“In Italia una fiction diversa, oggi, non solo non è possibile, ma non è neanche augurabile. Non la vuole nessuno una fiction diversa”.
Boris è un pesciolino rosso e azzanna più di uno squalo. Lo fa con il sorriso in faccia, piccolo e discreto, confinato dalle programmazioni della tv pubblica in orari improbabili. Boris nasce su Sky, e ha illustrato all’Italia in che condizioni versa oggi la fiction italiana. Quella sempre uguale a se stessa, statica e qualitativamente apprezzabile solo in pochi casi.
È nato su Sky perché è il suo habitat naturale, ma ha boccheggiato nell’oceano del servizio pubblico senza trovare il palcoscenico che avrebbe meritato. La Rai ha puntato su Boris per poi temerlo e confinarlo in esilio. Boris non ha insegnato niente, almeno a loro. A noi sì, e tanto. L’abbiamo amato, visto e rivisto, abbiamo sognato una quarta stagione che probabilmente non arriverà mai e ripetuto ad alta voce i tormentoni di una fuori serie che ha sempre tenuto fede alla definizione originale.
Ci siamo divertiti, grazie a loro. Abbiamo capito tutto sulle fiction italiane, grazie a loro. Boris è l’unico pesce rosso che vivrà più di un paio di giorni, grazie alle sue lezioni.
Scopriamole insieme.
10 cose che Boris ci ha insegnato sulle fiction italiane
#1. LA QUALITÀ È UN RISCHIO, LA “MERDA” UNA SICUREZZA
Il vero problema della televisione italiana di prima generazione non è l’incapacità di mandare in onda dei prodotti d’alto livello, ma la mancanza di volontà. La Rai è stata maestra di serialità fin dagli anni Settanta ma poi si è fermata, arrendendosi alle dinamiche più ciniche delle logiche politiche e del mercato pubblicitario. Questo non è servizio pubblico: è vivere per sopravvivere. In Boris si evidenzia quest’aspetto a più riprese, alludendo spesso, seppure indirettamente, ai problemi della tv pubblica e del più pubblico dei network privati. L’Italia sogna Medical Dimension e poi invoca ad alta voce Occhi del cuore. Questione d’abitudine, probabilmente, e di cultura generale, sopratutto. Funzionerà sempre meglio Don Matteo di Non uccidere. “Viva la merda”, direbbe René Ferretti.