegno di Heisenberg su quel foglio di block notes adesso assomiglia tremendamente a Walter White. È l’immagine simbolo del fallimento (almeno fino a quel momento) di Hank come poliziotto.

Abbiamo detto che Walt è stato a lungo perfettamente furbo, ma non a caso lo abbiamo definito fortunato. Sono almeno due i casi in cui una persona più attenta ai particolari avrebbe potuto carpire più informazioni di quante ne apparivano in superficie. Nella quarta stagione, in una cena a casa di Hank e Marie, si è ormai giunti al punto in cui la DEA ritiene che Gale Boetticher sia il famoso Heisenberg e che, essendo morto, ormai il chimico sia fuori dalla circolazione.

Walt, visibilmente ubriaco, non riesce a trattenere il suo ego: è infastidito dal fatto che (ancora una volta) qualcuno gli rubi lo scettro del migliore senza meritarlo, allora rivolge a Hank parole sospette, con cui fa capire che il vero genio, il vero Heisenberg, fosse ancora vivo, e che mai quel Gale avrebbe potuto essere il grande criminale a cui stava dando la caccia. Qui Hank non rimane, a onor del vero, del tutto indifferente alle parole del cognato: è proprio quel sospetto che spinge l’agente a estendere la sua indagine a Gus Fring.

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L’altro evento, ancora più sospetto, è l’incidente nei pressi della lavanderia/laboratorio.

Un comportamento strano quello di Walt, persino per Hank che in quel momento aveva, ovviamente, zero sospetti nei suoi confronti. È proprio la questione del sospetto, tema comune in Breaking Bad, che penalizza maggiormente Hank. Un agente dovrebbe sempre sospettare, ma lui sembra fisiologicamente incapace di sospettare di Walt: è anche giusto, da un certo punto di vista. Ma, come detto, ha peccato di superficialità. Non c’è mai un momento in cui prende realmente in considerazione l’idea che Walt possa essere il suo uomo: eppure, torniamo un attimo al dialogo con cui abbiamo aperto l’articolo.

La conversazione fra Hank e Walt, sull’identità di questo misterioso W.W., è inevitabilmente tesa dal punto di vista del pubblico: noi, infatti, sappiamo la verità su Walt. Ma qual è il tenore dello scambio tra i due personaggi? È rilassato, è colloquiale, e caratterizzato da questa sfumatura di blu, tipico colore della calma e della sensibilità. È un perfetto contraltare a quella che è la sensazione del pubblico, preso invece dall’ansia di un confronto nato dal fatto che mai Hank sia andato così vicino alla verità nelle indagini su Heisenberg. Walt, scherzando, risponde:

“You got me”

e la faccia di Hank, per la prima volta in assoluto, sembra essere avvolta dal sospetto. Come se l’inconscio gli stesse suggerendo qualcosa che la razionalità non era in grado di afferrare. Oppure, qualcosa di immediatamente represso dalla razionalità stessa. In un solo secondo di inquadratura, Dean Norris riesce a conferire tutto ciò al suo personaggio. Magistrale.

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Come noto, alla fine Hank risolverà il caso. Anzi, riuscirà ad arrestare il cognato (con l’unica mina vagante che avrebbe potuto aiutarlo, Jesse Pinkman). La degenerazione di Walt, tema portante di Breaking Bad, ha come effetto collaterale la morte del cognato: l’arrivo della gang di nazisti, infatti, porterà al crollo definitivo dell’impero di Walter White, facendogli perdere tutto, anche la famiglia. Hank paga con la vita il prezzo della sua testardaggine, della sua rigidità e, in parte, del suo essere spietato.

Di fatto, si può affermare che Hank Schrader è l’unico eroe in un mondo, quello di Breaking Bad, di antieroi. La sua odissea è proprio questa: ma il finale tragico non sminuisce la figura eroica, che si spegne col l’eco di un colpo di pistola:

Walt: “Hank… listen to me. You gotta tell him. You gotta tell him now that we can work this out. Please. Please”

Hank: “What? You want me to beg? You’re the smartest guy I ever met. And you’re too stupid to see… he made up his mind ten minutes ago. [a Jack] Do what you’re gonna do–

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