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#VenerdìVintage – Perché non possiamo dimenticarci de Il mistero della pietra azzurra

Il nome Hideaki Anno è indissolubilmente legato al rivoluzionario Neon Genesis Evangelion, eppure il primo trampolino di lancio della sua carriera è da collocare agli inizi degli anni ’90, con Il mistero della pietra azzurra. Nonostante non abbia rivestito la stessa importanza del successore, questa serie costituisce ancora oggi un tassello particolarissimo dell’animazione giapponese. Rivederla nel 2021 – ora in streaming su Amazon Prime Video – non fa che confermare questa certezza: è invecchiata come il buon vino.

Così, a 30 anni di distanza dalla sua conclusione, Il mistero della pietra azzurra resta un’opera innovativa capace di incantarci ancora oggi.

il mistero della pietra azzurra

Il perché è presto detto: l’opera è legata a filo strettissimo a un nome di fondamentale importanza nell’animazione, quello di Hayao Miyazaki. Il concept di Nadia è nato, infatti, da una sua idea per un lungometraggio che non vide mai la luce. Il progetto venne rispolverato anni dopo dall’emittente NHK e affidato allo studio Gainax per farne la serie che i nostalgici degli anni ’90 – e sicuramente anche i neofiti che la scoprono recentemente grazie allo streaming – amano in ogni suo aspetto, anche nelle sfumature meno riuscite. 

Dimenticare Nadia e la sua Blue Water (la pietra azzurra dell’adattamento italiano) è impossibile: le ispirazioni Verniane, i temi del viaggio, dell’avventura, le dicotomie uomo-dio e scienza-natura, la contrapposizione tra la determinazione della giovinezza e la disillusione degli adulti formano una trama ricca e coinvolgente che senza dubbio lascia un segno negli spettatori. E, soprattutto, non va dimenticato che è proprio Il mistero della pietra azzurra ha creato quel calderone di suggestioni che sarebbero poi confluite nel capolavoro di Neon Genesis Evangelion.

Al momento del suo arrivo in tv, era un’esperienza di visione molto diversa dalle altre. Certo l’animazione aveva già visto un’ampia gamma di sperimentazioni narrative, ma guardare questo anime voleva dire veder prendere vita sullo schermo una favola avventurosa. Non se ne poteva perdere un episodio senza poi ritrovarsi confusi nei meandri di una trama ben congegnata ma complessa. Bisognava goderselo volta per volta, perché solo attraverso il racconto di ogni segmento di storia avremmo potuto comprendere pienamente il senso dell’intera vicenda.

Tra i motivi per cui Il mistero della pietra azzurra funziona ancora oggi è soprattutto l’immaginario che è stata capace di introdurre. 

Nella serie troviamo una vera esaltazione del genere steampunk, non solo con la tecnologia anacronistica delle avveniristiche invenzioni di Jean, ma anche (e forse soprattutto) grazie all’intera ambientazione del Nautilus, il sottomarino dello schivo e rude capitano Nemo scambiato dalla marina militare americana per un mostro marino insieme all’esercito di Neo-Atlantide.

Altro punto di forza della serie è sicuramente il cast di personaggi perfettamente caratterizzati. 

La storia ci porta in un 1889 in cui Jean cresce nel pieno del progresso tecnologico francese, vuole fare l’inventore e non ci pensa due volte prima di andare all’esposizione universale di Parigi per mettersi alla prova con il suo prototipo di velivolo volante. È qui che conosce Nadia, una circense che se ne va in giro con un cucciolo di leone di nome King, inseguita da tre malintenzionati che vogliono rubarle la pietra azzurra che porta al collo. Jean l’aiuta a seminarli e da qui ha inizio il loro viaggio alla scoperta delle origini di Nadia, una delle ultime discendenti degli Atlantidi.

Ciascuno dei personaggi presentati nel corso dell’avventura dà un apporto decisivo alla trama principale e, allo stesso tempo, diverte nelle sue interazioni con gli altri. A partire dai protagonisti, spesso calati in discussioni che riflettono sul rapporto tra tecnologia e natura, tra destino e libero arbitrio, ma senza mai risultare forzati. Al contrario ogni scambio tra Jean e Nadia è di un’incredibile naturalezza. Anche il trio di antagonisti (ripreso paro paro nella composizione da quelli già presenti in gioiellini come Calendar Man e Yattaman, che poi finirà per allearsi con i protagonisti), formato da Grandis, Sanson e Hanson, riesce perfettamente nel suo intento umoristico, stemperando la gravità di alcuni passaggi, senza per questo risultare un’aggiunta inutile. 

Avvincente, evocativa e ricca di livelli narrativi ancora oggi in grado di convincere, Il mistero della pietra azzurra racconta con delicatezza, eppure con grande profondità riflessiva, il viaggio di crescita individuale di due ragazzini che si immergono in un intricatissimo mondo di conflitti. 

Il mistero della pietra azzurra

Tralasciando il segmento che va dalla puntata 23 alla 34, affidato a uno studio esterno coreano per problemi di budget e costituito interamente da episodi riempitivi (di cui uno in versione musical giapponese inizialmente censurato in Italia), la storia alla base dell’anime risulta incredibilmente evocativa ancora oggi. La serie trova la sua forza nel suo discorso dualistico che vede due fazioni contrapposte: l’umanità e gli Atlantidi. Gli uomini, piccoli e vulnerabili, e le divinità. Tra gli elementi indimenticabili dell’anime infatti, è impossibile non citare l’epopea dello scontro tra Nemo e Gargoyle (Argo nella versione originale). Il primo, atlantideo che si batte per l’umanità, e il secondo che si ritiene un’entità superiore il cui scopo è riportare gli umani “sulla retta via”. Una lotta tra potere e umanità, intesa come specie e come caratteristica individuale, che si estende a ogni argomento sfiorato nel corso degli episodi.

C’è molto ne Il mistero della pietra azzurra che ancora oggi la rende un’opera che convince e conquista la nostra attenzione ed è per questo che, non importa quanti anni siano trascorsi, non riusciremo mai a dimenticarlo.

Nella sigla del primo adattamento italiano, Cristina D’Avena cantava:

Se un ragazzo tredicenne salverà un’acrobata del circo della stessa età
da una banda di cattivi che non molla mai
che avventura favolosa tu vivrai

E quanto aveva ragione.

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