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Se Breaking Bad fosse stato scritto da George R. R. Martin

La morte di Jane martin

Ecco un avvenimento particolarmente delicato nella storia di Walt e Jesse: in teoria il chimico non dovrebbe scomporsi più di tanto per ciò che succede nella camera da letto dell’amico (e infatti non lo fa), dato che non è stato lui a provocare la morte di Jane; la sua unica colpa è di aver assistito al collasso di lei senza cercare di aiutarla, però in uno che in vita sua ha già ucciso e ferito senza troppi complimenti ciò non rischia di suscitare un grande rimorso, no?

Walt non prova niente per Jane. Niente, tranne il rancore destato dal fatto che secondo lui ella è colpevole di aver traviato Jesse, e di averlo introdotto nel tunnel dell’eroina: perciò il caro Heisenberg la lascia morire in parte per ragioni egoistiche (l’allontanamento di Pinkman non gli conviene, anzi rappresenta una minaccia per i suoi affari) e in parte perché è come un padre geloso della fidanzatina “sbagliata” del figlio… Un genitore normale probabilmente non arriverebbe a questo punto, ma ehi, stiamo parlando di Walter White!

Insomma, il problema non è Jane, è Jesse: Walt commette un gesto grave non tanto nei confronti di lei, quanto verso di lui.

E in una simile situazione Martin avrebbe subodorato aria di tragicità, ovvero avrebbe inserito un ultimo, brevissimo confronto fra le due persone che si contendono il controllo (sarà il caso di chiamarlo così) su Jesse; è vero che in GOT spesso i personaggi crepano come cani, senza aver certo il tempo di pronunciare discorsi d’addio, però il vecchio Martin sa quando è il caso di dare spazio ai sentimenti: qui l’avrebbe fatto, se non altro per mettere in luce ogni sfumatura della strana rivalità tra Walt e Jane.

La fanciulla annaspò e spalancò gli occhi, sottratta al sonno innaturale donato dalla droga. Il suo petto cominciò a sobbalzare paurosamente, mentre le vene del collo e della fronte pulsavano, gonfiandosi sempre più.

Walter le si accostò: avrebbe potuto fare qualcosa, aiutarla. Svegliare il compagno che le dormiva accanto per permettergli almeno di dirle addio.

Ma non si mosse; non sapeva neanche perché, in fondo non era venuto con l’intenzione di uccidere la ragazza… Però la sua presenza era dannosa, laddove la sua scomparsa sarebbe stata una benedizione per lui e per Jesse. Sì, cercava di convincersi che tutto ciò era solo per il bene del giovane socio: che era lì, a guardare una donna morire, soltanto per Jesse.

La osservò tremare tra le lenzuola sudate, e allora gli occhi di lei gli si incollarono addosso (chissà se poteva ancora riconoscerlo?):

– Bastardo – soffiò. La bocca le si riempì di schiuma, che le traboccò dalle labbra e le finì sul petto squassato dai sussulti.

L’altro stava per dire una parola, forse “mi dispiace”; ma tacque, poiché non era vero.

E comunque, pensò nell’accorgersi che gli spasmi del corpo di Jane perdevano potenza e che il suo sguardo era ormai perso nel vuoto, non sarebbe servito a nulla.

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