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American Crime Story 2×07 – Posso creare una casa stupenda

Volevate più spazio per la famiglia Versace? Eccovi accontentati, perché la settima puntata di American Crime Story si apre con un violento litigio tra Donatella e Gianni, in cui la sorella ha la peggio. Donatella è fragile e sopraffatta dal talento innegabile del fratello, che, malato e rabbioso, la aggredisce, la sminuisce, ma al tempo stesso tenta di spronarla. Gianni è convinto di avere le ore contate: ricordiamo che gli sceneggiatori di American Crime Story hanno deciso di renderlo un malato (cosa mai verificata, anzi, rumour smentito più volte sia dalla famiglia che dai medici, ma che viene dettagliatamente riportata nel libro di Maureen Orth sul quale è basata la Serie).

Donatella non è pronta e non sa disegnare, ma è il futuro dell’azienda, quindi deve crescere ed iniziare a credere in se stessa.

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Si passa poi ad Andrew, che è miseramente impiegato in un supermarket, infelice, frustrato, con grandi sogni, vive ancora con la mamma che gli compra gelato sottomarca.

No, Andrew non è felice, lui vuole il meglio.

Per una persona come lui, per la quale i dettagli sono tutto, anche un gelato sottomarca, e non il vero Häagen-Dazs, è causa di stress e frustrazione. È un Andrew molto diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad ora: ci sono pochi lustrini, poco glamour, c’è una madre oppressiva, ma restano le bugie, come quelle che racconta alla madre, la donna ideale, quella che avrebbe portato con sé, via, in un mondo di lusso, dove avrebbero guardato tutti dall’alto verso il basso. Ma Andrew parte dal basso, perché finisce a fare un colloquio per un’agenzia di escort, dove una fredda virago biondo-platino lo sottopone ad un terrificante colloquio di lavoro in cui importano solo l’aspetto fisico e le misure.

“Non si vende un filippino col cervello.”

“Allora mi venderò da solo.”

Intanto Gianni disegna per la sorella: è lei la donna per cui crea, inventa. È la modella ideale ed è proprio Gianni che forgia la Donatella sicura di sé, fredda, algida e inaffondabile che conosciamo oggi. La star, l’icona, la pantera del red carpet: è tutto merito di Gianni. È lui che le alza il viso, che la solleva, la eleva e crea la donna che ha sempre avuto in mente. Donatella è una creatura di Gianni, da mettere sotto i riflettori, fortificare e vestire con un abito che è un’armatura, ma anche la mise di una dominatrice. Andrew, d’altra parte, si vende bene. Conosce l’attempato Norman a teatro e lo affascina con il suo charme innato e con le sue bugie.

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Avevamo già visto lui e i suoi due amici, Lincoln e David, alla festa di compleanno nella puntata precedente, quando, ormai, tutti ne avevano abbastanza di Andrew. In un parallelismo abbastanza evidente, Donatella ed Andrew hanno iniziato la loro scalata al successo, prendono fiducia, imparano a vendersi, a difendersi.

Sono vittime? No.

Stanno crescendo? Certo che sì.

Donatella è diventata una star dopo aver indossato un vestito epico, Andrew è il re della sua cerchia di giovani amici, affabulatore, affascinante, un vero mattatore. Nota David da lontano e lo seduce, perché il suo vero talento è proprio questo: attira a sé le persone. Nella quarta puntata di American Crime Story, David aveva raccontato di come lo aveva conosciuto, del fascino che irradiava e di come era stato avvinto dalla sua vita lussuosa e spensierata.  David è ai suoi piedi, sopraffatto dal castello di bugie che Andrew gli ha tessuto intorno.

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Non ha scampo, non ha altra scelta: un uomo così si può solo amare. Ci si deve arrendere a tanto fascino, a quel carisma, a quelle storie che solo Andrew sa raccontare, con quello sguardo da bravo ragazzo. Mentre David racconta della casa dei sogni che da bambino aveva progettato per l’amica Leah, Andrew vede la casa dove vorrebbe vivere con lui. È in quel preciso momento che si innamora perdutamente di David.  Ma è un amore basato sulla bugia, perché la casa di Leah non verrà mai costruita e Andrew mente, sempre, calpestando i segreti, i ricordi, i sentimenti di tutti quelli che lo circondando.

Senza nessuna pietà.

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