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Arrested Development – Abbiamo riso tanto, ci siamo rammaricati troppo

Quella di Arrested Development non è affatto una storia semplice. Prodotta da Fox dal 2003 al 2006, cancellata alla fine della terza stagione, abbandonata per sette lunghi anni e poi ripresa da Netflix nel 2013 che l’ha accompagnata fino al suo ultimo viaggio nel 2019, Arrested Development è davvero valsa ogni singolo tentativo? Noi, nonostante tutto, pensiamo proprio di sì. Un nonostante tutto che pesa, è quello che inevitabilmente ci troviamo ad utilizzare per parlare dell’epilogo di Arrested Development e di tutta la tortuosa strada fatta per arrivare fino alla sua fine. Una genesi lunga, fin troppo lunga, che ha portato la serie a trascinarsi per troppi anni, 16 per l’esattezza, ma che ancora una volta, nonostante tutto, ci fa sorridere al solo ricordo di ognuno dei protagonisti che ha reso Arrested Development una comedy indimenticabile. A pensarci bene, è proprio il suo stralunato percorso a renderla ancora più inedita di quanto già non sia: immaginatevi una serie tv che va avanti per tre anni dal 2003 al 2006. Immaginatevi le storie, i racconti di quegli anni, le battute dei primi anni duemila e poi un vuoto, un profondo vuoto lungo sette anni e infine il ritorno, sperato ed esasperato di quegli stessi protagonisti che, invecchiati, cambiati e stravolti dagli anni e dalle diverse esperienze della loro carriera decidono di mettere insieme i pezzi per riprovarci ancora una volta, per altri tre anni. Come potrebbe non valere la pena un tale sforzo umano?

Capitanati da Jason Bateman nei panni di Michael, la scalmanata famiglia dei Bluth si presenta fin da subito con un bigliettino da visita stropicciato e intriso di scotch, pressappochista come tutto quello che i Bluth da generazioni insegnano e si vantano di saper meravigliosamente fare.

«Ecco a voi la storia di una facoltosa famiglia che perse tutto, e dell’unico figlio che aveva la possibilità di tenerla ancora unita.»

Ecco a voi i Bluth: quanto di più malsano possiate mai trovare in una famiglia e quanto di più dissacrante a cui possiate mai assistere lucidamente, almeno voi.

arrested development

Anche quella dei Bluth è una storia difficile. Una storia che, nonostante tutto, è riuscita a sopravvivere a se stessa e a tutti i tentativi di auto sabotaggio da parte dei suoi stessi componenti. Quante volte abbiamo sentito dire a Michael: ‘George-Michael, fai le valige, ce ne andiamo‘, e quante volte ancora li abbiamo ritrovati lì, col muso triste legati a doppio filo a quella famiglia disfunzionale dalla quale più di ogni altra cosa vorrebbero prendere le distanze ma che, loro malgrado non ha mai ceduto all’idea di lasciarli andare. Ed è intorno a quella stessa tenacia che lo zoccolo duro dei fan della serie si è stretto per i sette lunghi anni in cui hanno brancolato nel buio alla ricerca di un proseguimento e di un finale degno dei precedenti spendenti esordi della serie. Vincere il tempo per Arrested Development è sicuramente stata la più grande sfida con cui si è dovuta misurare; e uscirne completamente vincitrice non è stata di certo la più semplice delle opzioni a sua disposizione. Zoppicante e con alle spalle una rovinosa quarta stagione Arrested Development ha portato a casa la sua personale vittoria non facendoci mai cedere di fronte all’opinione che rivedersi dopo sette anni non sarebbe stata una buona idea.

Di alti e bassi ce ne sono stati nella sua lunga storia, negarlo sarebbe incoerente e chiunque pure tra i fan più accaniti della serie potrebbe mai esimersi dal negarlo. La quarta stagione e poi il confusissimo remix della quarta stagione con le sue 22 puntate di troppo hanno segnato negativamente il percorso di Arrested Development rischiando di rovinare il bel ricordo costruito e combattuto nei suoi precedenti anni. Un’occasione sprecata. Qualcuno di noi l’ha pure detto ad alta voce mentre qualcun altro l’ha solo pensato. Eppure, se c’è una cosa che non ci ha mai fatto perdere la speranza sono proprio stati i Bluth, con la loro innumerevole lista di errori e le continue montagne russe che in questi anni ci hanno fatto vivere. Imperfetti, macché, profondamente sbagliati a dirla tutta. I Bluth ci hanno coinvolti nei loro fallimenti portandoci a pensare che quelle due stagioni fuori posto altro non possono essere stato che l’ennesima folle idea di G.O.B. o il malefico fallimentare piano di Lucille.

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E poi alla fine arriva il giorno in cui i tentativi di salvarsi fanno largo all’esigenza di dirsi addio, ed è qui che Arrested Development ci ha fatto più male di quanto pensavamo potesse mai farcene: quando sul finale ci ha lasciati a bocca aperta, privi di risposte e orfani di chi più di tutti avrebbe saputo darcele. A un soffio dalla sesta stagione Arrested Development chiude i battenti concludendosi con un finale che non è mai stato pensato per essere tale, chiudendo il confuso cerchio aperto con la quarta stagione con molte più domande che risposte ma, nonostante tutto certa come mai prima d’ora di averci fatto ridere senza capire niente come solo una grande comedy avrebbe mai saputo fare. Guidati dalla nostalgia di quello che sarebbe potuto essere e che un giorno purtroppo mai sarà, Arrested Development porta a casa un bilancio con più perdite che profitti ma che, nonostante tutto, pagheremmo per poter rivedere con gli occhi inediti di chi non sa ancora come andrà a finire.

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